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Rovani, Giuseppe.

Romanziere e letterato italiano. Partecipò in gioventù alle lotte risorgimentali: fu volontario a Venezia nel 1848 e fu quindi esiliato in Svizzera, dove frequentò C. Cattaneo e conobbe G. Mazzini e C. Pisacane. Tornato a Milano, intraprese la carriera giornalistica presso la “Gazzetta di Milano”, acquistando un notevole prestigio in ambito cittadino, che si accrebbe anche a causa del fascino che circondava la sua esistenza irregolare e dissipata, intorno alla quale fiorì addirittura una leggenda; tuttavia, egli trascorse gli ultimi anni tristemente, oppresso dai debiti e alcolizzato. R. fu considerato dagli scapigliati un genio e un vero e proprio maestro, ed è comunemente ritenuto l'iniziatore della Scapigliatura: di fatto però, egli fornì al movimento solo un mito biografico e qualche sperimentazione linguistica, mentre assai più rilevante è il contributo che egli offrì allo sviluppo della tradizione romanzesca in Italia. Infatti, già i romanzi storici pubblicati negli anni giovanili - Lamberto Malatesta (1843), Valenzia Candiano (1844), Manfredo Pallavicino (1845-46) - rivelano una vena polemica nei confronti del genere corrente, in quanto condannano il patetismo di maniera e sottolineano il carattere stereotipato dei personaggi e dei congegni narrativi tradizionali. Ma è con l'opera più impegnativa e più famosa, l'ampio romanzo ciclico Cento anni (1859-64), che R. rese esplicita la sua posizione nei confronti sia del romanzo come genere letterario, da lui considerato lo strumento ideale per rappresentare la complessità del mondo reale, sia della tradizione romanzesca precedente. Per tali motivi Cento anni, pur mancando di profondità di visione complessiva e pur costellato da squilibri nella struttura, appare interessante soprattutto come ipotesi di romanzo: in particolare, la scelta dell'argomento storico non è più, come in precedenza, il pretesto per un'evasione nel passato, ma risponde all'esigenza di chiarire il presente, ricostruendo tutte le complesse fasi del suo divenire. In tal modo l'opera, che si distingue anche per l'originalità dello stile, in cui si mescolano espressioni popolari e forme dotte, per l'ironia e per l'evocazione della gioventù come felice periodo di libertà individuale, aprì la via poi percorsa dal romanzo realistico europeo dell'Ottocento. Più legati alle consuetudini e al feuilleton appaiono per contro i due successivi romanzi, La Libia d'oro (1868) e La giovinezza di Giulio Cesare (1872); alla sua produzione critico-letteraria appartengono infine gli scritti raccolti in Storia delle lettere e delle arti in Italia (1855-58), poi accresciuti e ripubblicati con il titolo Le tre arti (1874, postumi) (Milano 1818-1874).