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Vega Carpio, Félix Lope de.

Drammaturgo e poeta spagnolo. Di ingegno precocissimo (a 14 anni scrisse la sua prima commedia), ebbe una vita ricca di eventi e sentimentalmente assai movimentata. Nel 1583 partecipò a una spedizione nelle Islas Terceras ed entrò quindi al servizio del marchese de las Navas. Si innamorò di Elena Osorio (chiamata Filis nei suoi versi) iniziando con lei una relazione burrascosa. Quando Elena lo lasciò per un altro, membro della facoltosa famiglia Velázquez, il poeta scrisse e diffuse scritti satirici che gli costarono nel 1588 una condanna a otto anni di esilio. Nello stesso anno egli rapì e sposò un'altra donna, Isabel de Urbina (BeIisa), e subito dopo partecipò come volontario alla spedizione dell'Invincibile Armata. Al ritorno si stabilì per breve tempo a Valencia; passò quindi al servizio del marchese di Malpica a Toledo e poi del duca d'Alba ad Alba de Tormes, dove perdette la moglie e le due figlie (1595). Ottenuta la revoca del provvedimento d'esilio, poté finalmente tornare a Madrid e alla corte (1596). Sposatosi in seconde nozze nel 1598 con Juana de Guardo, intrecciò contemporaneamente una relazione con Micaela de Luján (Lucinda), un'ex attrice, da cui ebbe vari figli. Fu consigliere del marchese de Sarria e dimorò tra Madrid e Toledo prima di stabilirsi definitivamente a Madrid nel 1610, entrando al servizio del duca di Sessa. Al vertice della sua fama come poeta e drammaturgo fu travolto da una profonda crisi religiosa il cui evento scatenante fu la perdita, nel 1612, della moglie Juana, morta di parto dando alla luce Feliciana. Nel 1614 prese gli ordini a Toledo, ma non interruppe comunque la sequenza dei suoi amori: ad Ávila si innamorò di un'attrice, Lucia de Salcedo (la Loca), infine visse la sua ultima grande passione con Marta de Nevares (Amarillis), moglie di un mercante, che nel 1617 gli diede la figlia Antonia Clara. Ammalato dal 1629, Lope de V. ebbe gli ultimi anni della vita amareggiati da dolorosi eventi familiari: nel 1632 la cecità e la morte di Marta, nel 1634 la fuga della figlia Antonia Clara con uno spasimante, la morte del figlio Carlos Félix. Quanto alla sua produzione letteraria, già i suoi contemporanei ne ponevano in rilievo la stupefacente vastità e varietà: secondo Pérez de Montalbán, Lope de V. scrisse 1800 commedie e 480 autos, cifre probabilmente esagerate, tuttavia le 426 commedie e i 42 autos che di lui ci sono pervenuti ne fanno l'autore più prolifico della letteratura spagnola. Le ragioni di tale ingente massa di commedie sono da ricercarsi nel grandissimo favore che il teatro riscuoteva presso il pubblico spagnolo, sia quello aristocratico e di corte sia quello popolare. Alla quantità non sempre corrispose però un altrettanto alto livello qualitativo, tanto che solo pochi lavori teatrali di Lope de V. possono essere considerati compiute espressioni d'arte. Mediatore tra la vena popolaresca di L. de Rueda e di J. de la Cueva da una parte e il Classicismo accademico del contemporaneo teatro spagnolo dall'altra, nelle sue opere migliori Lope de V. realizza un equilibrato amalgama tra elementi popolari ed eruditi, tra ricostruzione storica e invenzione, tra comico e drammatico, tra senso dell'epopea e soggettivismo lirico. Al raggiungimento di tale felice combinazione concorre anche il linguaggio che, pur inevitabilmente appesantito da influenze barocche, possiede caratteri di naturalezza e spontaneità molto lodati dalla critica. Il teatro di Lope de V. fu, dal punto di vista ideologico e politico, sostenitore di valori tradizionalmente ispanici, i quali vengono esaltati portando in scena i protagonisti della reconquista castigliana, miti ed episodi storico-leggendari dell'antica Spagna, ma anche le gesta eroiche dei deboli e dei subalterni. Oltre alla straordinaria facilità inventiva, la critica posteriore ha riconosciuto a Lope de V. un'importante funzione di riformatore del dramma cinquecentesco: le innovazioni sceniche da lui introdotte e teorizzate nel trattato in versi La nuova arte di far commedie (1609) avevano sconvolto i precetti aristotelici e la tradizione scenica precedente (tre atti invece dei tradizionali cinque, una messa in scena vincolata alla verosimiglianza piuttosto che l'osservanza incondizionata delle unità aristoteliche). Talvolta il gusto del poeta per l'azione e per l'intreccio (enredo) prende però il sopravvento sull'indagine psicologica dei personaggi. Le migliori commedie sono quelle desunte dalla tradizione spagnola, ambientate per lo più in villaggi nell'epoca medioevale: Fuenteovejuna (1612-14), Peribáñez e il commendatore di Ocaña (1613), Il villano nel suo cantuccio (1614-15), Il miglior giudice è il re (1620-23), Il cavaliere di Olmedo (1620-25). Tra le commedie di ambiente non spagnolo va ricordata Il castigo senza vendetta (1631), mentre tra quelle di argomento amoroso, sempre concluse con un lieto fine, spicca L'acciaio di Madrid (1608-12). Tra le commedie pastorali e mitologiche la più nota è Il marito più costante (1625), basata sul mito di Orfeo ed Euridice. La produzione di argomento religioso comprende sia commedie, come La nascita di Cristo (postumo, 1641), sia autos, tra cui L'adultera perdonata e La mietitura. Le sue Comedias furono pubblicate in 25 volumi (1603-47), di cui alcuni, dal IX al XX, curati dall'autore stesso. Non vi sono praticamente generi letterari in cui il poeta non si sia cimentato, spesso con altissimi esiti artistici. Oltre che per il teatro, infatti, Lope de. V. scrisse i romanzi pastorali L'Arcadia (1589) e i Pastori di Betlemme (1612) e alcune opere in prosa, tra le quali La Dorotea (1632), scoperta autobiografia del suo amore con Elena Osorio. Straordinariamente versatile, Lope de V. compose anche vari poemi, a imitazione di Ariosto e di Tasso ma con temi e formule originali, come il poema eroico La Dragontea (1598) che narra le avventure del corsaro inglese Drake, il poema cavalleresco La bellezza di Angelica (1602) sugli amori di Angelica e Medoro, il poema epico La Gerusalemme conquistata (1609), il poema burlesco La gattomachia. Considerato uno dei maggiori poeti del suo tempo insieme a Góngora e F.G. Quevedo, espresse nei componimenti lirici e nei sonetti (Rime, 1604; Rime sacre, 1614) i suoi sentimenti amorosi e religiosi in modo sincero e appassionato. Figura centrale del secolo d'oro spagnolo e prototipo di un'epoca e di un gusto, Lope de V. condizionò il modo di scrivere per il teatro almeno fino all'avvento di un'altra personalità d'eccezione come Calderón de la Barca, massimo rappresentante della fase più compiuta del Barocco teatrale (Madrid 1562-1635).