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Venezuela.

Stato (916.445 kmq; 26.577.423 ab.) dell'America Meridionale. Confina a Est con la Guyana, a Sud con il Brasile e a Ovest con la Colombia; a Nord si affaccia sul Mar dei Caraibi e sull'Oceano Atlantico. Capitale: Caracas. Città principali: Maracaibo, Valencia, Barquisimeto, Ciudad Guayana. Ordinamento: Repubblica federale composta di 22 Stati e di un distretto federale; la Costituzione del 1999 attribuisce il potere esecutivo al presidente della Repubblica (eletto per sei anni a suffragio universale diretto) e il potere legislativo a un'Assemblea nazionale composta da 165 membri eletti per 5 anni. Moneta: bolívar. Lingua: spagnolo. Religione: cattolica. Popolazione: meticci (67%), bianchi (21%), neri e amerindi.

GEOGRAFIA

Morfologia: tre sono le unità morfologiche che attraversano il V.: la Cordigliera delle Ande, il bassopiano dell'Orinoco e l'altopiano della Guiana. Le Ande venezuelane sono pressoché interamente costituite dalla Cordigliera di Mérida, che si estende per circa 400 km con uno spessore medio di un centinaio di km e che raggiunge il picco più elevato con la Columna (5.002 m); prolungamenti della Cordigliera di Mérida sono i rilievi costieri dell'altopiano di Tucuyo e Barquisimeto, della catena di Coro e dei Monti Caribici. Il bassopiano dell'Orinoco, comunemente chiamato los llanos ("i piani") si sviluppa per circa 300.000 kmq nella zona mediana del V. e deriva dalle pianure alluvionali dell'Orinoco e dei suoi affluenti. L'altopiano della Guyana occupa, invece, l'area meridionale del Paese; si tratta di un massiccio cristallino precambriano che raggiunge con il Cerro Roraima i 2.800 m di altitudine. ║ Idrografia: il bacino dell'Orinoco comprende l'80% del territorio venezuelano. L'alto corso del fiume si sviluppa nell'altopiano della Guiana, ove l'Orinoco e i suoi affluenti (tra cui il più importante è il Caroní) formano numerose cascate (una di queste, il Salto Angel, presso un affluente del Caroní, con i suoi 978 m è la più alta del mondo); il corso medio e quello basso seguono, invece, il limite tra l'altopiano e i llanos. Di notevole rilevanza dal punto di vista idrografico è anche il Lago di Maracaibo: si tratta, in realtà, di una laguna, comunicante col golfo di Maracaibo grazie a un canale largo non più di 550 m. ║ Clima: è caratterizzato da modeste escursioni termiche quasi ovunque, anche se le temperature medie variano sensibilmente a seconda dei luoghi. Notevoli sono le differenze nelle precipitazioni: abbondanti nelle zone esterne dei rilievi andini (1.700-2.000 mm di pioggia annui) e nelle aree più elevate dell'altopiano della Guiana (fino a 2.500 mm), sono assai scarse nella parte occidentale della costa (300 mm). ║ Flora e fauna: la foresta equatoriale occupa gran parte dell'altopiano della Guiana, il delta dell'Orinoco e le aree più umide del litorale; forestale è anche la vegetazione lungo i rilievi montuosi. La savana è presente nei llanos, anche se non mancano anche qui nastri forestali e boscaglie. La fauna è quella tipica delle zone tropicali: scimmie, roditori, chirotteri, alcuni carnivori (puma, giaguaro) e ungulati (tapiro). Molto numerosi sono gli uccelli.
Cartina del Venezuela

Veduta di Caracas


ECONOMIA

L'economia venezuelana dipende in misura assai considerevole dal petrolio, il cui sfruttamento (iniziato attorno al 1920) ha finito per trasformare le strutture essenzialmente agricole del Paese. La nazionalizzazione dei pozzi, realizzata nel 1976, ha consentito di ridurre il potere di condizionamento delle grandi multinazionali sulla classe politica venezuelana, ma non ha risolto lo squilibrio produttivo tale per cui il petrolio da solo continua a costituire il 60% dell'esportato. I pozzi si concentrano prevalentemente negli Stati federali di Zulia, Monagas e Falcón e consentono l'estrazione di circa 130 milioni di tonnellate di petrolio (quantità che pone il V. al settimo posto nella graduatoria dei Paesi produttori). Gli impianti di raffinazione di Amuay, Cardón e Barinas trattano, però, solo una parte del prodotto, che per la maggior parte viene esportato e raffinato all'estero. La vocazione mineraria del V. (il sottosuolo è ricco anche di gas naturale, minerali di ferro, bauxite, oro e diamanti) ha lasciato solo il 4% della superficie del Paese all'agricoltura (mais, manioca, patata, caffè, canna da zucchero e tabacco) e ha favorito l'esodo di manodopera dalle campagne; tutto questo, unito alla persistenza dei latifondi di origine coloniale (solo in parte scalfiti dalla riforma agraria degli anni Sessanta), spiega la sostanziale arretratezza del settore agricolo. Poco praticato è l'allevamento, con l'unica eccezione di quello bovino nei llanos occidentali. Nonostante le politiche governative di incentivazione industriale, una reale diversificazione produttiva, che ponga un freno al cospicuo consumo delle risorse non rinnovabili, non si può dire ancora realizzata e, benché non manchino cementifici, industrie alimentari e della manifattura del tabacco, le industrie di un certo rilievo, oltre a quelle legate al petrolio, sono quelle siderurgiche e metallurgiche. Gli scambi commerciali del V. vengono effettuati soprattutto con gli Stati Uniti, in misura minore con gli altri Stati latino-americani. Le vie di comunicazione sono tutt'altro che efficienti; sebbene la rete stradale sia abbastanza estesa, le lunghe distanze consigliano l'utilizzo dell'aereo.

STORIA

Popolato da Caribi e Aruachi, il V. fu raggiunto da C. Colombo nel 1498 nel corso del suo terzo viaggio, ma non immediatamente colonizzato. Solo nel 1546, dopo la revoca dei diritti di esplorazione che i banchieri di Augusta avevano ottenuto nel 1528 da Carlo V, iniziò la penetrazione spagnola, con la creazione di piantagioni di zucchero, cacao e, più tardi, caffè in cui furono posti a lavorare in condizione servile dapprima gli indigeni, quindi gli Africani. Soggetto dapprima all'audiencia di Santo Domingo, successivamente incluso nel vicereame della Nuova Grenada, il territorio venezuelano fu scarsamente abitato fino al XIX sec. a causa del clima insalubre e della presenza di malattie endemiche (malaria in particolare). L'occupazione francese della Spagna (1808) offrì ai creoli venezuelani (che costituivano circa il 20% della popolazione del Paese ma che detenevano le leve del potere economico e politico) l'occasione per la ribellione che portò nell'aprile del 1810 al rovesciamento dell'amministrazione spagnola. L'anno successivo fu proclamata l'indipendenza, ma l'introduzione di un regime censitario determinò quasi immediatamente l'insurrezione dei gruppi neri e mulatti; della confusione approfittò la Spagna per stroncare la neonata Repubblica (1812). La lotta per l'indipendenza proseguì, tuttavia, negli anni seguenti sotto la guida di S. Bolívar e fu, infine, coronata da successo nel giugno del 1821, con la vittoria di Carabobo: facendo seguito ad accordi che risalivano al dicembre 1819, il V. entrò, allora, a far parte della Repubblica della Gran Colombia (all'interno della quale rimaneva in vigore al schiavitù). Presto si affermarono, però, tendenze separatiste: la scissione del V. dalla Gran Colombia, proclamata già nel 1829, fu ufficializzata nel 1830 al Congresso di Valencia. Primo presidente della Repubblica fu J.A. Páez, che perseguì una linea politica favorevole ai grandi latifondisti locali; a lui successero i fratelli Monagas, José Tadeo (1847-51, 1855-58) e José Gregorio (1851-55), che tennero il potere con metodi dittatoriali (pur abolendo nel 1854 la schiavitù) e che furono, infine, rovesciati da una coalizione che radunava partito liberale e partito conservatore. Divisi sulla questione del federalismo, liberali e conservatori diedero presto vita a una sanguinosa guerra civile (1858-63) che si concluse con la vittoria dei primi: J.C. Falcón fu così eletto presidente e la nuova Costituzione del 1864 sancì la nascita degli Stati Uniti del V. Al colpo di Stato del 1868 realizzato dai conservatori sotto la guida di J.T. Monagas, i liberali risposero due anni dopo con il putsch del generale A. Guzmán Blanco, che divenne in questo modo il vero deus ex machina della politica venezuelana fino al 1888; Blanco riuscì nella non facile impresa di pacificare le fazioni in lotta e di garantire al Paese quella stabilità che attrasse ingenti capitali dall'estero. Uscito di scena Blanco, i conflitti, però, ripresero, finché nell'ottobre del 1899 C. de Castro si impadronì del potere; egli domò le spinte autonomiste ma incontrò l'ostilità di Germania, Gran Bretagna e Italia, che, per avere restituiti i finanziamenti elargiti al V., giunsero a bloccarne i porti (1902-03). Fu così che nel 1908 de Castro fu destituito e il suo posto fu preso da J.V. Gómez; costui instaurò un regime dittatoriale che sarebbe durato 27 anni, nel corso del quale sarebbe riuscito ad avere definitivamente la meglio sui vari caudillos locali e a dare così stabilità al Paese. Complice il boom petrolifero, gli investimenti esteri arrivarono massicci, consentendo l'azzeramento del debito estero e l'ammodernamento delle infrastrutture, ma non una più equa distribuzione della ricchezza. Con E. López Contreras (1935-41) le libertà civili furono per un breve periodo ripristinate; nel 1937, però, a seguito della vittoria delle sinistre, furono di nuovo sospese e tali rimasero anche con I. Medina Angarita, presidente dal 1941. Il golpe dell'ottobre 1945 organizzato da alcuni ufficiali dell'esercito legati alla Acción Democrática (AD) e l'instaurazione di una giunta civico-militare presieduta da R. Betancourt permise il varo di una Costituzione di stampo democratico (1947), l'approvazione di alcune riforme sociali e l'adozione di una politica petrolifera che prevedeva che almeno il 50% degli introiti spettava allo Stato. Le forze reazionarie, tuttavia, reagirono violentemente, deponendo con un colpo di mano nel novembre 1948 R. Gallegos, eletto presidente da poco meno di un anno, e annullando tutte le riforme della giunta di Betancourt. All'interno della giunta militare che venne a detenere il potere presto emerse la figura di M. Pérez Jiménez, che dal dicembre 1952 diede avvio a una dittatura personale che durò fino al gennaio 1958, quando i militari lo esautorarono per restituire il potere ai civili. Le elezioni di dicembre sancirono la vittoria di Betancourt, che poté così promulgare una nuova Costituzione e avviare una serie di riforme, tra cui quella agricola, che, però, si rivelarono scarsamente incisive. Così, dopo la presidenza di un altro esponente di AD, R. Leoni (1964-68), nel 1968 alla massima carica dello Stato venezuelano fu eletto il rappresentante del Partito social-cristiano (COPEI) R. Caldera Rodríguez. Costui riuscì a normalizzare i rapporti sino ad allora assai tesi con Cuba e URSS, aprendo anche ai Paesi latino-americani retti da regimi dittatoriali e boicottati da AD (Patto andino, 1973). AD tornò al potere con C.A. Pérez Rodríguez (1974-79), che sfruttò la congiuntura economica favorevole venutasi a creare con l'aumento del prezzo del petrolio a seguito del conflitto arabo-israeliano (1973) per avviare una stagione di riforme culminata nella nazionalizzazione del petrolio. Con gli anni Ottanta, però, iniziò un periodo di crisi per affrontare il quale il Governo social-cristiano di L. Herrera Campins (1979-84) prima e quello targato AD di J. Lusinchi (1984-89) poi furono costretti ad adottare una politica di austerità. L'inefficacia di queste misure provocò la nascita di forti tensioni sociali e rinvigorì la mai sopita minaccia terroristica; la situazione peggiorò ulteriormente nel corso del secondo mandato Pérez (1989-93), quando, in cambio di un prestito triennale del FMI, l'esecutivo inaugurò una politica economica di stampo nettamente liberista, che causò un sensibile aumento dei prezzi e inasprì il malcontento popolare. In un quadro politico vieppiù convulso, in cui si ebbero anche due falliti tentativi di colpo di Stato (febbraio e novembre 1992), Pérez, incappato in accuse di malversazione, fu, infine, sospeso dall'incarico; le elezioni del dicembre 1993 sancirono la sconfitta di AD e COPEI e l'affermazione della coalizione che sosteneva Caldera Rodríguez e che era formata da Movimiento Al Socialismo (MAS) e da Convergiencia Nacional (CN, che a sua volta riuniva diversi partiti populisti e di destra). Il nuovo Governo, dovendo far fronte a una situazione economica disastrosa, ottenne dal Congresso poteri straordinari (giugno 1994) che utilizzò per aprire agli investimenti stranieri nel settore petrolifero, per svalutare il bolívar (1995) e per far ricorso a un nuovo prestito presso il FMI (1996). La stabilizzazione economica del Paese procedette, tuttavia, assai lentamente e senza portare a miglioramenti delle condizioni di vita della popolazione, cosicché il successo nelle elezioni del 1998 arrise all'esponente del Movimiento V República (MVR) Hugo Rafael Chávez Frías, uno dei capi del tentativo di golpe del 1992 e fautore di una politica di nazionalizzazioni. L'elezione di Chávez determinò una nuova era della politica venezuelana, la cosiddetta "quinta Repubblica": promosse l'insediamento di una Costituente, che elaborò una nuova Costituzione (La Repubblica Bolivariana di Venezuela) approvata nel 1999 da un referendum popolare. Il nuovo presidente, per risollevare le sorti economiche del Paese, applicò una serie di misure (quali l'introduzione di una legge speciale grazie alla quale lo Stato avrebbe avuto la facoltà di espropriare terreni incolti potenzialmente produttivi, o l'introduzione della legge relativa alla libera fluttuazione delle royalty spettanti alle compagnie petrolifere incaricate dello sfruttamento di giacimenti di petrolio di proprietà statale), che provocarono nel 2001 la protesta di milioni di Venezuelani sfociata in rivolte nelle carceri, proteste e scioperi di diverse categorie di lavoratori a cui seguì nel 2002 un tentativo di colpo di Stato. Nel febbraio 2002 il Governo decise di allentare il controllo sul bolìvar, con il risultato di un'improvvisa perdita di valore rispetto al dollaro; nello stesso mese Chavéz sostituì i vertici della dirigenza della compagnia petrolifera statale, la Petróleos de Venezuela, aumentando il clima di profondo malcontento presente nel Paese e provocando una serie di scioperi generali che, più volte interrotti, ebbero definitivamente termine nel febbraio 2003. Nell'agosto 2004, nel tentativo di porre fine al clima di tensione politico sociale esistente nel Paese, il Governo indì un referendum consultivo per la riconferma della presidenza di Chavéz. Il 58% dei votanti si espresse a suo favore. L'economia del Paese, sostenuta dagli alti prezzi del greggio, fece registrare nel 2005 un tasso di crescita del PNL superiore al 10%. Chavéz potè così intraprendere una decisa politica di redistribuzione del reddito all'interno (riforma agraria, aumenti dei salari e delle pensioni), mentre in politica estera concluse una serie di accordi di cooperazione economica con altri Stati dell'America latina (Brasile, Colombia, Argentina, Uruguay, Cuba e altri Paesi caraibici), con la Cina e con la Russia, ponendosi in netto contrasto con le politiche liberiste degli USA e del FMI. Su queste basi i partiti sostenitori del presidente vinsero le elezioni politiche del dicembre 2005 e lo stesso Chavéz, nel dicembre 2006, trionfò alle consultazioni presidenziali con il 61% dei consensi. L'8 gennaio 2007, in occasione del giuramento come Presidente del V., annunciò di voler nazionalizzare, attraverso una legge, tutte le industrie privatizzate dai precedenti governi: tra queste, le aziende nazionali delle telecomunicazioni e dell'energia elettrica. Chávez dichiarò inoltre la sua volontà di sconfiggere la corruzione dilagante nell'apparato statale e la sua intenzione di porre una modifica costituzionale per eliminare i limiti alla rielezione di un presidente (da approvarsi in Parlamento e tramite referendum popolare) e l'avvio della transizione della Repubblica Bolivariana del Venezuela al socialismo. Nel settembre del 2008 si inasprirono le tensioni diplomatiche in America Latina tra gli Stati Uniti da una parte, e la Bolivia e il V. dall'altra. Il presidente boliviano Evo Morales, alleato di Chavez e di Castro, dichiarò persona non gradita l'ambasciatore americano a La Paz, accusato di sostenere i governatori delle regioni autonomiste, oppositori del governo centrale, e annunciò la sua espulsione. Come il suo collega boliviano, anche il presidente Chavez espulse l'ambasciatore americano a Caracas e richiamò immediatamente in patria l'ambasciatore venezuelano negli Stati Uniti in attesa dell'insediamento nel gennaio 2009 del nuovo presidente statunitense. Il presidente venezuelano accusò l'amministrazione Usa di aver organizzato un complotto per rovesciare lui e il presidente Morales.

POPOLAZIONE

La popolazione per quasi il 70% è composta di meticci, con forti minoranze di bianchi, neri e mulatti e poche decine di migliaia di Amerindi (circa il 2%), ed è distribuita soprattutto nelle grandi aree urbane, ove risiede oltre il 90% degli abitanti; numerose sono, tuttavia, le zone scarsamente popolate. L'impetuosa crescita demografica del V. (la popolazione si è quadruplicata nella seconda metà del XX sec.) trova ragione nei forti movimenti immigratori del passato e, in un saldo demografico decisamente positivo, frutto di un basso di tasso di mortalità e di un elevato tasso di natalità.

ARTE

Si suole suddividere l'arte antica venezuelana in tre periodi: paleoindiano, mesoindiano e neondiano, corrispondenti rispettivamente al paleolitico, al mesolitico e ai secoli che vanno dall'anno 1000 a.C. alla scoperta dell'America. Testimonianze si trovano nella zona settentrionale del Paese, in particolare a Dabajuro (nelle vicinanze di Coro) e a Los Barrancos (sull'Orinoco) per quel che riguarda i primi due periodi e a Saladero (presso Los Barrancos) per quel che concerne l'epoca neoindiana. Quasi nulla rimane dell'arte coloniale non solo a causa dei violenti terremoti che hanno funestato il V., ma anche per le campagne di demolizione cui sono state sottoposte le maggiori città; tra i pochi resti, possono essere segnalate la cattedrale di Coro (iniziata nel 1589), la cattedrale e la chiesa di San Francisco in Caracas e le rovine delle fortezze della penisola di Araya e dell'isola Margarita. Dopo l'indipendenza (1821), anche se non immediatamente, si affermarono architetti come L. Urdaneda (1825-1899), che lavorò a Caracas secondo canoni barocchi e neoclassici (palacio Legislativo, 1872; palacio federal, 1877), e come J. Hurtado Manrique (1837-1896), che spaziò da modi neogotici (facciata dell'Università, 1876; Museo nacional, 1883), a modi neoclassici (Santa Teresa, 1876) e neocoloniali (casa amarilla de la Cancillería, 1891). Nel XX sec. lo stile moderno, già prefigurato da J. Salas, si diffuse per merito soprattutto di C.R. Villanueva e, più tardi, di C. Gómez de Llarenas e E. Sisco. Le arti figurative, tradizionalmente incentrate su soggetti sacri e sulla ritrattistica, ricevettero buoni contributi dall'inglese L.B. Adams (1809-1853) e dal danese F.G. Melbye (1826-1896) e trovarono in M. Tovar y Tovar (1827-1902) l'esponente più significativo, almeno per quel che riguarda la prima metà del XIX sec. Successivamente, si affermarono A. Michelena (1863-1898), che dipinse soggetti religiosi, C. Rojas (1859-1890), che trattò temi realistici e T. Salas (1888-1974), vicino all'Impressionismo, fino ad arrivare alla nascita del Circulo de bellas artes (1912), che assunse posizioni decisamente anti-accademiche. Le figure più rilevanti del XX sec. furono, invece, A. Reveron (1889-1954), R. Monasterios (1884-1961), H. Poleo (1918-1989), O. Vigas (n. 1926) e M. Pardo (n.1922).