Romanziere e letterato italiano.
Partecipò in gioventù alle lotte risorgimentali: fu volontario a
Venezia nel 1848 e fu quindi esiliato in Svizzera, dove frequentò C.
Cattaneo e conobbe G. Mazzini e C. Pisacane. Tornato a Milano, intraprese la
carriera giornalistica presso la “Gazzetta di Milano”, acquistando
un notevole prestigio in ambito cittadino, che si accrebbe anche a causa del
fascino che circondava la sua esistenza irregolare e dissipata, intorno alla
quale fiorì addirittura una leggenda; tuttavia, egli trascorse gli ultimi
anni tristemente, oppresso dai debiti e alcolizzato.
R. fu considerato
dagli scapigliati un genio e un vero e proprio maestro, ed è comunemente
ritenuto l'iniziatore della Scapigliatura: di fatto però, egli
fornì al movimento solo un mito biografico e qualche sperimentazione
linguistica, mentre assai più rilevante è il contributo che egli
offrì allo sviluppo della tradizione romanzesca in Italia. Infatti,
già i romanzi storici pubblicati negli anni giovanili -
Lamberto
Malatesta (1843),
Valenzia Candiano (1844),
Manfredo
Pallavicino (1845-46) - rivelano una vena polemica nei confronti del genere
corrente, in quanto condannano il patetismo di maniera e sottolineano il
carattere stereotipato dei personaggi e dei congegni narrativi tradizionali. Ma
è con l'opera più impegnativa e più famosa, l'ampio romanzo
ciclico
Cento anni (1859-64), che
R. rese esplicita la sua
posizione nei confronti sia del romanzo come genere letterario, da lui
considerato lo strumento ideale per rappresentare la complessità del
mondo reale, sia della tradizione romanzesca precedente. Per tali motivi
Cento anni, pur mancando di profondità di visione complessiva e
pur costellato da squilibri nella struttura, appare interessante soprattutto
come ipotesi di romanzo: in particolare, la scelta dell'argomento storico non
è più, come in precedenza, il pretesto per un'evasione nel
passato, ma risponde all'esigenza di chiarire il presente, ricostruendo tutte le
complesse fasi del suo divenire. In tal modo l'opera, che si distingue anche per
l'originalità dello stile, in cui si mescolano espressioni popolari e
forme dotte, per l'ironia e per l'evocazione della gioventù come felice
periodo di libertà individuale, aprì la via poi percorsa dal
romanzo realistico europeo dell'Ottocento. Più legati alle consuetudini e
al
feuilleton appaiono per contro i due successivi romanzi,
La Libia
d'oro (1868) e
La giovinezza di Giulio Cesare (1872); alla sua
produzione critico-letteraria appartengono infine gli scritti raccolti in
Storia delle lettere e delle arti in Italia (1855-58), poi accresciuti e
ripubblicati con il titolo
Le tre arti (1874, postumi) (Milano
1818-1874).