Nel contratto di trasporto, colui che si obbliga a
eseguire il trasporto di merci e passeggeri da un luogo a un altro per conto di
terzi. ║
Razzo o missile v.: nella missilistica, razzo avente la
funzione di trasportare il carico utile. • Aer. -
V.
guida:
nella navigazione mediante radar, comando o informazione teletrasmesso a un
velivolo, che consente al velivolo stesso di condurre a termine il volo in
sicurezza anche quando non sia in grado di proseguire da solo. • Tecn. -
V.
energetico: forma di energia che può essere facilmente
trasportata al luogo di consumo mediante apposite reti (ad esempio l'energia
elettrica). • Biol. - Organismo necessario per trasportare un parassita da
un individuo a un altro. Può essere un invertebrato o un microrganismo;
in molti casi il parassita può essere trasportato solo da uno specifico
v., mentre in altri tale selettività è bassa o inesistente.
Il parassita può compiere diversi stadi di sviluppo e di replicazione nel
v., che viene detto in tal caso
v.
biologico; se, invece,
esso ha solo una funzione di trasporto, prende il nome di
v.
meccanico. Comuni
v. di parassiti umani e animali sono mosche,
zanzare, acari, pidocchi, ecc. ║
V.
di clonazione: molecola
di DNA a doppia elica capace di replicarsi autonomamente in una cellula ospite,
nella quale viene posto un gene purificato con tecniche opportune di ingegneria
genetica, affinché possa riprodursi in quantità illimitata.
• Mat. - Ente algebrico e geometrico che consente la descrizione di
grandezze fisiche dotate di un valore numerico, di una direzione e di un verso.
L'origine del concetto di
v. è da ricercare nella geometria e
nella meccanica; esso è suggerito dallo studio di alcune grandezze
(velocità, forza, spostamento, ecc.) caratterizzate da un valore
numerico, che ne esprime l'entità in una data unità di misura, e
da un orientamento, rappresentabili mediante un opportuno segmento orientato di
lunghezza pari al valore numerico della grandezza, avente la stessa direzione e
lo stesso verso. Tali grandezze, dette
grandezze vettoriali, sono
contrapposte alle
grandezze scalari, caratterizzate, invece, da una sola
quantità numerica. Per introdurre il concetto di
v. è
necessario prima definire la nozione di
equipollenza: due segmenti
orientati
AB e
A'B' sono detti
equipollenti quando hanno la
medesima lunghezza, direzione (giacciono, cioè, su rette parallele) e
verso. Si dimostra facilmente che la relazione di equipollenza è una
relazione di equivalenza: si definisce, pertanto,
v. ogni classe di
segmenti orientati equipollenti, e un qualsiasi segmento
AB appartenente
a tale classe, avente origine nel punto
A, viene detto
v.
applicato (nel punto
A), in contrapposizione al concetto astratto
di
v., detto anche
v.
libero. Un
v. viene indicato
con la lettera in grassetto
v, o con lo stesso simbolo di un
segmento orientato che eventualmente lo rappresenta, sormontato da una
freccia

; il suo
modulo o
lunghezza viene indicato con il simbolo
v o
mediante
|AB|. Nelle applicazioni fisiche, è fondamentale il
concetto di
v. applicato, mentre la nozione puramente matematica è
quella di
v. libero; a partire da esso è possibile introdurre
alcune operazioni, che consentono di costruire un'
algebra dei v. e di
sviluppare un
calcolo vettoriale. La prima operazione fondamentale
è quella di
somma o
composizione fra due
v., secondo
la regola del parallelogramma: dati due
v.
v1 e
v2 applicati nello stesso punto
A, il
v.
v1 + v2 è la diagonale
del parallelogramma costruito sui
v. dati, uscente dal punto
A. La
somma di
v. gode della proprietà associativa e commutativa;
può essere eseguita anche su un sistema di un numero qualsiasi di
v., dando luogo al cosiddetto
risultante del sistema. L'elemento
neutro rispetto alla somma è il
v.
nullo, rappresentato da
un qualsiasi segmento
AA di lunghezza nulla; il
v.
opposto
di un
v.
v dato, invece, è il
v.
v' tale che, composto con
v, dia come risultato il
v. nullo. Accanto alla composizione ha notevole importanza l'operazione
di
decomposizione di un
v. lungo due direzioni assegnate, che
consiste nel trovare i due
v., aventi date direzioni, la cui somma sia il
v. assegnato. La seconda operazione fondamentale nella costruzione
dell'algebra dei
v. è il
prodotto di un
v.
v per uno scalare
r: il risultato è un
v.,
indicato con
v', avente la stessa direzione e lo stesso verso di
v, se
r è positivo, e verso opposto, se
r
è negativo, e avente come modulo
v' = v |r|. Combinando le due
operazioni introdotte, è possibile definire, a partire da
k v.
v1, ...,
vk e da
k
scalari
r1, ...,
rk, il
v.
combinazione lineare v =r1v1 +
...+ rkvk. L'insieme dei
v., definiti
come insieme delle classi di equipollenza di segmenti orientati, dotato delle
operazioni di somma e di prodotto per uno scalare, costituisce un esempio di
spazio vettoriale. Più in generale, uno spazio vettoriale è
una struttura algebrica definita in modo assiomatico a partire da un insieme
qualunque di enti (matrici, funzioni, ecc.), introducendo in esso due operazioni
(somma e prodotto per uno scalare) che godano delle stesse proprietà
formali di quelle sopra dette; in particolare, l'insieme degli scalari deve
essere un qualsiasi campo
K (
campo degli scalari), ad esempio il
campo dei numeri reali o dei numeri complessi. In questo ambito, i
v. non
sono altro che gli elementi dello spazio vettoriale, cioè di un qualsiasi
insieme dotato di tale struttura: possono essere, di volta in volta, matrici,
funzioni, classi di funzioni, ecc. Fondamentale nella teoria degli spazi
vettoriali è la nozione di
dipendenza e di
indipendenza
lineare: più
v.
v1, ...,
vk vengono detti
linearmente dipendenti quando
esistono
k scalari
r1, ...,
rk tali
che sia nulla la loro combinazione lineare,
r1v1
+ ...+ rkvk = 0, mentre si dicono
linearmente indipendenti quando non esiste alcuna combinazione lineare
che dia come risultato il
v. nullo. Il concetto di dipendenza lineare
generalizza quello di ortogonalità valido in geometria euclidea. Si
definisce
base di uno spazio vettoriale un qualsiasi insieme di
v.
c1, ...,
cn linearmente
indipendenti tali che ogni
v.
v dello spazio possa essere
rappresentato come combinazione lineare dei
v. della base, con scalari
opportuni,
v = v1c1 + ...+
vncn; è possibile dimostrare che tale
rappresentazione è unica, caratteristica del
v.
dato, e che
il numero
n dei
v. della base non dipende dalla base stessa, ma
è una caratteristica dello spazio vettoriale, che prende il nome di
dimensione. I coefficienti
v1, ...,
vn prendono il nome di
componenti del
v.
v
rispetto alla base assegnata; poiché le componenti di un
v. sono univocamente determinate dal
v. stesso, è possibile
rappresentare uno spazio vettoriale di dimensione
n come insieme di
n-ple di numeri. È importante osservare, tuttavia, che le
componenti di un
v. cambiano al mutare della base, mentre il
v.
resta invariato: pertanto, tale rappresentazione va intesa solo come associata a
una base particolare. Un sistema di
v. linearmente dipendente, tale che
ogni
v. dello spazio sia una sua combinazione lineare, viene detto
sistema di generatori dello spazio: a differenza di quanto accade per le
basi, la rappresentazione di un
v.
mediante combinazione lineare
dei
v. generatori non è unica, in generale, e il numero dei
v. del sistema può variare (ma deve comunque essere maggiore o
uguale alla dimensione dello spazio). Non sempre esiste una base formata da un
numero finito di
v.: in tal caso si dice che lo spazio vettoriale ha
dimensione infinita. Accanto alle operazioni fondamentali che definiscono
la struttura di spazio vettoriale è possibile, spesso, introdurre altre
operazioni che arricchiscono la struttura algebrica. In particolare, nel caso
dei
v.
geometrici,
si definisce
prodotto interno o
prodotto scalare tra due
v.
a e
b
l'operazione che associa ai due
v. assegnati lo scalare dato dal
prodotto dei due moduli per il coseno dell'angolo θ tra essi compreso. Il
prodotto scalare di un
v. per il
versore di una retta orientata
(ossia il
v. di modulo unitario giacente sulla retta) dà come
risultato la componente del
v. stesso lungo la retta data; l'annullarsi
del prodotto scalare caratterizza l'ortogonalità tra due
v.
Accanto al prodotto scalare, sempre con riferimento ai
v. geometrici,
è possibile introdurre il
prodotto v. o
vettoriale o
esterno tra due
v.
a e
b: esso definisce
un terzo
v., indicato con il simbolo
v = a
b,
che ha come modulo il prodotto dei due moduli per il seno dell'angolo
θ tra essi compreso,
ab senθ, come direzione la retta
perpendicolare al piano individuato dai due
v. applicati in uno stesso
punto, e come verso quello tale che la terna
a,
b e
v risulti levogira. L'annullarsi del prodotto vettoriale tra
v. non nulli caratterizza il parallelismo dei
v. stessi. Il
prodotto
v. non è commutativo, a differenza del prodotto scalare,
e risulta invece
a
b =
-b
a.
A partire dal prodotto scalare e da quello vettoriale è
possibile introdurre una terza operazione fra tre
v.
a,
b e
c, detta
prodotto misto: essa è
definita come il prodotto scalare di uno di essi per il prodotto
v. dei
restanti due. Il prodotto misto di tre
v. misura, a prescindere dal
segno, il volume del parallelepipedo che ha come spigoli i tre
v. uscenti
da un medesimo vertice. Per tutti i prodotti appena definiti non influisce la
scelta dei punti di applicazione: si tratta, pertanto, di operazioni tra
v. liberi. Tale proprietà cade nella considerazione di altre
operazioni, che hanno significato solo se riferite a
v. applicati:
l'introduzione di tali operazioni porta allo sviluppo della
teoria dei
v.
applicati.
• Fis. - Ente geometrico a tre o
più componenti, rappresentante una grandezza fisica orientata,
cioè dotata di una intensità, di una direzione e di un verso. Il
concetto di
v. in fisica non è altro che una applicazione della
nozione astratta di
v. introdotta in matematica; in particolare, vengono
considerati soprattutto i
v. applicati, a partire dai quali sono definite
nuove operazioni che hanno un significato speciale in determinati ambiti della
fisica. Ricordiamo di seguito alcune operazioni fondamentali introdotte in
meccanica e in scienza delle costruzioni. Un sistema particolare di
v.
applicati è la
coppia, costituita da due
v. opposti, aventi
rette di applicazione parallele ma distinte; la distanza tra le rette di
applicazione viene detta
braccio della coppia. Elementi caratteristici di
un sistema di
v. applicati sono il suo
risultante R
e il suo
momento risultante M rispetto a un polo assegnato
T. Nel passaggio da un polo
T a un polo
T' il momento
risultante varia, da
M a
M', secondo la legge
M = M' + TT'
R.
In ogni sistema di
v. applicati a risultante non nullo esiste
una retta, detta
asse centrale,
tale che il momento risultante del
sistema rispetto a qualsiasi punto della retta è minimo, e viene indicato
con il simbolo μ; è possibile dimostrare che ogni sistema di
v. applicati può essere sempre ridotto al sistema costituito dal
suo risultante, applicato all'asse centrale, e da una coppia di momento μ,
agente, quindi, in un piano perpendicolare all'asse centrale. Due sistemi di
v. applicati sono detti equivalenti quando possono essere ridotti a uno
stesso sistema; in particolare, le operazioni elementari di aggiunta o
soppressione di una coppia a braccio nullo, e di sostituzione di un sistema di
v. applicati in un punto con il suo risultante, applicato nel medesimo
punto, consentono di passare da un sistema di
v. a un altro
equivalente.