Scrittore austriaco. Nato nella Galizia orientale
da una famiglia ebrea, studiò Filosofia e Germanistica presso
l'università di Vienna, dove conobbe K. Kraus. Durante la prima guerra
mondiale si arruolò in un corpo di volontari e fu preso prigioniero dai
Russi. Si trasferì quindi in Ungheria, dove iniziò la carriera di
giornalista e di scrittore, che lo portò a Vienna, Berlino e Francoforte.
Corrispondente per qualche tempo della “Frankfurter Zeitung”,
R. nel 1933, all'avvento del Nazismo, emigrò dalla Germania,
stabilendosi in Francia, dove morì consumato dall'alcolismo. La cospicua
produzione letteraria di
R. consta di 14 romanzi, un volume di novelle,
tre volumi di saggi e numerosi articoli. Dopo il suo romanzo d'esordio,
La
tela di ragno (1923) - pungente profilo di un filisteo tedesco avido di
potere - pubblicò
Hotel Savoy (1924), imperniato sul disfacimento
dei valori della società prebellica visto con lo sguardo deluso e
disincantato del reduce. Nel 1927 diede alle stampe la raccolta di saggi
Ebrei erranti, che per la sua tematica precipua (il nuovo esodo cui gli
Ebrei dell'Europa centrale furono costretti in seguito al crollo dell'Impero
austro-ungarico, con la conseguente dispersione definitiva di un antico
patrimonio religioso, tradizionale e culturale) costituisce la premessa teorica
del romanzo
Giobbe (1930). Vi si ritrovano infatti, in un'atmosfera
religiosa che riecheggia quella della omonima storia biblica, i temi
dell'emigrazione del popolo ebraico, della sua perdita d'identità in
seguito al contatto con la civiltà tecnologica e atea dell'Occidente, nel
quadro angosciante della fine della Monarchia asburgica. Quest'ultima tematica
è dominante nel successivo romanzo
La marcia di Radetzky (1932),
nel quale
R. indaga le cause storiche della nuova diaspora ebraica,
facendo risaltare il senso di fatalità, quasi di nemesi storica, che
grava sulle ultime vicissitudini della dinastia d'Asburgo. Alla constatazione
dell'irreparabile crollo del “mondo di ieri” sono dedicate anche due
opere del 1938,
La cripta dei Cappuccini e
La milleduesima notte,
nell'ultima delle quali la descrizione del periodo degli splendori della corte
viennese assume i contorni di una fiaba, sottratta per sempre al tempo storico.
Al soggiorno francese di
R. risale forse l'ideale ispirazione del romanzo
I cento giorni, mentre in
Tarabas sono descritti paesaggi e
personaggi ispirati ai ricordi del periodo trascorso in Russia. Infine, merita
di essere menzionata
La leggenda del santo bevitore (1939), breve e
patetico racconto che sembra prefigurare l'amara fine dell'autore (Schwabendorf,
Galizia 1894 - Parigi 1939).