Poeta e drammaturgo ungherese.
Formatosi culturalmente in ambito romantico, divenne membro del gruppo
progressista Aurora e direttore della rivista "Collezione
scientifica", assurgendo ben presto al ruolo di personaggio di punta della
contemporanea letteratura magiara. Durante la Rivoluzione del 1848-49 venne
eletto deputato; costretto alla fuga dopo la sconfitta, venne graziato, ma dopo
il ritorno a Pest (1850) si ritirò a vita privata, finendo i suoi giorni
in povertà. Le sue opere più importanti possono essere
classificate nei tre grandi generi della poesia narrativa, della drammaturgia e
della lirica. Per quanto riguarda il primo filone,
V. ottenne un successo
significativo con l'epopea in esametri
La fuga di Zalán (1825),
nella quale vengono riproposte le gesta dell'eroe nazionale Árpád,
cui seguirono
Eger (1827),
Rovina (1830) e
Due castelli
vicini (1832). La produzione drammatica di
V., legata anch'essa a una
forte ispirazione di tipo romantico, trova la sua massima espressione in
Csongor e Tünde (1831), opera nella quale convivono originale
spirito magiaro e spunti tematici derivati direttamente da Shakespeare. Altre
opere degne di nota sono
Salamon (1832),
I ricercatori di tesori
(1833),
Nozze sanguinose (1833) e
Il bano Marót (1838). Tra
le liriche, che contribuirono a modificare il linguaggio poetico tradizionale
ungherese, divenendo al contempo occasione di rivendicazione
nazional-patriottica, ricordiamo:
Appello (1836), poi musicato nell'inno
nazionale ungherese;
Il vecchio zingaro (1854), considerato il suo
testamento spirituale, nel quale lo scrittore denuncia le aspirazioni deluse
dalla fallimentare esperienza rivoluzionaria (Pusztanyék 1800 - Pest
1855).