Mit. - Presso i Romani e i Latini, dea del focolare
domestico e pubblico. Riguardo alle origini di questa divinità esistono
diverse opinioni: pur essendo certa la presenza del culto del focolare,
considerato in se stesso, tra queste popolazioni da età molto antiche,
taluni studiosi ricollegano il nome di
V. alla dea greca Estia.
L'introduzione del suo culto, ricollegata da Ovidio a Enea, è attribuita
da Dionigi di Alicarnasso a Numa Pompilio. Non particolarmente accentuato fu il
culto privato (acquisirono presto maggiore rilevanza i Penati, i Lari, il
Genio); quello pubblico, invece, ebbe un ruolo di primo piano nelle pratiche
religiose dei Romani.
V. era onorata come patrona dello Stato romano; il
suo culto si teneva presso il focolare dello Stato, nel tempio rotondo del Foro,
ed era affidato alle vergini sacerdotesse vestali. I Romani si rivolgevano alla
dea in occasione di pubbliche calamità; le feste in suo onore si
svolgevano dal 7 al 15 giugno (il 9 era il giorno più importante). Un
nuovo tempio di
V. venne fatto edificare da Augusto sul Palatino, quando
assunse la carica di pontefice massimo (12 a.C.).
• Icon. - Di
V. non rimane una
tipologia iconografica originale; le immagini che abbiamo di lei (rilievi,
dipinti, monete) risalgono all'età imperiale. La dea si caratterizza come
una figura matronale, vestita di chitone e mantello, a volte velata e seduta in
tono; significativa è la rappresentazione della Base di Sorrento. Nei
dipinti dei larari rinvenuti a Pompei,
V., come protettrice di fornai e
panettieri, compie delle libagioni ed è raffigurata insieme
all'asino.