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Rosa, Salvator.

Pittore e poeta italiano. Proveniente da una famiglia di pittori, apprese i primi rudimenti dell'arte dallo zio D. Greco, nel cui studio entrò a 17 anni, e approfondì la sua preparazione lavorando con il cognato F. Fracanzano, con J. de Ribeira e A. Falcone. Nel 1635 iniziò i suoi viaggi sempre più frequenti a Roma, dove, protetto dal cardinale F. Brancacci, si stabilì nel 1639. Dotato di un'innata vena satirica, si dedicò al teatro dell'arte, componendo versi estemporanei e recitandoli nelle vesti delle maschere Pascariello, Formica e Coviello Patacco. Il suo spirito pungente ed arguto lo costrinse a fuggire a Firenze nel 1640 dopo che alcuni nobili romani si ritennero offesi dalle sue satire; nella città toscana entrò in contatto con L. Lippi, A. Abati, G.B. Ricciardi e F. Baldovini, con i quali si inserì nella corte dei Medici. Ospite successivamente dei Maffei a Volterra, iniziò la composizione delle sue Satire. Nel 1649 ritornò a Roma, dove visse sino alla morte, spostandosi solo per qualche viaggio. Continuò a comporre versi e a dipingere, spesso contrastato dai detrattori in entrambe le attività; l'Inquisizione stessa sottopose a censura i suoi versi. Il suo linguaggio pittorico, sotto l'influenza di F. Fracanzano, recepì una luminosità di chiaro stampo caravaggesco; l'interesse per le macchiette e le battaglie gli fu trasmesso da A. Falcone e dai Bamboccianti, durante il suo soggiorno romano; anche i suoi studi sui paesaggi dal vero furono approfonditi a Roma dopo l'incontro con A. Tassi, mentre l'attrazione verso la pittura di genere gli venne dalle opere di M. Cerquozzi e di P. van Laer. Tra le sue opere del primo periodo, caratterizzate da fantasia compositiva, dinamismo, ricchezza cromatica, sono notevoli le battaglie (Battaglia, 1637, Londra, Collezione Mostyn-Owen) e i paesaggi (Paesaggio con banditi, Knole, Collezione Sackville). Nel 1639-40 R. subì, grazie all'incontro con C. Lorrain, N. Poussin e P. Testa, un'inversione di stile, avvicinandosi sempre più a un classicismo mitigato dal suo stile personale (Erminia e Tancredi, Marina, 1639-40, Modena, galleria Estense) e a un'espressività fatta di tonalità scure e contrastanti (Incredulità di San Tommaso, Viterbo, museo civico). Al periodo fiorentino risalgono ritratti allegorici (Lucrezia come Sibilla, Hartford, Wadsworth Atheneum), paesaggi dalla natura aspra e selvaggia (Il Ponte, Marina, Paesaggio con filosofi, Firenze, galleria Palatina) e, soprattutto, i famosi dipinti legati a soggetti magici dal colore cupo e dall'atmosfera inquietante (Streghe e incantesimi, 1646, Londra, National Gallery). Uno stile più maturo si rileva nella produzione del secondo periodo romano, caratterizzata da uno studio più accurato della figura, come nel Saul e nella Pitonessa (Parigi, Louvre) e nel San Paolo eremita (Milano, Accademia di Brera). Sempre in quel periodo R. si dedicò alla produzione di opere di contenuto morale e filosofico (Paesaggio con San Giovanni Battista e Battesimo al Giordano, Glasgow, Art Gallery; Humana Fragilitas, Cambridge, Fitzwilliam Museum; Pitagora e i pescatori, 1662, Berlino, Gemäldegalerie) e all'incisione. L'opera poetica di R. consiste principalmente in sette Satire, composizioni in terzine pubblicate postume (le prime sei nel 1696, l'ultima nel 1876), ma diffuse già quando era in vita: Musica, una sorta di condanna del fasto che circondava cantanti e musicisti; Poesia, contro gli eccessi tipici del secentismo; Pittura, sorta di ripudio della pittura in genere; Guerra, critica al malgoverno dei principi italiani e all'ingerenza francese e spagnola che prendeva spunto dalla congiura di Masaniello; Invidia, atto d'accusa nei confronti dei suoi detrattori; Babilonia, sui costumi corrotti della Roma dell'epoca; Tirreno, soliloquio del poeta sulla vanità del vivere. R. fu anche compositore musicale di cantate; le poche pervenuteci sono di gusto popolaresco (napoletane o siciliane), piacevoli, eleganti ed accurate (Arenella, Napoli 1615 - Roma 1673).