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Vaiolo.

Patol. - Malattia infettiva acuta e contagiosa dell'uomo causata dal virus del v., altrimenti noto come variola major virus, appartenente alla famiglia dei Poxvirus. Il virus, filtrabile e di forma tondeggiante o ovale, è dotato di una resistenza che lo rende capace di sopravvivere allo stato secco per mesi a temperatura ambiente e per anni a bassa temperatura. Esso penetra nell'organismo attraverso le mucose delle alte vie respiratorie o attraverso la cute e si diffonde nel tessuto linfatico e poi nel sangue. Dopo un periodo di incubazione di 7-17 giorni e un rapido processo di proliferazione nelle linfoghiandole e nel tessuto sanguigno, il virus si localizza nella cute e nelle mucose, causando lesioni esantematiche che evolvono successivamente in macule, papule, vescicole e pustole le quali, cadendo, lasciano cicatrici crateriformi. La forma tipica del v. (v. vero o discreto) si evolve in tre fasi: preeruttiva, esantematica e, nei casi in cui la malattia ha decorso positivo, involutiva. La fase preeruttiva, in cui il virus si moltiplica per poi raggiungere la cute attraverso il circolo sanguigno, è accompagnata da brividi, sete intensa, febbre elevata e dolori alla colonna vertebrale soprattutto nella fascia lombare, a cui spesso si aggiungono rigidità della nuca, nausea, vomito, cefalea, e talvolta delirio o, nei bambini, convulsioni. Durante questa prima fase, della durata di pochi giorni, possono verificarsi eruzioni cutanee di breve durata simili a quelle del morbillo o della scarlattina. La fase esantematica, preceduta da un'apparente regressione della sintomatologia e dalla scomparsa della febbre, ha inizio con la comparsa di macule pruriginose rosso pallido, lievemente rilevate, che Ssi manifestano prima sulla fronte, la faccia e la testa e poi sul tronco e sugli arti. Come anticipato, le macule vanno incontro a un processo degenerativo a causa del quale si trasformano in papule e, in pochi giorni, in vescicole, ombelicate al centro; queste dopo due giorni diventano pustole, mentre lo stato generale dell'organismo si riaggrava e ricompare la febbre alta. Dopo 12 giorni ha inizio la fase involutiva, durante la quale le pustole necrotizzano, lasciando cicatrici permanenti. Le forme alternative a quella tipica comprendono il v. emorragico, caratterizzato da emorragie nel periodo esantematico, il v. confluente, in cui le pustole sono talmente diffuse da fondersi formando vaste aree purulente, e la porpora vaiolosa, talmente grave da essere letale nel 100% dei casi già nella fase preeruttiva. Esiste inoltre una forma di v. minore, detta alastrim, provocata dal variola minor virus della stessa famiglia. Per tutte le forme il contagio avviene per inalazione delle goccioline infette o per contatto diretto con persone infette. Le complicazioni più frequenti delle forme più severe sono: broncopolmonite, miocardite, ulcerazioni della faringe, ascessi e oftalmie. La letalità della malattia va dal 10-20% nella forma tipica, al 30-50% nel v. confluente, al 100% nella porpora vaiolosa. Un trattamento terapeutico specifico non esiste; l'unica arma per difendersi dal virus è stata fino all'inizio degli anni Ottanta del XX sec. la vaccinazione antivaiolosa, obbligatoria entro il secondo anno di età e consistente nella somministrazione percutanea del virus vaccino nel braccio con il metodo delle punture multiple o per iniezione sotto pressione, e nel richiamo in età scolare. Importata dall'Asia nei Paesi occidentali intorno al VI sec. dai Saraceni, questa malattia endemica ha mietuto un elevatissimo numero di vittime fino al XVIII sec., quando E. Jenner introdusse la pratica della vaccinazione. Proprio grazie alla diffusa e capillare campagna vaccinale in tutti i Paesi (compresi quelli del Terzo e Quarto Mondo), nel XX sec. si è assistito a una forte regressione della malattia, che è stata dichiarata eradicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità l'8 maggio 1980 (l'ultimo caso di v. è stato registrato a Merka, in Somalia, nel 1977). In seguito a tale dichiarazione e alla distruzione totale del virus nei laboratori ove venivano preparati i vaccini, nei Paesi industrializzati la vaccinazione è diventata facoltativa. • Veter. - Il v. può colpire anche diversi animali da cortile nei quali, a seconda della specie, provoca infezioni severe o lievi. ║ V. bovino o vaccino (cow-pox): forma vaiolosa, simile a quella umana, causata dal virus del v. bovino e trasmissibile al cavallo e all'uomo (nel quale è meno patogeno del virus del v. umano). Esso riveste particolare importanza in quanto le pustole infette sono state utilizzate alla fine del XIX sec. per la preparazione del primo vaccino contro la forma umana, da cui deriva il termine vaccino, attribuito a tutte le sostanze capaci di indurre uno stato di immunità attiva. ║ V. equino (horse-pox): forma benigna, raramente preceduta da una sintomatologia generale, che si manifesta con un'eruzione pustolosa a carico della mucosa orale e genitale risolvendosi positivamente in otto-dieci giorni. ║ V. ovino o schiavina: caratterizzato da un'eruzione papulo-vescicolosa, può essere sistemico o localizzato alle labbra e alle mammelle. La guarigione è spontanea, ma possono anche insorgere complicazioni. ║ V. suino: forma abbastanza severa, a evoluzione non sempre positiva, che colpisce preferibilmente i piccoli di uno-due mesi. Si manifesta con un'eruzione pustolosa generalmente localizzata sulla parete addominale e sulla faccia interna delle cosce, per diffondersi successivamente su tutta la superficie del corpo. ║ V. aviario: insieme di forme per lo più gravi che colpiscono diversi uccelli (piccione, pollo, tacchino, canarino, ecc.) manifestandosi con eruzioni nodulari cutanee localizzate. • Bot. - Termine con il quale vengono indicate svariate malattie crittogamiche delle piante, caratterizzate dalla comparsa, in corrispondenza degli organi colpiti, di macchie tondeggianti colorate; è detto anche vaiolatura.