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Zoan Andrea Vavassore.

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La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

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Vavassore, Zoan Andrea.

Incisore, stampatore e cartografo italiano. Non si hanno notizie certe sulla sua figura e sulla sua identità; alcuni studiosi, infatti, sostengono l'esistenza di uno o addirittura due omonimi che si sarebbero dedicati alla sua stessa attività di stampatore. A V. sono comunque attribuibili diverse opere, fra le quali: l'Opera nova contemplativa (1510 circa), l'Apocalypsis Iesu Christi (1516) e la Vita del glorioso apostolo Zoanni (1522). Della sua attività di cartografo vanno ricordate le carte della Francia, della Germania e di Venezia. La sua ultima opera nota risale al 1572 (Venezia XVI sec.).

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Giovanni Andrea Vavassore e la sua Opera Nova Contemplativa

Opera Nova Universali intitulata Corona di racammi

Giovanni Andrea Vavassore

Biblia Pauperum Opera nova contemplativa

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Stampatore.

Operaio incaricato dei lavori di stampa o di stampaggio. ║ Tipografo ed editore di opere a stampa, con particolare riferimento ai primi secoli della stampa tipografica.

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Figura.

Forma, aspetto esteriore di una cosa. ║ Aspetto del corpo umano. ║ Immagine umana od animale, dipinta o scolpita. ║ Personaggio storico o di un'opera letteraria. ║ Illustrazione. ║ Carta da gioco contraddistinta da una f. ║ Nel gioco degli scacchi: nome generico dei pezzi, esclusi i pedoni. ║ Nella danza: atteggiamento ottenuto mediante la combinazione di determinati movimenti compiuti dai ballerini. ║ Nel linguaggio giuridico: specie, tipo: f. di reato. ║ Rappresentazione simbolica: simbolo. ║ F. retorica: modo di esprimersi che, mirando a raggiungere particolari effetti stilistici, si discosta dal normale uso linguistico o dalle regole grammaticali e sintattiche. ● Mat. - Due f. si dicono simili, quando i segmenti congiungenti coppie di punti corrispondenti hanno rapporto costante; direttamente uguali, se vi è un movimento che porta l'una a sovrapporsi all'altra: inversamente uguali, se vi è un movimento che porta l'una a sovrapporsi alla simmetrica dell'altra. Una f. si dice simmetrica rispetto ad un punto, ad una retta o ad un piano, se il segmento che unisce due punti della f. è tale che il suo punto medio coincide rispettivamente con il punto dato, con il piede della perpendicolare mandata dal segmento alla retta o con il piede della perpendicolare, abbassata dal segmento sul piano dato. Date due f., esse si dicono simmetriche l'una dell'altra rispetto ad un punto, ad una retta o ad un piano, quando l'insieme delle due figure è simmetrico rispetto al punto, alla retta od al piano. ● Geom. - Insieme di punti, linee e superfici, delimitanti uno spazio. ● Mus. - Simbolo grafico del valore di durata e di altezza della nota. ● Filos. - Disposizione dei termini del sillogismo.

Identità.

(dal latino tardo identitas). L'essere identico a qualcuno o a qualche cosa; perfetta somiglianza; rapporto di uguaglianza tra due persone o cose. ║ Per estens. - Immedesimazione. ║ Fig. - Accordo intimo. • Filos. - Principio razionale il quale afferma che ogni concetto è identico a se stesso, secondo la formula A è A, ossia che un concetto deve avere soltanto le note che gli sono proprie. Secondo Leibniz, due cose indiscernibili, cioè perfettamente identiche, non possono darsi, sarebbero una cosa sola; ma Kant obietta che due gocce d'acqua identiche in due luoghi diversi non sono una cosa sola; perciò bisogna distinguere l'i. logico-metafisica di cui parla Leibniz, dall'i. reale degli oggetti nello spazio di cui parla Kant, l'i. pensata dall'i. percepita. ║ Filosofia dell'i.: dottrina che, come quella di F. Schelling, è fondata sull'i. originale del reale e dell'ideale, della natura e dello spirito, dell'inconscio e del conscio. • Mat. - Nell'algebra, uguaglianza fra numeri (o lettere che li rappresentano) in cui due membri abbiano la stessa forma o la possano acquisire con opportune trasformazioni elaborate nell'uno, nell'altro o in entrambi i membri. Si ha i. in un'equazione quando i due membri divengono eguali soltanto per determinati valori attribuiti all'incognita. • Psicol. - Nel linguaggio psicoanalitico il termine indica il senso del proprio essere, come entità distinguibile da tutte le altre, ossia consapevolezza di sé. L'acquisizione di tale senso di i. fa parte dello sviluppo dell'Io. La perdita del senso d'i. si avverte soprattutto nei deliri schizofrenici. Di massima importanza è il ruolo svolto dal processo di identificazione nell'accrescere o nel diminuire il senso d'i. dell'individuo. • Dir. - Carta d'i.: documento di identificazione ai fini di polizia. Chi la richiede è tenuto soltanto a dimostrare la propria i. personale. Essa contiene la fotografia, a mezzo busto, del titolare, il numero progressivo, il timbro a secco, la firma, l'indicazione delle generalità e dei connotati e i contrassegni salienti. Viene rilasciata dai Comuni su esemplari forniti dall'Istituto poligrafico dello Stato. Nei casi in cui la legge consente che l'i. personale possa essere dimostrata con titolo equipollente alla carta di i., è considerato valido ogni documento munito di fotografia e rilasciato da un'amministrazione dello Stato, come ad esempio i libretti ferroviari, le tessere di riconoscimento degli ufficiali, le patenti per la guida di autovetture, le tessere di riconoscimento postali, i libretti di porto d'armi e i passaporti per l'Estero. La carta d'i. o i titoli equipollenti devono essere esibiti a ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di Pubblica Sicurezza. • Med. - I. biologica: compatibilità esistente tra il tessuto del donatore e quello del ricevente nel caso di trapianti di tessuti o nelle trasfusioni di sangue. Mentre per trasfusioni di sangue è stato possibile distinguere quattro gruppi sanguigni ben distinti che consentono di sfruttare l'i. biologica, per gli altri tessuti non è ancora stato possibile stabilire il grado di compatibilità. La riuscita di un trapianto dipende, innanzi tutto, dal fatto che le proteine che costituiscono i tessuti del donatore siano identiche a quelle del ricevente: tale i. biologica si verifica, però, solo nel caso di due gemelli monozigoti. Una discreta i. biologica si ha tra genitori e figli, ma essa diminuisce con il grado di parentela.

Studioso.

Persona che studia, che si dedica agli studi. ║ Chi studia con diligenza e buona volontà.

Esistenza.

Qualità e fatto dell'esistere. Nel suo significato generico e. è sinonimo di vita. Come termine filosofico indica, in generale, lo stato di ogni realtà in quanto tale; in senso specifico, lo stato della realtà che può essere oggetto di un'esperienza sensibile. Con questo significato, si contrappone a essenza che è realtà puramente concettuale, ideale. Il problema dell'e. e del suo rapporto con l'essere ha costituito materia di indagine sin dagli albori della filosofia, dato che i problemi dell'e., quale riflessione critica sulla condizione umana, costituiscono i problemi-base della filosofia. Così, da Platone ad Aristotele, da San Paolo a Sant'Agostino da Anselmo D'Aosta a Pascal, da Spinoza a Kant, sino alla recente filosofia dell'e. o Esistenzialismo, l'e. ha costituito il tessuto dei problemi (gli "eterni problemi") che riguardano l'uomo in quanto "ente" in cui tutti i problemi sono presenti. Il problema dell'e. umana si lega strettamente a quella dell'e. di Dio che ha portato all'elaborazione di diverse prove. Una prova ontologica (Agostino, Anselmo d'Aosta, Descartes), secondo cui l'essere pensabile col massimo di perfezioni deve esistere; una prova cosmologica (Tommaso d'Aquino), per cui ciò che è contingente e condizionato postula un essere necessario e incondizionato; una prova morale (sostenuta da vari pensatori moderni) secondo cui nella coscienza che rimorde si riconosce la voce di Dio. La dimostrazione dell'e. di Dio costituisce la parte essenziale della speculazione di Anselmo d'Aosta (1033-1109) che fu arcivescovo di Canterbury. Partendo dal presupposto della disuguaglianza nel grado di perfezione delle cose e posto che tale perfezione deriva dal grado di partecipazione a ciò che rappresenta la perfezione in assoluto, Anselmo svolge tre prove dell'e. di Dio. La prova più stringente è, per Anselmo, quella ontologica: per negare Dio, bisogna avere il concetto di Dio, ossia di un essere di cui non è possibile pensare niente che lo sovrasti. Pertanto, chi afferma che "Dio non esiste" si contraddice. I presupposti di questo argomento sono la nozione di Dio data dalla fede; il principio che esistere nel pensiero significa esistere anche nella realtà, per cui l'e. della nozione di Dio nel pensiero richiede logicamente che se ne affermi anche l'e. reale. Stabilita l'e. di Dio, se ne possono indicare gli attributi di cui il principale è quello di essere la pienezza della realtà, ossia l'essenza. Dio è ciò la cui natura propria è di esistere, le altre cose derivano da Dio la loro e. Mentre l'essenza divina coincide con l'e., l'essenza degli esseri finiti non implica necessariamente l'e. che verrà loro conferita da Dio, mediante la creazione. Dio non è la materia di cui è fatto l'universo, ma la causa produttiva di esso. L'argomento ontologico, basato sul principio che ciò che esiste nel pensiero esiste anche nella realtà, fu ripreso da San Bonaventura, Leibniz, Hegel; esso fu invece respinto da Tommaso d'Aquino, che pone una precisa distinzione tra essenza ed e.; l'e. di Dio è resa possibile solo partendo dagli effetti sensibili, ossia attraverso prove a posteriori. Tommaso segue cinque vie che hanno come fondamento comune quello secondo cui gli esseri, considerati sotto l'uno o l'altro dei loro aspetti, non hanno in se stessi la ragione sufficiente della loro e.: ognuno di tali esseri esiste, ma nessuno di essi coincide con la stessa e. Pertanto, la ragione riconosce come "necessaria" l'e. di Dio, anche se essa non è in grado di elaborare delle dimostrazioni sui problemi riguardanti la trinità, l'incarnazione, l'inizio del tempo della creazione; anche Alberto Magno segue spunti aristotelici e nella dottrina della dimostrazione dell'e. di Dio si basa su prove a posteriori. Secondo G. Duns Scoto, di poco posteriore a Tommaso d'Aquino, non si può separare Dio dal mondo, senza impedirsi la comprensione sia di Dio che del mondo. La dimostrazione a posteriori dell'e. di Dio è possibile, anche se non tutti gli attributi di Dio si possono dimostrare e, del resto, il vero fondamento dell'essenza divina è la volontà di chi crede. G. d'Ockham, opponendosi alla metafisica aristotelica e al razionalismo logicistico delle sue derivazioni scolastiche, si distacca da Tommaso d'Aquino e da Duns Scoto. Egli nega l'e. di una realtà universale, dato che realtà significa essenzialmente individualità, e afferma che dell'e. di una cosa si può parlare solo con riferimento alla conoscenza intuitiva di essa. Le stesse prove dell'e. di Dio non hanno per Ockham valore dimostrativo, e perciò l'adesione alla fede non è fondata sulla conoscenza. Nella filosofia moderna il problema dell'e. si pone al centro del pensiero di Schelling, sia come e. di Dio che come e. delle cose finite. Essenzialmente teologico, il problema dell'e. di Dio ha continuato a costituire oggetto di ricerca da parte delle correnti spiritualistiche, mentre gli altri indirizzi si sono decisamente orientati verso la costruzione di un rinnovamento essenzialmente umanistico. Secondo L. Lavelle, rappresentante della corrente filosofica francese nota come filosofia dello spirito, l'e. (che è da Dio) è ricerca attiva dell'essenza (che è in Dio), è "possibilità dell'essenza". Il merito di aver capovolto la teologia in antropologia va particolarmente ad A. Comte, L. Feurbach, F. Nietzsche che, in modo diverso, criticarono l'uomo astratto della filosofia tradizionale ed esaltarono l'uomo concreto che si sostituisce a Dio. L'esistenzialismo, in quanto filosofia dell'e., dissolve ogni astratto razionalismo che tenda a ridurre la realtà a concetto, rivaluta la singolarità dell'esperienza umana e insiste sull'e. dell'uomo, intesa come e. singola di ognuno. Pertanto, la filosofia dell'e. si propone come una filosofia dell'uomo nella sua storicità e finitezza, in contrapposizione alla filosofia dell'assoluto che annulla la distinzione tra l'umano e il divino. Tale distinzione è netta anche nell'esistenzialismo religioso, in particolare in quello di S. Kierkegaard.

Omonimìa.

Stato di due persone che, anche senza avere rapporto di parentela, hanno lo stesso nome.

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