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Vespasiano, Tito Flàvio.

Imperatore romano. Di famiglia sabina (suoi genitori furono Flavio Sabino, esattore delle imposte e Vespasia Polla) benestante, ma non avviata nella carriera politica, riuscì a farsi strada grazie al realismo, alla capacità d'azione, all'oculata gestione delle risorse economiche. Tribuno militare in Tracia, divenne poi questore nella provincia di Creta e Cirene; nell'età di Caligola ricoprì gli incarichi di edile e pretore, mentre sotto l'impero di Claudio ebbe importanti affermazioni come legato della II legione Augusta in Germania e Britannia, fino a essere insignito degli ornamenti trionfali. Come proconsole d'Africa si rivelò integerrimo: Nerone, dopo averlo allontanato nel 66 (rammaricato per le dormite di V. nel corso delle sue esibizioni canore), gli affidò, tuttavia, in seguito, il compito di spegnere la rivolta giudaica; V. e Tito, uno dei suoi tre figli (gli altri due furono Domiziano e Domitilla) sottomisero la Galilea (67) e portarono l'assedio a Gerusalemme. Interrotte le operazioni militari nella regione in seguito alla morte di Nerone (68) e all'incertezza politica che ne derivò, V., che dichiarava fedeltà ai diversi successori di Nerone, forte del sostegno di Licinio Muciano, governatore della Siria, fu acclamato imperatore dalle truppe d'Egitto nel 69. Alla proclamazione di V. aderirono via via le truppe di Giudea e di Siria, delle province asiatiche, delle legioni di Mesia, di Pannonia, di Dalmazia. In seguito alla sconfitta dei fautori di Vitellio a Cremona e all'uccisione di Vitellio stesso a Roma, il Senato confermò la proclamazione di V., che, giunto a Roma nella primavera del 70, si propose come il restauratore dell'ordine e della pace. Rafforzò i poteri dell'imperatore e, affiancandosi di fatto nel governo il figlio Tito (che lo raggiunse a Roma, dopo aver preso e distrutto Gerusalemme), diede carattere ereditario alla carica imperiale. Per limitare il peso dell'esercito nella vita politica, abbassò il numero delle coorti pretoriane da sedici a nove e privilegiò i provinciali nel reclutamento delle legioni. Pur mostrandosi ossequioso nei confronti del Senato, vi estromise gli elementi più corrotti; anche il ceto equestre fu sottoposto a un processo di ricambio: V. si preoccupava, infatti, di creare una burocrazia più valida ed efficiente. Grande attenzione l'imperatore rivolse alle province, attuando largamente la romanizzazione con la concessione della cittadinanza (soprattutto nelle province occidentali) e apportando altri cambiamenti di carattere amministrativo e istituzionale. Sul piano militare, domata da Petilio Ceriale e da Annio Gallo, l'insurrezione dei Batavi nella Germania settentrionale e nella Gallia (fine 70), V. rinforzò le difese sul Reno e sul Danubio. Sotto il suo impero vennero, inoltre, ampliati i territori romani in Britannia e furono predisposti presidi nel Caucaso. Particolare rilievo ebbe l'impegno di V. nel risanare il settore finanziario: aumentò le tasse e riorganizzò il fisco, fece restituire allo Stato le terre occupate illegalmente e si adoperò per uno sfruttamento più redditizio dei beni demaniali; tagliò, inoltre, le spese superflue e osservò a corte un tenore di vita moderato, guadagnandosi fama di esoso e avaro, ma raggiungendo comunque il suo scopo. Egli, del resto, destinò notevoli risorse economiche a favore della cultura, delle arti e delle costruzioni edilizie a Roma (dove fece edificare, tra l'altro, il tempio della pace e diede inizio alla costruzione dell'Anfiteatro Flavio) e nelle province. Il Senato lo divinizzò dopo la sua morte (Rieti 9 - Cutilie, Sabina 79).