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Virus.

Microrganismi subcellulari, classificati da un punto di vista sistemico come un gruppo a sé annesso agli schizomiceti, dei quali fanno parte anche i batteri. Poiché non posseggono né l'organizzazione propria dei procarioti, né le capacità di reazioni metaboliche come gli eucarioti, i v. vengono genericamente definiti come sistemi biologici, come agenti patogeni infettanti - a seconda della loro tipologia - l'uomo e gli animali, le piante o i batteri (rispettivamente zoofaginali, fitofaginali e batteriofagi ). ║ Tossina responsabile di una determinata malattia o microrganismo che la produce e che, migrando da un ospite all'altro, determina il contagio. ║ Per traslato, in ambito informatico si definiscono v. quell'insieme di istruzioni di sistema finalizzate alla distruzione totale o parziale delle piattaforme operative di un computer o del suo hard disk. Con tale definizione si sottolinea la natura subdola ed epidemica di tali programmi che vengono lanciati e duplicati dagli utenti, che li credono innocui, contribuendo così alla loro diffusione, il più delle volte mediante Internet. • Biol. e Med. - I v. sono parassiti intracellulari obbligati, hanno dimensioni submicroscopiche, che li rendono visibili solo con il microscopio elettronico e non con quello ottico. Essi sono oggetto di una specifica branca della biologia, la virologia (V.) che ne ha elencato le caratteristiche peculiari: sono organismi costituiti da un solo acido nucleico (RNA o DNA), racchiuso in una sacca proteica; sono incapaci di crescita e di riproduzione mediante scissione; sono privi di enzimi e di ribosomi, e pertanto non sono in grado di produrre energia; sono sprovvisti di capacità biosintetiche autonome e, per la propria riproduzione, sfruttano quelle delle cellule ospiti: ciò significa che i v. possono replicarsi solo se e quando abbiano penetrato col proprio genoma un'altra cellula. Gli studiosi hanno discusso a lungo se considerare i v. quali veri e propri organismi viventi o piuttosto come nucleoproteine in grado di autoreplicarsi. Attualmente si propende per la prima ipotesi, in quanto i v. sono comunque dotati di due fondamentali attributi propri degli esseri viventi: la capacità di riprodursi e quella di imprimere mutazioni al corredo genetico, fatto quest'ultimo che ne determina l'autonomo processo evolutivo, come in tutte le specie animali e vegetali. ║ Struttura: fatte salve alcune eccezioni, i v. hanno di norma dimensioni di gran lunga inferiori a quelle dei batteri, comprese tra i 28 e i 50 nm. L'analisi morfologica dei v. viene condotta con riferimento all'organismo nella sua fase extracellulare (detta anche di virione), dal momento che quando esso si trova all'interno della cellula ospite (fase intracellulare), si verificano numerose trasformazioni necessarie al processo di riproduzione (V. OLTRE). I costituenti fondamentali comuni a tutti i v. sono l'acido nucleico e il suo rivestimento proteico. Il primo può consistere in acido ribonucleico o desossiribonucleico e presentarsi come una catena singola o doppia, a filamento unico o a segmenti. L'acido nucleico è definito come core del v., in quanto racchiude le informazioni genetiche e tutte quelle necessarie perché la cellula ospite, al momento opportuno, collabori alla replicazione virale. Il rivestimento proteico è detto capside o nucleocapside ed è prodotto anch'esso in base alle istruzioni contenute nel genoma; esso svolge, oltre alla funzione protettiva del core nucleico, anche quella di favorire l'ancoraggio del virione alla parete cellulare mediante appositi recettori. Il capside non si presenta come una struttura omogenea, ma suddivisa in sottogruppi (capsomeri) a loro volta costituiti da alcune sottounità, di singole proteine, tra loro collegate (protomeri). La disposizione che i capsomeri assumono rispetto al filamento dell'acido nucleico può variare nella simmetria: elicoidale, quando gli elementi siano posizionati lungo l'asse dell'acido, o icosaedrica, nel caso in cui formino una sorta di guscio intorno ad esso. Alcuni v. presentano un'ulteriore rivestimento, formato da proteine virali e lipidi cellulari, detto pericapside: la presenza o meno di questo secondo involucro fornisce un criterio classificatorio, di modo che si distinguono v. nudi o rivestiti, a loro volta ripartiti in tipi a simmetria elicoidale o icosaedrica, per quattro complessive macroclassi (V. OLTRE, Classificazione). Si considerano, infine, i cosiddetti v. a simmetria complessa, di cui è massimo esempio il folto gruppo dei batteriofagi, le cui componenti capsidiche presentano contemporaneamente sia la struttura elicoidale sia quella icosaedrica. Infine, si nota che v. nudi a simmetria elicoidale sono presenti solo all'interno di organismi vegetali ma non nel regno animale. ║ Ciclo di replicazione: essendo parassiti obbligati, i v., una volta penetrati nell'organismo ospite, per potersi riprodurre devono trovarsi all'interno di una cellula vivente. La prima fase del ciclo è quella di adsorbimento: in seguito ad un contatto casuale, il virione si ancora alla parete cellulare sfruttando, ove esista, la complementarietà elettrostatica tra le proprie strutture superficiali (antirecettori) e quelle della cellula stessa (recettori). Si spiega così il diverso tropismo dei diversi tipi di v., che sono in grado di attaccare ciascuno solo un certo numero di specie viventi e, al loro interno, di infettare solo alcune cellule e non altre. L'interazione tra virione e cellula, quando l'adsorbimento si realizza, prosegue con la fase di penetrazione: essa può verificarsi in tre modi differenti. Quando l'intero virione viene inglobato nella cellula, per un processo di endocitosi, si ha translocazione; quando esso si introduce attraverso un vacuolo cellulare, si ha viropessi o pinocitosi; oppure si verifica una fusione tra la membrana citoplasmatica e quella pericapsidica del v., quando sia del tipo rivestito. Una volta immerso nel citoplasma, il v. è comunque nudo (o perché tale dall'inizio o in seguito al processo di fusione) ed espone il nucleocapside alla degradazione ad opera degli enzimi cellulari, fino alla liberazione del proprio acido nucleico all'interno della cellula ospite. Questo fenomeno ha nome decapsidazione. A questo punto il v. attiva i propri meccanismi di duplicazione del genoma virale e la sintesi, a carico degli enzimi e dei ribosomi cellulari, delle proteine specifiche necessarie alla costituzione dei rivestimenti capsidici dei nuovi costituendi virioni. Tuttavia, nella fase di replicazione dell'acido nucleico, possono verificarsi delle mutazioni - riarrangiamenti delle sequenze geniche che determinano l'introduzione nel genoma di nuovi frammenti o la perdita di altri. In seguito a tali mutazioni, la capacità infettante (e la sua dannosità per l'organismo ospite) può risultare incrementata, diminuita o addirittura annullata, a seconda dei casi. Sempre all'interno della cellula si svolge anche l'assemblaggio dell'acido nucleico duplicato con le proteine capisidiche sintetizzate, formando così nuovi virioni, pronti ad essere rilasciati nell'organismo. La liberazione all'esterno della cellula dei nuovi v. può avvenire in modi diversi a seconda della tipologia (batteriofagi, v. vegetali o animali): per lisi totale della cellula (una sorta di esplosione), per la formazione di aperture nella membrana citoplasmatica (fatto che comporta comunque la morte della cellula ospite) o ancora attraverso una serie di estroflessioni della membrana stessa, con sopravvivenza della cellula che, tuttavia, riproducendosi, trasmette l'infezione virale alle cellule figlie poiché il suo citoplasma contiene ancora il genoma virale. Il periodo che intercorre tra il momento della penetrazione del v. nella cellula e quello in cui i nuovi virioni sono liberati nell'ambiente extracellulare (attraverso le fasi di duplicazione, assemblaggio e maturazione) è detto anche fase di latenza o di eclisse. ║ Trasmissione: la migrazione degli agenti virali da un individuo ospite già infetto ad un altro potenzialmente adatto alla riproduzione dei virioni si definisce, in ordine alle conseguenze patogenetiche che tale migrazione comporta, contagio, che può essere diretto o indiretto. Il primo caso si verifica quando vi sia contatto meccanico ad esempio tra le mucose o tra tessuti cutanei lesionati di due soggetti, quando vi sia inalazione di goccioline di vapore, disperse nell'ambiente, contenenti v. o ancora quando vi sia ingestione di alimenti o liquidi infetti; un'ultima importante via di contagio diretto è l'immissione in circolo di sangue infetto o per trasfusione o a causa di aghi o oggetti taglienti non sterilizzati. Il contagio indiretto è quello che si verifica ad opera di vettori, quali in primis, gli insetti ematofagi (si pensi alla malaria, precipuamente trasmessa a causa delle punture di zanzara). La capacità infettante di un v. (tipicamente detta virulenza) dipende perciò sia dalla velocità di riproduzione intracellulare (la quantità di nuovi virioni prodotti per ogni cellula infestata varia in modo consistente dai 20 - 1.000 dei batteriofagi alle centinaia di migliaia dei v. animali o vegetali; per taluni tipi si arriva anche al milione per cellula) sia dall'efficacia del suo sistema di trasmissione da un individuo all'altro. Si sottolinea che anche nel caso dei v. come per tutti i parassiti, la sopravvivenza e la diffusione della specie è direttamente legata alla capacità di mantenere in vita l'organismo ospite almeno finché questi non abbia liberato nell'ambiente esterno i v. riprodotti, attivando i processi di contagio. Un ospite morto, infatti, non è in grado di produrre contagio, o almeno lo è in misura assai inferiore e per un periodo di tempo drasticamente ridotto. ║ Classificazione: dal momento che la storia evolutiva dei v. non è ancora stata ricostruita e che anzi non se ne distinguono né tratti condivisi né, tanto meno, antenati comuni, la classificazione che gli studiosi hanno elaborato non è strettamente tassonomica e non ha natura filogenetica bensì scopi eminentemente pratici. Poiché all'origine degli studi virologici stavano le osservazioni delle patologie causate dai v., le prime sistematizzazioni prendevano in considerazione i sintomi caratteristici di tali malattie; anche la nomenclatura rispecchiò tale impostazione, donde l'uso ancora attuale di termini come v. del morbillo, v. della varicella, virione del colera ecc. Se tale classificazione è ancora utilizzata più che altro in ambito medico, la virologia di base - disciplina schiettamente biologica - ha invece adottato criteri classificatori differenti, basati sulla natura e struttura dei v., sul tipo di acido nucleico da cui sono composti, sull'organizzazione del nucleocapside ecc. (V. SOPRA, Struttura). Dalla fine degli anni Sessanta è attiva una tassonomia basata su: tipo e struttura dell'acido nucleico (RNA o DNA; monocatenario o bicatenario; a filamento unico o segmentato); simmetria del nucleocapside (elicoidale, icosaedrica o complessa); presenza o assenza del pericapside; parametri quantitativi (diametro del rivestimento porteico, numero dei capsomeri, ecc. ).