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Roždestvenskij, Zinovij Petrovič.

Ammiraglio russo. Specializzatosi in artiglieria navale, prese parte attiva alla guerra russo-turca del 1877-78; ricoprì poi alti comandi in mare e al ministero della Marina e nel 1903 venne nominato capo di Stato Maggiore. Era comandante della flotta del Baltico quando, scoppiata la guerra col Giappone (1904), ricevette l'ordine di trasferirsi con le sue navi nell'Estremo Oriente, per tentare la liberazione dell'assediata Port Arthur. La navigazione, iniziata a metà ottobre dal porto di Libava (od. Liepaja), fu lunghissima poiché la rotta seguita prevedeva di costeggiare l'Africa occidentale, superare il capo di Buona Speranza, solcare l'Oceano Indiano e il Mar Cinese meridionale. Una divisione di navi leggere al comando del barone Fölkersam venne inviata in avanscoperta, attraverso il canale di Suez e i due gruppi si riunirono solo nel gennaio 1905, quando Port Arthur era ormai caduta. L'armata russa giunse a Singapore ai primi di aprile e a metà maggio vi si unì la flotta del Pacifico, comandata dall'ammiraglio Nebogatov. Venne allora finalmente ripresa la rotta, con una cinquantina di navi molte delle quali pressoché inservibili perché troppo vecchie o mal equipaggiate; vi erano a bordo, in tutto, 13.000 uomini circa. R. puntò verso Vladivostok per raggiungere la quale la notte tra il 26 e il 27 maggio tentò di forzare lo stretto di Tsushima. La manovra non riuscì per l'attenta vigilanza dell'ammiraglio giapponese Togo, che disponeva di una flotta nettamente superiore a quella russa per qualità e quantità di armamento ed equipaggiamento; R. fu dunque costretto ad accettare la battaglia in condizioni di inferiorità. Lo scontro si risolse con la netta vittoria dei Giapponesi, che disponevano di quattro corazzate e di otto incrociatori pesanti. Le navi della flotta russa vennero catturate, incendiate o affondate e R., la cui nave ammiraglia era stata tra le prime a esser messa fuori combattimento, venne trasbordato, gravemente ferito, in stato d'incoscienza, su una torpediniera e fatto poi prigioniero insieme agli ufficiali del suo Stato Maggiore. La battaglia di Tsushima, il cui esito disastroso obbligò la Russia ad accettare la mediazione del presidente americano Roosevelt per avviare trattative di pace col Giappone, costò agli sconfitti 4.500 morti e 5.900 prigionieri, mentre i vincitori, che non persero neanche una nave, ebbero 110 morti e 580 feriti. Al termine della guerra R. venne liberato e, non appena rimpatriato, subì la corte marziale in quanto ritenuto responsabile della disfatta. Fu assolto ma venne ugualmente esonerato dal servizio. Non pochi storici e romanzieri si ispirarono nei decenni seguenti all'epica impresa della navigazione Baltico-Tsushima, lunga oltre 20.000 miglia marine: tra gli altri R. Hough, autore del libro La flotta suicida, e F. Thiess, che scrisse Tsushima: il romanzo di una guerra navale (Pietroburgo 1848-1909).