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Vèio.

Antica città etrusca. Situata su un'altura nei pressi dell'odierna Isola Farnese, il suo dominio si estendeva su un'area compresa tra il Tevere e le città di Roma e di Fidene. Alleata di quest'ultima, entrò in guerra con Roma sin dall'età regia; il conflitto, con varie pause e alterne fortune, si protrasse nel corso dei secoli, terminando, infine, nel 396 a.C. con la conquista romana di V. per opera di M. Furio Camillo. Dopo che Cesare vi aveva dedotto una colonia, in età imperiale V. assurse a municipio e godette di un periodo di grande splendore. Seguì una fase di declino, che nel V sec. condusse al definitivo abbandono della città. • Archeol. - I più antichi reperti archeologici di V. sono rappresentati dalle necropoli villanoviane (a incinerazione e a inumazione); del VII sec. a.C. sono, invece, le tombe a camera, tra cui spiccano quella delle Anatre e quella detta Campana. Sempre nell'ambito dell'edilizia funeraria di rilievo è anche il tumulo di Monte Aguzzo a Formello, ove furono rinvenuti l'olpe Chigi e l'anfora con l'alfabeto di Formello (V. FORMELLO, ALFABETO DI). Dell'abitato etrusco (VIII-VI sec. a.C.) ci sono pervenuti, invece, resti di case e di capanne, nonché pezzi della cinta muraria e avanzi di santuari. Tra questi ultimi, merita di essere segnalato il santuario dedicato al culto oracolare di Minerva, rinvenuto in località Portonaccio, nella stessa area da cui proviene il gruppo fittile acroteriale attribuito alla scuola di Vulca e comprendente il celebre Apollo di V. Di età più tarda (IV-III sec. a.C.) sono, invece, i santuari ritrovati a Campetti e a Porta Caere. Numerosi sono, poi, i resti della città romana: fabbricati con pavimenti a mosaico, bagni, fontane, tratti di vie lastricate e due statue del II sec., una raffigurante un Priapo, l'altra (acefala) un eroe, rinvenute pressoché intatte alla fine del XVII sec.