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Verri, Pietro.

Economista e scrittore italiano. Nacque in una nobile famiglia milanese; il padre Gabriele, esponente del conservatorismo aristocratico, ricoprì incarichi politici di rilievo. La sua formazione fu alquanto travagliata: studiò a Monza con i gesuiti, a Milano presso le scuole dei barnabiti, a Roma, presso il Collegio Nazareno degli scolopi, ancora a Milano presso i gesuiti (Collegio di Brera), e, infine, a Parma, presso il collegio dei Nobili, retto anch'esso dai gesuiti. Nel 1750 divenne membro dell'Accademia dei Trasformati di Milano. Tra il 1759 e il 1760 ebbe una breve esperienza militare come ufficiale nel reggimento Clerici e prese parte alla guerra dei Sette anni; questa parentesi, destinata a incidere notevolmente sulla sua vita futura, venne documentata da V. in un diario in forma epistolare. Rientrato a Milano nel 1760, rivolse i suoi interessi verso gli studi di carattere economico, filosofico e letterario; del 1763 sono il Saggio sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano sino al 1750 e le Meditazioni sulla felicità. Nel 1764 ricevette la carica di consigliere della Giunta incaricata di riformare il sistema delle ferme (appalti delle imposte indirette), questione che aveva particolarmente a cuore: nel 1770 riuscì a ottenere il passaggio degli appalti all'amministrazione del Governo. Gli anni Sessanta videro comunque V. grande protagonista della stagione più importante della cultura illuministica lombarda: fu l'animatore della Società dei Pugni e del periodico "Il Caffè" (1764-66), incitò e sostenne C. Beccaria nella stesura del celeberrimo trattato Dei delitti e delle pene. In seguito V. affiancò alla sua attività intellettuale diversi incarichi politici: nel 1772 fu nominato vicepresidente del Supremo consiglio camerale, nel 1780 divenne presidente del Magistrato camerale e nel 1783 consigliere intimo di Stato. Conclusa la sua carriera politica con gli Austriaci nel 1786, in seguito alla soppressione del Magistrato camerale, dieci anni più tardi, giunti a Milano i Francesi, divenne membro della municipalità repubblicana. Ingegno versatile più che pensatore sistematico, personaggio controverso sul piano caratteriale, V. è sicuramente una delle figure più importanti del Settecento italiano; legato alla filosofia sensista e all'Illuminismo francese, sentì fortemente il problema della felicità pubblica e di quella individuale e orientò il suo impegno politico a un ideale di riforma. Deluso dall'assolutismo illuminato, seguì con interesse le vicende della Rivoluzione francese, attestandosi su posizioni moderate e costituzionali. In economia sottolineò la necessità di eliminare il vincolismo all'interno dello Stato. Oltre a quelle citate, altre sue opere notevoli sono: Memorie storiche sull'economia pubblica dello Stato di Milano (1768); Riflessioni sulle leggi vincolanti (1769); Discorso sull'indole del piacere e del dolore (1773); Osservazioni sulla tortura (1777, pubblicato nel 1804); Ricordi a mia figlia (1777; scritti da V. per la figlia primogenita Teresa, nata dal matrimonio con la giovane nipote Maria Castiglioni, furono pubblicati nel 1854); Storia di Milano (1783-99; continuata da P. Custodi); Pensieri sullo stato politico del Milanese (1790). Si ricorderà, inoltre, l'intenso carteggio col fratello Alessandro, 1766-97 (Milano 1728-1797).