Antica famiglia lombarda. La sua esistenza è
attestata dal X sec. ma le sue origini si perdono nell'oscurità dei
secoli precedenti. Pare certo, tuttavia, che essa avesse ottenuto dei feudi da
parte dell'arcivescovo di Milano Landolfo; sembra pure che abbia tratto il nome
da quei
vice-conti che per le
carte d'esenzione emanate da Ottone
I, dovevano, a lato dei vescovi, rappresentare l'autorità imperiale. Di
parte ghibellina, fu una delle famiglie dei
capitanei che molta influenza
ebbero verso la fine del primo Millennio, particolarmente nel Comasco, dove
dalla pieve di Marliano (oggi Mariano) ricevevano proventi e diritti
arcivescovili. Nel periodo compreso tra l'XI e il XIII sec.,la famiglia si
suddivise in vari rami; nel ramo che avrebbe, poi, regnato su Milano il primo
ascendente di cui abbiano notizie del è
Uberto (m. prima del
1248), ma è con il di lui figlio Ottone che le vicende della famiglia
V. assumono rilevanza politica. ║
Ottone:
fu nominato
arcivescovo di Milano nel 1263 da papa Alessandro IV. Non riconosciuto tale da
Martino della Torre, allora signore di Milano, raccolse un esercito,
batté i Torriani nella battaglia di Desio (1277) ed entrò
trionfante in città dove fu proclamato signore a vita (1207 o 1208-1295).
║
Matteo I:
nipote di Ottone. Detto il Grande, fu capitano
del popolo nel 1287, vicario imperiale per volere di Adolfo di Nassau nel 1294,
coadiuvò lo zio arcivescovo nel governo di Milano. Alla morte di Ottone,
ereditò la signoria; dopo aver lottato aspramente contro una lega di
Guelfi formatasi a favore dei Torriani, fu sconfitto e dovette cedere loro la
signoria ritirandosi a vita privata. Nel 1311, però, Enrico (o Arrigo)
VII di Lussemburgo, alla sua venuta in Lombardia reintegrò Matteo nella
signoria di Milano e questi divenne il principale campione dei Ghibellini contro
i papi di Avignone e Roberto d'Angiò, re di Napoli. Scomunicato dal
legato pontificio Bertrando del Poggio e tradito dai suoi, dovette abdicare a
favore del figlio. Sotto il suo governo la potenza dei
V. si era estesa a
Como, Bergamo, Alessandria, Pavia, Piacenza e Tortona (1250-1322). ║
Galeazzo:
figlio di Matteo, dovette entrare in lotta con i
fratelli Marco e Lodrisio; podestà di Novara nel 1298, fu scacciato dal
marchese del Monferrato nel 1304 e finì a combattere poi contro gli
Inglesi in Francia. Capitano dell'armata pontificia contro Venezia, fu
podestà di Treviso, vicario imperiale a Cremona e a Piacenza;
diventò signore di Milano alla morte di Matteo, suo padre, nel 1322.
L'imperatore Lodovico il Bavaro lo fece, ad un certo momento, imprigionare
assieme al figlio Azzone nel castello di Monza (luglio 1327) per averlo
sospettato di intrattenere trattative con il papa. Grazie all'intercessione di
Castruccio Castracani, l'anno seguente l'imperatore lo fece liberare; Galeazzo
andò, allora, a combattere in Toscana a fianco di Castruccio e lì
morì (1277-1328). ║
Azzone:
successore di Galeazzo,
ottenne il vicariato dall'imperatore Ludovico il Bavaro, dietro pagamento di
60.000 fiorini, ma, dopo essersi riconciliato col papa (che aveva così
sospeso l'interdetto contro la città), entrò nuovamente in
conflitto l'imperatore, che non esitò a cingere d'assedio Milano; Azzone
riuscì a placare le ire imperiali col denaro. Nel 1331 si riconobbe
vassallo di Giovanni di Boemia, ma subito dopo partecipò a una lega
contro di lui, ottenendo alla fine il dominio su tutta la Lombardia. Temendo che
suo zio Marco, capo dei Ghibellini e già podestà di Alessandria
(nonché vincitore della celebre battaglia di Tezzo), intendesse
togliergli il potere, lo fece uccidere. Lodrisio, fratello di Marco, si volse,
allora, contro di lui, ma in difesa di Azzone accorse l'altro zio, Luchino, che
vinse in battaglia Lodrisio a Parabiago (1302-1339). ║
Luchino:
proclamato signore di Milano (formalmente assieme al fratello Giovanni, ma di
fatto tenne lui solo il potere) alla morte di Azzone (1339), Luchino aggiunse ai
domini viscontei Pontremoli, Bellinzona, Locarno, Asti, Tortona, Alessandria,
Parma; impose la sua alta sovranità a Pavia e a Pisa; combatté con
successo il brigantaggio; abolì le esazioni feudali; ottenne dal papa la
definitiva assoluzione per la sua famiglia e per Milano (1341); eresse splendidi
edifici in varie località della Lombardia. Pare sia morto per veleno
propinatogli dalla sua terza moglie Isabella dei Fieschi che in tal modo si
sarebbe potuta sottrarre al supplizio preparatole dal marito (1292-1349).
║
Giovanni: fratello di Luchino e suo successore. Si avvalse
dell'opera di Giovanni d'Oleggio, suo figlio naturale e valente condottiero.
Avendo acquistato Bologna dalla famiglia Pepoli, riuscì a giungere a un
accordo con il papa, che pure lo aveva minacciato di scomunica. Alla morte di
Giovanni, la signoria, che ormai comprendeva tutta la Lombardia e gran parte del
Piemonte e dell'Emilia, andò divisa fra i suoi nipoti, figli di Stefano,
suo fratello (1290-1354). ║
Matteo II:
si abbandonò a
una vita dissipata e fu tolto di mezzo col veleno dai suoi stessi fratelli, dopo
che aveva perso la signoria di Bologna (1319 circa - 1355). ║
Galeazzo
II:
ebbe la parte occidentale della signoria, che lasciò, poi,
in ereditò al figlio Gian Galeazzo (1320-1378). ║
Bernabò:
combatté lungamente contro gli Scaligeri, i
Gonzaga, i Carrara, le Repubbliche di Genova e di Venezia; morì vittima
di un tranello tesogli dal nipote Gian Galeazzo, che lo fece rinchiudere nel
castello di Trezzo e poi avvelenare, allo scopo di riunire nelle proprie mani
tutto lo Stato (1323-1385). ║
Gian Galeazzo:
fu il primo dei
V. ad assumere il titolo di duca di Milano, titolo che acquistò
per 100.000 fiorini dall'imperatore Venceslao, che lo nominò anche
vicario imperiale. Conquistò Verona e Vicenza (1387), Padova, Feltre e
Belluno (1388), Pisa e la Lunigiana (1397), Siena (1399), Perugia, Assisi,
Nocera e Spoleto (1400). Attraverso guerre, raggiri e trattati estese la sua
signoria su buona parte d'Italia ed era sul punto di impadronirsi della Toscana,
quando fu colpito dalla peste. A lui si devono il duomo di Milano e la certosa
di Pavia (1347-1402). ║
Giovanni Maria: figlio di Gian Galeazzo,
successe al padre a soli 13 anni, per cui il governo del Ducato fu inizialmente
nelle mani della madre Caterina, seconda moglie di Gian Galeazzo, della quale si
sbarazzò senza troppi scrupoli; esercitò, tuttavia, il potere in
modo così feroce e tirannico che la nobiltà milanese si
ribellò e lo fece uccidere alle porte della chiesa di San Gottardo
(1388-1412). ║
Filippo Maria: fratello di Giovanni Maria. Si
adoperò per consolidare i domini ducali; l'opera fu agevolata dal suo
matrimonio con Beatrice di Tenda, che gli fornì i servigi delle bande del
suo primo marito, il condottiero Facino Cane, ma che, accusata di adulterio,
finì decapitata. Sconfitto dai Veneziani a Maclodio, dovette cedere
Brescia, Vercelli e Bergamo (1391-1447). ║ Con Filippo Maria finì
la signoria dei
V. di Milano: il suo successore fu, infatti, il genero
Francesco Sforza, che aveva sposato Bianca
V. Con Bianca ebbe anche fine
il ramo principale della famiglia. ║ Della famiglia
V. si ricordano
anche:
Astorre o
Ettore (m. 1413), figlio naturale di
Bernabò e di Beltramola dei Grassi, che fu a capo di una lega guelfa che
tentò di detronizzare Giovanni Maria e che finì ucciso nel
castello di Monza;
Gabriele Maria (1386-1408), figlio naturale di Gian
Galeazzo e di Ines Mantegazza, che ereditò, alla morte del padre, le
signorie di Crema e di Pisa, vendendo, poi, quest'ultima ai Fiorentini;
Lodrisio (m. 1364), cugino di Marco e pronipote del vescovo Ottone, che,
con il suo corpo di milizie note come Compagnia di San Giorgio e con questo
tentò invano di impadronirsi di Milano;
Marco(1279?-1329),
figlio di Matteo I e di Bonacossa Borri e valente condottiero;
Valentina
(1366 - 1408), figlia di Gian Galeazzo e di Isabella di Valois, sposa del cugino
Luigi d'Orléans, fratello di Carlo VI, al quale portò in dote, fra
l'altro, la contea di Asti e i diritti sulla signoria di Milano se i figli di
Gian Galeazzo fossero morti senza eredi maschi.