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Rykov, Aleksej Ivanovic.

Rivoluzionario e uomo politico sovietico. Pur appartenendo a una famiglia di contadini, poté studiare e iscriversi all'università. Si orientò presto verso i movimenti rivoluzionari antizaristi, divenendo uno dei più attivi esponenti del Partito socialdemocratico russo. Arrestato nel 1901, fu dapprima confinato nella città natale, poi (1902) espulso dalla Russia, dove rientrò più volte clandestinamente per svolgervi attività rivoluzionaria. Nel maggio 1905 partecipò a Londra al Congresso bolscevico e fu uno dei tre esponenti che entrarono a far parte del Comitato centrale del Partito socialdemocratico russo eletto al Congresso di Stoccolma nel 1905. Ritornato in Russia nel 1917, dopo la vittoria bolscevica fu eletto membro della presidenza del soviet di Mosca ed entrò successivamente a far parte del Comitato centrale del Partito e del Politbjuro, segnalandosi come uno dei leader più moderati, esponente del gruppo di “centro”. Commissario per gli Interni durante la guerra civile, diresse i servizi logistici dell'esercito. Ammalatosi Lenin, lo sostituì e dopo la sua morte gli succedette alla presidenza del Consiglio dei commissari del popolo. Nella lotta per la successione, si schierò con la tendenza di “destra” e, dopo la vittoria di Stalin, dovette far atto di sottomissione e nel 1930 dimettersi dalla presidenza del Consiglio, per assumere il modesto incarico di commissario delle poste. Nel 1937, le vecchie accuse di deviazionismo di destra furono riprese con maggiore intensità ed egli fu tra le vittime dell'epurazione che nel marzo 1938 portò al processo e alla condanna a morte di quasi tutti i “vecchi bolscevichi” superstiti (Saratov 1881 - Mosca 1938).