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Vòltmetro.

In elettrologia, strumento utilizzato per misurare la differenza di potenziale o tensione elettrica fra due punti di un circuito elettrico. Può essere di tipo analogico o digitale. Insieme ad apparecchiature potenziometriche particolari, il v. può essere utilizzato per misurare tensioni costanti, con errori relativi dell'ordine di 10-8, per confronto con campioni primari; nel caso di tensioni variabili nel tempo, invece, non esistono campioni di precisione, ed è necessario ricorrere ad opportuni strumenti di trasferimento. Per effettuare misurazioni di tensioni costanti o alternate di tipo industriale, si rileva la corrente circolante in un circuito derivato di resistenza nota (v. amperometrico): un v. di questo tipo, pertanto, è costituito da un amperometro con un'opportuna resistenza in serie, e di conseguenza può essere classificato in base ai vari tipi di amperometri esistenti (a bobina mobile, elettrodinamici, a termocoppia, ecc.). Poiché, per non perturbare il circuito in esame, è necessario che la corrente assorbita dal v. sia la più piccola possibile, bisogna ricorrere ad amperometri molto sensibili (milliamperometri o microamperometri); l'attitudine di un amperometro ad essere impiegato in un circuito di un v. viene misurata dalla cosiddetta costante voltmetrica dello strumento, pari all'inverso della corrente che porta lo strumento a fondo scala. Nei v. utilizzati per misurare tensioni alternate, inoltre, è necessario che i resistori impiegati negli amperometri siano antiinduttivi, per evitare gli effetti della reattanza, variabile con la frequenza. I valori delle tensioni forniti dai v. amperometrici sono soggetti all'errore proprio dello strumento e all'errore dovuto al consumo dello strumento stesso: quest'ultimo può essere escluso impiegando i cosiddetti v. elettrostatici, che presentano il vantaggio di fornire, inoltre, valori indipendenti dalla frequenza. Anche i v. elettronici presentano un assorbimento molto ridotto, unitamente ad un'elevata costante voltmetrica; possono essere ulteriormente suddivisi in analogici e digitali. I v. elettronici analogici sono costituiti, di norma, da un amplificatore elettronico che fornisce ad uno strumento di uscita una corrente proporzionale al segnale da misurare; se si impiega un amplificatore con banda di frequenza molto ristretta, lo strumento diventa selettivo, e indica solo il valore delle componenti del segnale di frequenza pari a quella dello strumento. Variando opportunamente la frequenza per la quale il v. è selettivo, è possibile effettuare l'analisi armonica di un'onda deformata. I v. elettronici digitali, invece, sono basati sulla conversione della tensione continua da misurare in una frequenza o in un intervallo di tempo, misurati mediante circuiti di conteggio o indicatori; il metodo più semplice è quello detto a rampa lineare, cui corrisponde il v. numerico a rampa, che si basa sul tempo impiegato da una tensione, che cresce linearmente con coefficiente noto, per passare da zero al valore incognito da misurare. Nel caso di tensioni alternate, è necessario ricorrere ad un circuito rettificatore. Strumenti di precisione maggiore sono rappresentati dai v. integratori, nei quali un amplificatore operazionale trasforma la tensione in ingresso in una uscita linearmente crescente nel tempo; quando questa raggiunge il valore di riferimento, un comparatore fornisce un impulso che riporta l'uscita nuovamente a zero. Questo tipo di strumento può essere utilizzato per frequenza da 0 Hz fino al GHz, e con portate tipiche da 1 V a 1 kV. ║ V. a cresta: v. utilizzato per misurare il valore massimo, o di cresta, di una tensione periodica nel tempo, con frequenza fino a centinaia di MHz.