Chiusura, di dimensioni più o meno grandi,
formata da un'unica lastra di vetro o di cristallo, o, più
frequentemente, da più lastre sostenute da un'intelaiatura a riquadri:
la v.
dell'ingresso. • Arte - Finestra decorata formata da
frammenti di vetro di vario colore e forma, saldati tra loro, generalmente con
piombo, secondo il disegno voluto dall'artista. La costruzione di schermi
trasparenti vitrei a chiusura di finestre, già presente nell'Oriente
mediterraneo, è riscontrabile in età romana e paleocristiana:
oltre agli scarsi reperti, sono significative alcune fonti letterarie, come
Gregorio di Tours. Tra i più antichi frammenti di
v. giunti sino a
noi, notevole è quello di Lorsch, risalente all'IX sec., un frammento
che, essendo di vetro dipinto e non di vetro colorato nella pasta, mostra
già la caratteristica fondamentale della
v. occidentale. Nella
seconda parte del X sec.
v. istoriate furono realizzate per la cattedrale
di Reims; alla seconda metà del secolo successivo (a quell'epoca era
già attivo un laboratorio di vetri a Cluny) risale il frammento con la
testa di Cristo dell'abbazia di Wissembourg. Il trattato di Teofilo
Schedula
diversarum artium offriva, già al principio del XII sec., la
minuziosa descrizione dell'esecuzione di una
v., secondo un metodo che,
nelle sue linee fondamentali, si è mantenuto invariato per secoli. Tra il
XII e il XV sec. l'arte della
v. raggiunse i suoi esiti più
significativi; il suo successo è da ricollegare alla simbologia della
luce e della trasparenza. Molto importante fu il ruolo della Francia, che
rappresentò un punto di riferimento per gli altri Paesi. Nel XII sec.
furono realizzati cicli vitrei di grande valore, come quello della chiesa
abbaziale di Saint-Denis (permangono frammenti, parzialmente trasferiti in
musei) e quelli delle cattedrali di Augusta, Le Mans, Poitiers. Su tutti spicca
il ciclo di
v. per la cattedrale di Chartres, realizzato tra il 1200 e il
1236; notevoli anche le
v. della cattedrale di Bourges. Intorno alla
metà del Duecento, con l'evolversi dell'architettura gotica, si
registrò un cambiamento notevole nella struttura delle v: se in
precedenza si occupavano le finestre basse con episodi di storia sacra e temi
agiografici, inseriti in medaglioni, e si riservavano le finestre alte a un
unico personaggio, inserito in una struttura architettonica, a partire da questo
periodo si cominciò a svolgere il soggetto in finestre di straordinaria
grandezza, ricorrendo a elementi verticali in muratura: esemplari, in questo
senso, sono le
v. della Sainte-Chapelle di Parigi. In diverse
realizzazioni europee del Duecento si apprezzano influssi francesi: in
Inghilterra tali influssi si colgono nelle
v. delle cattedrali di
Canterbury, di Lincoln, di York; in Germania, dove peraltro la chiesa
francescana di Erfurt si ispira ancora al gusto romanico, si ricollegano alla
maniera francese le
v. di San Cuniberto a Colonia. In Italia, se le
v. del Coro di San Francesco d'Assisi (1240-50) sono forse attribuibili a
maestri tedeschi, la cattedrale di Aosta offre frammenti duecenteschi composti
secondo lo stile francese. All'inizio del Trecento vennero introdotte
novità tecniche e compositive di grande rilievo: ricorrendo al cosiddetto
"giallo d'argento" (un composto di sali metallici ottenuto con un
procedimento orientale, conosciuto già in precedenza) divenne possibile
passare da un colore all'altro su una stessa lastra; vennero inoltre applicate
alle
v. le nuove concezioni di spazio e volume della pittura italiana,
creando l'illusione della profondità in una forma artistica
caratterizzata fino a quel momento dalla bimidensionalità. In Italia
l'arte della
v. ebbe in quest'epoca i suoi centri più attivi a
Firenze, Siena e Assisi; nelle
v. italiane, eseguite in gran parte da
artigiani, si coglie l'intervento dei pittori nella fase di composizione: i
risultati più significativi si ottennero con grandi artisti del primo
Rinascimento (Lorenzo Ghiberti, Andrea del Castagno, Paolo Uccello, Donatello)
che realizzarono cartoni per le
v. nuove del duomo di Firenze. Una
citazione particolare meritano le
v. del duomo di Milano, che nel
Quattro-Cinquecento rappresentarono il modello per tutta l'arte vetraria
lombarda. A partire dal Quattrocento si entrò comunque in una fase in
cui, per il desiderio di emulare la pittura nei suoi aspetti stilistici ed
espressivi più complessi (come il chiaroscuro e l'espressione dei volti),
venne meno quella nitidezza e quella semplicità che costituivano un
elemento caratterizzante delle realizzazioni vetrarie. In Francia si
affacciarono delle novità nel campo della colorazione; al Quattrocento
risale il colorante
Jean Cousin (dal nome dell'artista che lo
impiegò per primo), mentre nel corso del secolo successivo si ricorse
nella colorazione delle lastre ai procedimenti degli smalti, utilizzando paste
vitree ricavate da polveri vetrose cotte contenenti piombo e rendendo, in tal
modo, superfluo l'incastro della piombatura. Se in Francia il Cinquecento
offrì ancora cicli vetrari di rilievo (chiese di Brou, di Saint-Nizar a
Troyes, cattedrale e chiesa di Saint-Bonnet a Bourges), in Italia, nella piena
età rinascimentale e nell'epoca del Barocco e del Rococò, l'arte
vetraria andò incontro a una profonda decadenza, fino a scomparire quasi
del tutto. In Germania la fortuna dell'arte vetraria cessò con l'avvento
della Riforma che produsse sensibili cambiamenti nell'arredo delle chiese,
mentre in Inghilterra e in Spagna il Cinquecento si svolse sotto il segno dei
maestri dei Paesi Bassi. Nei due secoli seguenti, comunque, la crisi dell'arte
vetraria si estese a tutta l'Europa. In età romantica i preraffaelliti, i
puristi di Francia, i Nazareni tentarono un rilancio della produzione,
ricollegandosi alla maniera gotica o quattrocentesca. Rilevante fu il contributo
dell'
art nouveau, tra fine Ottocento e inizio Novecento, che nella
realizzazione delle
v. valorizzò la luce, il colore, le tecniche
industriali: tra gli artisti che fornirono cartoni, si ricorderanno H. de
Toulouse-Lautrec e P. Bonnard. In Italia grande importanza ebbe la figura di C.
Picchiarini, che si richiamò alla purezza esecutiva di un tempo, non
ricorrendo quasi mai al ritocco; si menzionerà, inoltre, D. Cambellotti,
cui si devono i disegni (1929) per le
v. della cappella della
Flagellazione a Gerusalemme. Notevoli
v. novecentesche, in cui rivive il
nitore e la purezza delle realizzazioni medioevali sono quelle di F.
Léger per la chiesa di Audincourt (1951), di Le Corbusier per la cappella
di Ronchamp, di M. Chagall per la sinagoga di Gerusalemme, nonché quelle
realizzate da vari artisti per la nuova cattedrale di Coventry.