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Violino.

Strumento musicale a corde. Fa parte della famiglia degli archi e, fra questi, è lo strumento che possiede il registro più acuto. Le sue parti principali sono il piano armonico, il fondo armonico e le fasce che li uniscono. Il ponticello su cui sono tese le quattro corde serve per comunicare le vibrazioni di queste al corpo dello strumento. Dentro al corpo sono posizionate, allo scopo di sostenere il peso causato dalla tensione delle corde, la catena e l'anima: la prima è una piccola striscia di abete applicata sotto il piano armonico e passante sotto il piede sinistro del ponticello; la seconda è un piccolo bastoncino di abete collocato tra il piano e il fondo armonico, perpendicolare al piede destro del ponticello. Altre parti sono: la tastiera, in cima alla quale passano le quattro corde che, attraversando il ponticello, si agganciano alla cordiera (legata a sua volta a un bottone sull'estremità inferiore dello strumento); il manico, che è attaccato sulla faccia superiore e termina in una voluta (o chiocciola o riccio) ai cui lati sono infitti i quattro cavicchi (o bischeri) cui si avvolgono i terminali delle corde; le due effe, aperte sul piano armonico ai lati del ponticello, che servono a porre in comunicazione l'interno con l'esterno del v. L'estensione dello strumento va dal sol sotto il rigo in chiave di violino (o di sol) alle note più acute che si possono ricavare in settima posizione; L. Beethoven, però, spinse l'estensione fino al do con cinque tagli in collo (in nona posizione) e R. Wagner nell'ouverture del Tannhäuser toccò il mi sovracuto (undicesima posizione). Il v. ha risorse pressoché infinite: è adatto tanto alle espressioni brillanti quanto a quelle patetiche o drammatiche; può essere strumento essenzialmente melodico così come, entro certi limiti almeno, polifonico; può essere suonato sia con l'uso del solo archetto, sia con il pizzico (con le dita), sia col gioco combinato della mano sinistra e dell'arco. L'arco, in particolare, permette effetti di grande effetto: a parte i classici movimenti all'ingiù (tiré) o all'insù (poussé), può produrre suoni delicati e netti (se le corde vengono toccate con la punta) oppure suoni energici fino a rasentare la durezza (se vengono toccate con il talon) o anche una sonorità melodiosa e morbida (se vengono toccate con la parte media). Altre varietà di colpo d'arco sono il jeté, che si realizza lanciando l'arco e facendolo rimbalzare sulla corda con una rapida emissione di più suoni di eguale durata, e il tremolo, che può essere semplice o misurato. In orchestra i v. vengono divisi in primi e secondi, sebbene questa divisione non sia, poi, così tassativa (Wagner, ad esempio, giunse a dividerli in 12 parti diverse). ║ Sembra che l'invenzione del v. sia da attribuire a Gasparo da Salò, ma è al cremonese A. Amati si deve la costruzione del v. nella struttura che ci è pervenuta sino a oggi. L'opera di Amati fu continuata dai figli e nipoti, poi dai Guarneri e soprattutto da A. Stradivari. Celebri maestri della scuola cremonese furono anche i Bergonzi, i Ruggieri, i Rogeri e Guadagnini. Altre importanti scuole furono, invece, quelle di Venezia, Milano, Mantova e Napoli; non mancarono, poi, scuole in Germania, Francia, Inghilterra e nel Tirolo. Per quanto riguarda le scuole violinistiche, le prime sorsero all'inizio del XVII sec. in Lombardia. Compositori come S. Rossi, B. Marini, C. Farina e G. B. Cima si specializzarono nella sonata a due e nella sonata a tre. La tecnica violinistica si perfezionò notevolmente in quegli anni, grazie soprattutto alla scuola bolognese: A. Corelli, M. Cazzati, G. B. Vitali, G. Bassani e G. Torelli ne furono i migliori rappresentanti. Al virtuosismo stilistico contribuirono anche T. Albinoni e F. Geminiani; fu, però, soprattutto A. Vivaldi che sviluppò in maniera decisiva le capacità timbriche dello strumento. Nel XVIII sec. rispetto al v. guadagnò importanza lo strumento a tastiera, ma il v. non cadde in disuso: questo per merito anche della scuola di Padova (Tartini), a cui poi si ispirarono quelle di Mannheim e di Parigi. Tra gli esecutori, la personalità più geniale fu indubbiamente quella di N. Paganini, che seppe ampliare in modo decisivo l'orizzonte espressivo dello strumento. Col Classicismo prima e col Romanticismo poi, il v. continuò a dominare nel quartetto ad archi, quindi fu impiegato per l'accompagnamento del pianoforte e, infine, fu inserito nelle altre forme strumentali da camera.