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Virosi.

Malattia infettiva il cui agente patogeno è un virus. Le v. sono oggetto di indagine autonoma da parte della medicina, della veterinaria e della fitopatologia, rispettivamente per le affezioni a carico dell'uomo, degli animali o delle piante. Si definiscono v. i danni sia strutturali sia funzionali che i virus determinano negli organismi, per via diretta o indiretta (ad esempio mediante reazioni a carattere immunologico), a causa della loro fisiologia di parassiti obbligati intracellulari (V. anche VIRUS e VIROLOGIA). ║ Carattere distintivo delle v. è la contagiosità, mentre i danni di cui sono causa variano in modo consistente in relazione allo specifico agente. A livello primario, in tali fisiopatie virali, si rilevano danni a carico dei tessuti (istopatologie): l'alterazione delle cellule (citolesioni) sta all'origine dei fenomeni patologici più complessi. Ad esempio, i sintomi a carico delle vie aeree superiori, consueti in v. quali il raffreddore o l'influenza, sono secondari alla necrosi delle cellule di tali tessuti. Se ne evince che le affezioni virali variano nelle loro manifestazioni in quanto variano i tessuti e le cellule che vengono attaccati di volta in volta dai diversi agenti patogeni; quando le v. si sviluppano a carico di cellule che non sono in grado di riprodursi (ad esempio, nell'uomo, i neuroni o le cellule cardiache) gli effetti sono irreversibili e tanto più gravi quanto più vitale è la funzione del tessuto infettato. Qualora, invece, la patologia interessi tessuti a rapido ricambio (come il già citato epitelio nasale o anche quello intestinale) si assiste in genere ad un totale recupero dell'equilibrio fisiologico da parte dell'organismo. Se tuttavia la reazione immunitaria dell'ospite contro il virus parassita si esplica con eccessiva intensità, si può determinare un aggravarsi del quadro patologico: in alcuni casi, infatti, sono proprio gli anticorpi o i cosiddetti complessi immuni ad originare processi infiammatori o altre gravi malattie dette appunto autoimmuni. • Patol. - Il contagio, cioè la trasmissione di un virus da un organismo ospite ad un altro, può avvenire in più modi e dipende dal grado di resistenza del virus parassita al di fuori della cellula e dalle vie di penetrazione o espulsione dei virus una volta riprodotti dagli organismi ospiti. Nell'uomo, si distinguono una trasmissione verticale - cioè dalla madre al feto - e una orizzontale, cioè tra individui indipendenti. Nella prima occorrenza, il contagio può avvenire per via placentare, quando il virus attraversa la placenta insieme al sangue e infetta in tal modo il feto (è il caso ad esempio dei virus dell'AIDS, della rosolia, ecc.), o ancora per via perinatale, per cui il feto viene infettato al momento del parto (contraendo ad esempio l'epatite B). Il contagio orizzontale può invece essere diretto - il virus viene trasmesso per via aerea, via sessuale o mediante trasfusione - oppure indiretto, quando il virus, prima di penetrare in un nuovo organismo ospite viene veicolato da un terzo ente, che può essere un vettore come gli insetti o i molluschi, gli artropodi, ecc., oppure da escrezioni organiche o oggetti infetti. Non sempre un virus che penetra nelle cellule di un organismo determina una v. Dipende, innanzitutto, se la cellula invasa è dotata di adeguato tropismo (cioè se la sua struttura consente la riproduzione di quel particolare virus): nel caso non lo sia, infatti, si rileva una replicazione incompleta del virus, detta anche infezione abortiva. Nel caso invece di una giusta permeabilità della cellula al virus (in virtù di una complementarietà elettrostatica tra loro, quest'ultimo penetra nel citoplasma attraversando la parete cellulare o sfruttandone i processi di adsorbimento), si può avere o una replicazione virale completa, che dà origine ad un'infezione acuta o cronica (quando si ha una continua produzione di materiale virale) o ancora latente (quando il virus è presente nelle cellule ma è ancora inattivo). In realtà, sono relativamente pochi i virus che, ogni qual volta penetrano un organismo, sviluppano effettivamente una fisiopatia a suo carico: tra questi ricordiamo i celeberrimi virus della parotite, del morbillo o della varicella. In molti altri casi, si distingue una ridotta percentuale di individui infetti sintomatici, che manifestano cioè le alterazioni patologiche causate dalla v. specifica, e una quota maggiore di soggetti paucisintomatici, cioè portatori di lievi disturbi talvolta neppure direttamente a carico dei tessuti coinvolti dall'infezione, o di decorsi subclinici, in cui cioè non si evidenziano sintomi (i cosiddetti portatori sani). Le v. si distinguono, in base al distretto dell'organismo coinvolto, in locali o sistemiche (quando l'infezione riguarda più tessuti o più organi contemporaneamente); in base al decorso, in v. acute (che evolvono in genere nel corso di giorni o poche settimane) o croniche (in cui i virus continuano a replicarsi per mesi o addirittura anni). I sintomi di una v. si avvertono, di norma, solo dopo che i parassiti hanno infettato un certo numero di cellule, dalle quali fuoriescono o per citolisi (distruzione della cellula stessa) o per riattraversamento delle pareti cellulari. Alcuni virus, detti oncogeni, non si replicano all'interno della cellula ma integrano il proprio patrimonio genetico con quello della cellula ospite, trasformandola da eucariote in tumorale o neoplastica. ║ Dal punto di vista della patologia medica, le v. si classificano sulla base delle modalità di trasmissione dei rispettivi agenti patogeni. Si riconoscono pertanto v. enteriche, cosiddette perché i virus penetrano di norma negli organismi ospiti per ingestione e si replicano a carico dell'epitelio intestinale dando luogo ad infezioni organo-specifiche; esistono poi v. respiratorie, in cui l'accesso dei virus nell'individuo avviene per inalazione e la replicazione degli agenti si verifica lungo le vie aeree; ancora esistono v. neurotropiche, in cui virus si localizzano inizialmente nel punto di penetrazione nell'organismo, per muoversi poi a carico delle cellule nervose (a questa tipologia si riconducono meningiti virali, la rabbia, le encefaliti, ecc.); al gruppo delle v. dermotropiche appartengono invece patologie quali la rosolia, la varicella, l'herpes, ecc. in cui i virus si replicano nel punto di penetrazione per poi diffondersi soprattutto a carico di cute e mucose. ║ Alcune v. sono oggi considerate più pericolose rispetto alle infezioni dovute a batteri, contro le quali si dispongono più spesso farmaci efficaci (in primo luogo gli antibiotici, che invece non hanno effetto alcuno sulle v., salvo quello di evitare eventuali sovrainfezioni batteriche). L'organismo colpito da un virus si difende dall'attacco anzitutto con la produzione di anticorpi, con l'aumento della temperatura corporea (donde la "febbre", in quanto i virus trovano la condizione ideale per la loro replicazione intorno ai fisiologici 37 °C). Per quanto riguarda alcune v., è largamente adottata la profilassi con gli specifici vaccini. In Italia, la legge impone le vaccinazioni contro la poliomelite, il tetano, l'epatite B, mentre sono disponibili a discrezione dei cittadini ma su prescrizione medica quelle contro la parotite, il morbillo, i diversi virus influenzali. In tutti gli altri casi, quando non esista un vaccino relativo o non sia stata eseguita la profilassi, le terapie sono sintomatiche. • Bot. - La fitopatologia si occupa delle affezioni esistenti nel regno vegetale, ivi incluse le v., che si presentano con varia sintomatologia a seconda del virus che ne è la causa. Le trasformazioni a carico delle foglie sono le maggiori e più manifeste, ad esse si aggiungono l'insufficienza o assenza di cloroplasti (che comporta giallume o colorazione a mosaico), necrosi dei tessuti della lamina fogliare o del fusto, anomalie dello sviluppo della pianta (nanismo, deformazioni, accartocciamento, escrescenze, ecc.). La trasmissione del contagio avviene attraverso le vie della riproduzione agamica, della germinazione da semi prodotti da piante infette ma soprattutto attraverso gli insetti vettori. Per debellare le v. vegetali si usano metodi indiretti, rivolti più ad evitare la diffusione del virus che a debellarlo nell'individuo malato: distruzione delle piante malate, scelta - per la riproduzione - di semi prodotti da piante sicuramente sane, eliminazione degli insetti vettori, ecc.