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Vasari, Giòrgio.

Pittore, architetto e scrittore d'arte italiano. Dopo essere stato a bottega ad Arezzo, sua città natale, presso G. de Pierre de Marcillat, si trasferì a Firenze, dove si esercitò con Andrea del Sarto e B. Bandinelli, ebbe occasione di conoscere Michelangelo ed entrò nell'ambiente della corte medicea. Cacciati i Medici da Firenze nel 1527, V. fece ritorno ad Arezzo, dove, oltre a conoscere Rosso Fiorentino, collaborò con F. Salviati e V. Ghiberti. Nel 1531 si recò a Roma con il cardinale Ippolito de' Medici; questo soggiorno romano, unitamente a quello del 1538, lasciò tracce notevoli nel suo percorso formativo. Tra il 1532 e il 1536 V. fu a Firenze. Al suo interesse per la pittura si andava intanto accostando quello per l'architettura. Nella prima fase dell'esperienza artistica di V. si collocano il basamento dell'organo del duomo di Arezzo (1535-37), diversi dipinti per le chiese della sua città, tra cui la Deposizione di Cristo, presso la SS. Annunziata, gli interventi per la decorazione dell'abbazia di Camaldoli (Madonna col Bambino e santi, 1537) e del refettorio di San Michele in Bosco a Bologna (1539-40), l'Allegoria della Concezione per la chiesa dei Santi Apostoli a Firenze (1541). In alcune di queste realizzazioni si colgono caratteri che rimandano al Parmigianino e a F. Salviati. Nel 1541, invitato da Pietro Aretino, si recò a Venezia; in seguito a questo viaggio ebbe modo di confrontarsi non solo con i dipinti di Tiziano e di altri pittori veneziani, ma anche con gli affreschi di Giulio Romano a Mantova e con quelli del Correggio a Parma. V. si mantenne comunque fedele ai modi del Manierismo toscano e romano. Dal 1542 lavorò alla ristrutturazione della sua casa aretina, per la quale realizzò degli affreschi. Negli anni 1544-45 fu attivo a Napoli, presso il monastero degli Olivetani. Nel 1546 lavorò alla decorazione della sala della Cancelleria, a Roma, per il cardinale A. Farnese, sotto la cui protezione visse fino al 1553; in questo lungo soggiorno romano V. frequentò assiduamente Michelangelo, che lo spinse a occuparsi maggiormente di architettura ed esercitò su di lui un notevole influsso, di cui si colgono gli effetti nel progetto per villa Giulia (1550-52) e nella cappella Del Monte in San Pietro Montorio a Roma (in cui si uniscono architettura, pittura e scultura). Nel 1554 fu richiamato a Firenze da Cosimo I, che gli affidò diverse commissioni; in questi anni V. si ritagliò un ruolo di primo piano nella vita artistica cittadina: a questo periodo risalgono la decorazione pittorica di palazzo Vecchio (eseguita insieme a dei collaboratori) e la costruzione del palazzo degli Uffizi, iniziata nel 1560, di cui risalta particolarmente la simmetria. L'artista aretino, che ricevette diversi incarichi dai privati, si occupò anche del rimodernamento di alcune chiese medioevali toscane, tra cui quelle fiorentine di Santa Maria Novella (1565-67) e Santa Croce (1566-68). Negli ultimi anni della sua vita V. realizzò, tra le altre cose, il progetto delle logge di Piazza Grande, situata ad Arezzo (1570-72) e gli affreschi per le tre cappelle Pie e per la Sala Regia in Vaticano (1571-73). L'artista non fece in tempo, invece, a portare a termine la decorazione della cupola del duomo di Firenze, di cui, rimasero, tuttavia, i disegni. I maggiori consensi degli studiosi si rivolgono all'attività di V. nell'ambito dell'architettura: si elogiano particolarmente i suoi effetti scenografici inseriti in strutture fedeli ai modi rinascimentali; come pittore l'aretino è considerato, invece, un esponente non particolarmente rilevante del Manierismo cinquecentesco. Di V. va ricordato anche l'impegno nella fondazione dell'Accademia delle Arti del Disegno (1536). Per quanto riguarda la sua opera di scrittore, il contributo più significativo è rappresentato dalle Vite dei più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri, scritto che apparve per la prima volta a Venezia nel 1550; una seconda edizione, aggiornata agli ultimi tempi e con un titolo leggermente diverso, uscì nel 1568. Le Vite occupano un posto di primo piano nella nostra storiografia d'arte; rimanendo nel solco delle concezioni estetiche proprie dell'epoca, propongono una concezione evolutiva dell'arte, incentrata sul concetto di “rinascita”, segnata da tre successivi momenti (abbandono del Medioevo, ingresso nell'età moderna attraverso il recupero dell'antico, raggiungimento della piena maturità, che si esprime in Michelangelo). La qualità più apprezzabile dell'opera, al di là delle molte notizie fornite e delle idee dell'autore, consiste nel suo carattere di ricostruzione unitaria (Arezzo 1511 - Firenze 1574).