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Romanìa.

Stato (238.391 kmq; 21.673.000 ab.) dell'Europa centro-orientale. Confina a Nord e a Est con l'Ucraina e la Moldavia, a Ovest con l'Ungheria e lo Stato di Serbia, a Sud con la Bulgaria ed è bagnata a Est dal Mar Nero. Capitale: Bucarest. Città principali: Timişoara, Costanza, Craiova, Brăila, Cluj-Napoca. Ordinamento: Repubblica semipresidenziale; presidente della Repubblica e Parlamento (Camera dei deputati e Senato) sono eletti a suffragio universale diretto. Moneta: leu. Lingua: romeno. Religione: ortodossa; esistono minoranze cattoliche, protestanti, ebraiche e maomettane. Popolazione: romena (89%); vi sono anche consistenti minoranze di Ungheresi in Transilvania e al confine con l'Ungheria ed esigui gruppi di zingari, Tedeschi, Ucraini, Russi e Turchi.

GEOGRAFIA

Morfologia: il territorio della R. è attraversato dalle catene dei Carpazi occidentali (Monti Apuseni), orientali e meridionali (Alpi Transilvaniche, che raggiungono i 2.500 m di altitudine). A Ovest dei rilievi, lungo il confine con la Serbia e l'Ungheria, si allungano fasce pianeggianti solcate da numerosi fiumi (tra cui il Mureş e il Crişul), estrema sezione orientale del bassopiano pannonico e, più a Sud, la fertile pianura del Banato. A Sud, dopo una fascia collinare pedemontana, si estende la Valacchia, stepposa e arida, formata dai depositi del Danubio, mentre a Est i Carpazi digradano verso la Moldavia, estremo lembo del tavolato sarmatico, costituita da argilla e sabbia di origine cenozoica, oltre che da depositi alluvionali recenti, e fornita di una serie di rilievi secondari, fortemente incisi dall'erosione. A Sud-Est si estende la Dobrugia, zona pianeggiante digradante verso il Mar Nero, dove forma un litorale basso e lagunoso, con la parte settentrionale occupata dal delta del Danubio. Tra le zone collinari particolare importanza riveste la Transilvania, zona di sprofondamento tettonico nella quale si sono accumulati una serie di detriti marini e fluviali e che è solcata da numerosi corsi d'acqua. ║ Idrografia: tutti i principali fiumi provenienti dal versante esterno dell'arco carpatico (lo Jiu, l'Olt, il Vedea, l'Argeş, lo Jalomita, il Siret e il Prut) sono tributari di sinistra del Danubio, asse portante del sistema idrografico rumeno. Esso infatti, prima di gettarsi nel Mar Nero, percorre 1.075 km, sui 2.860 totali, in territorio rumeno. Altri fiumi importanti che arrivano al Danubio sono il Crişul e il Mureş. ║ Clima: temperato ma aperto alle influenze continentali della Russia, è caratterizzato da un'elevata escursione termica che si fa più moderata verso la zona costiera, esposta ai benefici influssi del mare. Durante l'inverno le temperature medie si aggirano intorno ai -3 °C nel mese più freddo, mentre in luglio oscillano tra 22 e 24 °C. Le precipitazioni non sono molto abbondanti, con una media di 640 mm annui. I mesi di maggior piovosità sono maggio e giugno.
Cartina della Romania


ECONOMIA

L'economia romena subì un notevole sviluppo nel XX sec., nel periodo compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni Settanta. L'attività economica fu fortemente condizionata dall'ordinamento politico: come negli altri Paesi socialisti basilari furono la nazionalizzazione di tutte le branche produttive, la collettivizzazione dell'agricoltura, successiva a un processo di confisca e frazionamento, e l'organizzazione unitaria delle attività gestita dal Governo tramite piani annuali e quinquennali con apertura verso tutti gli Stati industrializzati. Con la fine del regime di Ceausescu, nel 1989 prese avvio un processo di privatizzazione dei mezzi di produzione, seguito da un ricorso crescente a investimenti esteri. Il passato lasciò, tuttavia, alla R. gravi problemi insoluti di carattere prettamente economico: strutture tecnologiche obsolete, organizzazione del lavoro da modificare, crisi energetica e, soprattutto, forte indebitamento estero. Se per risanare la situazione energetica il Governo romeno prese posizione dall'inizio, attuando una politica tendente ad aumentare la produzione nazionale e a diminuire i consumi, i problemi in campo finanziario risultarono di più difficile soluzione. La crisi risultò fortemente accentuata dall'inflazione e dalla svalutazione monetaria, che costrinsero la R. ad accettare condizioni commerciali svantaggiose. Nei primi anni Ottanta fu inaugurata una rigida politica di austerità che obbligò la popolazione a gravi rinunce per favorire le esportazioni. Per quanto riguarda l'agricoltura, un fattore negativo è rappresentato dal clima. I prodotti più importanti sono rappresentati dai cereali (mais soprattutto, ma anche frumento, orzo, riso, segale e avena); sono diffuse anche le colture della patata, dei legumi, degli ortaggi (pomodori, cavoli, cipolle), della frutta (meli, peri, peschi e pruni, dal cui frutto si ricava la zuica, il liquore nazionale), della vite, della barbabietola da zucchero, delle piante oleaginose (girasole, soia, ricino, colza), del lino. Il 27% del territorio nazionale è coperto da foreste, con una netta prevalenza di faggi, il cui legname è utilizzato nell'edilizia e nell'artigianato artistico. È praticato l'allevamento ovino, bovino, suino e dei volatili da cortile; sono diffuse l'apicoltura, la bachicoltura e la pesca, in particolare nelle acque del Danubio e nelle lagune della Dobrugia. Il sottosuolo offre petrolio, presente soprattutto nella zona dei Carpazi meridionali, dell'Oltenia e della Moldavia, gas naturale, lignite, carbone, ferro, bauxite, argento, manganese, rame, oro, piombo. Notevole la presenza di salgemma. Gran parte del prodotto nazionale lordo è fornito dall'industria, vero motore dell'economia romena. I settori portanti sono quelli relativi alla siderurgia, alla metalmeccanica e alla chimica. L'industria meccanica, che riesce, con la sua produzione, a coprire il fabbisogno nazionale, si è specializzata in vari settori, fornendo prodotti di vario genere: trattori e macchine agricole, locomotive e carri ferroviari, attrezzature petrolifere, apparecchiature elettriche, autoveicoli e veicoli industriali, motori diesel, naviglio. Industrie di importanza minore sono quelle tessile, alimentare (molitoria, casearia, conserviera, olearia, dello zucchero, della birra), del legno (mobilifici, stabilimenti per la produzione di carta e cellulosa), del cemento, del tabacco, del cuoio. Le principali esportazioni della R. sono costituite da macchinari agricoli e da apparecchiature elettriche, da prodotti chimici e petrolchimici, tessuti, mobili e prodotti ortofrutticoli. Le importazioni invece riguardano materie prime (combustibili, minerali ferrosi), mezzi di trasporto, apparecchiature industriali. Notevole importanza ha il turismo, specie in prossimità del Mar Nero.

STORIA

Il territorio dell'attuale R. era conosciuto nell'antichità come il Regno dei Daci. I suoi abitanti, un popolo guerriero che resistette duramente ai vari tentativi di assoggettamento da parte dell'Impero macedone, si opposero strenuamente all'occupazione romana. Quest'ultima si verificò tra il 101 e il 106, ad opera dell'imperatore Traiano, che fece costruire un grandioso ponte sul Danubio. La regione fu immediatamente sottoposta a un intenso processo di romanizzazione che lasciò tracce durevoli, soprattutto linguistiche, nonostante le successive invasioni e occupazioni da parte di Goti, Unni, Gepidi, Slavi, Magiari, Tatari, ecc. Nel XIV sec. si costituirono i due principati di Moldavia e di Valacchia. Le continue lotte tra le due regioni resero le due entità politiche troppo deboli per poter resistere a lungo alle pressioni dell'Impero ottomano. Prima a essere assoggettata fu la Valacchia, dopo la battaglia di Tirnovo del 1393, mentre il dominio sulla Moldavia fu imposto solo dopo la morte del principe Stefano il Grande, che aveva riportato alcune importanti vittorie sui Turchi, tra cui quella di Racova del 1475. Transilvania, Valacchia e Moldavia furono per la prima volta unificate nel 1593, sotto il principe Michele il Bravo di Valacchia. L'unificazione fu, tuttavia, di breve durata e i due principati maggiori continuarono a essere soggetti al vassallaggio ottomano (la Transilvania, invece, passò in mano austriaca); la vita politica interna continuò a essere caratterizzata da instabilità, lotte tra le fazioni nobiliari dei boiardi, sollevazioni contadine, mentre all'esterno andavano aumentando le pressioni di Austria e Russia. Per quanto la sovranità turca fosse divenuta poco più che nominale, il progetto di costituire uno Stato romeno sovrano e indipendente incontrò un serio ostacolo soprattutto nella rivalità tra Austria e Russia, che aveva costretto i due principati a subire mutilazioni territoriali, quali le cessioni della Bucovina all'Austria nel 1775 e della Bessarabia e del Delta danubiano alla Russia nel 1812. La lotta per l'indipendenza ebbe inizio nel 1821 con una sollevazione capeggiata dal greco Alessandro Ypsilanti, ufficiale dell'esercito russo. Malgrado il fallimento del tentativo, il processo unitario proseguì e dopo la guerra di Crimea i due principati poterono fondersi in un unico Stato (1859) affidato al colonnello moldavo Alessandro Cuza. L'unione fu proclamata ufficialmente l'11 dicembre 1861; Cuza assunse dapprima il titolo di principe di Moldavia e Valacchia e, dal 24 gennaio 1862 divenne principe di R., con il nome di Alessandro Giovanni I. Le riforme liberali avviate da Cuza, con l'appoggio del partito dei «rossi» (liberal-radicali opposti ai «bianchi», conservatori reazionari), portarono all'abolizione della servitù, alla chiusura dei monasteri e a un nuovo regolamento per la diffusione dell'istruzione pubblica. L'estremismo di tali riforme, però, incontrò la resistenza di tutte le forze politiche e, nel 1866, Cuza fu rovesciato e costretto all'esilio, sostituito dal principe Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen, incoronato re nel maggio 1881, dopo aver assicurato allo Stato l'indipendenza (Congresso di Berlino, 1878). Allo scoppio della prima guerra mondiale la R. si dichiarò neutrale e solo dopo l'ascesa al trono di Ferdinando I di Hohenzollern entrò in guerra a fianco delle potenze dell'Intesa. A seguito dei trattati di pace di Saint-Germain-en-Laye con l'Austria (1919), del Trianon con l'Ungheria (giugno 1920) e di Sèvres con la Turchia (agosto 1920), che confermavano l'unificazione dei territori una volta appartenuti alla Dacia romana, nacque la Grande R. Scossa da continui problemi interni di carattere etnico-economico, essa si avvicinò ben presto alla Germania nazista, al cui fianco combatté durante la seconda guerra mondiale. Con Michele I iniziò tuttavia una serie di contatti segreti con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che portarono all'armistizio di Mosca (agosto 1944). Dopo la guerra, e dopo essere stata assegnata dagli accordi internazionali alla sfera d'influenza sovietica, la R. si indirizzò verso la costituzione della Repubblica popolare, proclamata il 30 dicembre 1947, immediatamente dopo l'abdicazione del re Michele. Assai più difficile di questa prima fase, durante la quale si era ottenuto il consenso dell'elettorato (nel dicembre 1946) con la vittoria a larga maggioranza del Fronte Nazionale Democratico, fu il momento di successiva trasformazione strutturale del Paese, caratterizzata da pesanti interferenze politiche ed economiche da parte dell'Unione Sovietica, che non mancarono di sollevare l'opposizione dei fautori di un indirizzo socialista nazionale. L'elezione a capo dello Stato, nel 1952, di P. Groza, già capo del Governo, portò alla presidenza del Consiglio G. Gheorghiu-Dej, che procedette ad allontanare dal potere, tra gli altri, A. Pauker, già ministro degli Esteri e capo del gruppo staliniano. Sotto la guida di Gheorghiu-Dej, il regime si adeguò agevolmente al processo di destalinizzazione. Ultimata, nel 1960, la collettivizzazione della terra e concluso il secondo piano quinquennale, la R. passò a una nuova fase politico-economica, caratterizzata da un notevole dinamismo economico, volto soprattutto a consentire l'apertura di nuovi sbocchi alla crescente produzione industriale. Gheorghiu-Dej riuscì ad assicurare la sua successione a uomini che garantissero la continuità della sua linea politica autonomistica. Pertanto, non si crearono fratture dopo la scomparsa del leader (marzo 1965), che già da alcuni anni aveva di fatto ceduto le redini del potere a N. Ceausescu. Gradualmente, il Governo romeno si era emancipato dalla tutela sovietica, opponendosi al piano d'integrazione economica tra i Paesi del Comecon, prospettato da Krusciov; la linea autonomistica adottata fu portata avanti anche nei confronti del dissidio cino-sovietico. L'autonomia politica romena nei confronti di Mosca si andò delineando con maggiore chiarezza a partire dal 1965, anno in cui fu varata una nuova Costituzione. Con essa la R. sostituiva la vecchia denominazione di Repubblica popolare con quella di Repubblica socialista, mentre il Partito dei lavoratori assumeva la qualifica di comunista. Parallelamente al processo di emancipazione dalla tutela sovietica, si ebbe un processo di sviluppo economico che comportò più stretti rapporti commerciali con l'Occidente, tanto che negli scambi commerciali del 1967-68 la quota dei Paesi capitalisti superò per la prima volta quella dei Paesi comunisti. Dal campo economico la sfida a Mosca si estese a quello politico, dopo l'atteggiamento cautelativo espresso all'indomani degli avvenimenti cecoslovacchi dell'agosto 1968. Alla posizione eterodossa assunta alla conferenza di Mosca dei partiti comunisti (giugno 1969), si aggiunsero varie altre manifestazioni di autonomia, tra cui il consolidamento dei rapporti con la Jugoslavia. Ai tentativi sovietici di rafforzare il Patto di Varsavia e il Comecon, la R. rispose negativamente e, pur rinnovando nel luglio 1970, con un ritardo di due anni, il patto bilaterale di amicizia e di cooperazione con l'Unione Sovietica, si dichiarò contro la politica dei blocchi e ribadì il proprio rifiuto di adesione a qualsiasi schieramento anti-cinese, riaffermando la propria intransigenza nella difesa dei principi di sovranità, indipendenza, non interferenza interna. Ceausescu si impegnò inoltre in una campagna di rilancio ideologico e di rinnovamento culturale, contro le suggestioni della cultura occidentale e borghese, in nome dei valori della tradizione popolare e nazionale. Nonostante l'indiscussa leadership di Ceausescu e l'unanimità dei consensi alla sua linea espressa nella conferenza nazionale del Partito comunista del 1972, non mancarono negli anni successivi dissensi. La netta preminenza di Ceausescu trovò comunque una nuova conferma nella decisione presa dal Comitato centrale del Partito comunista romeno (1974) di istituire e assegnare a Ceausescu la carica di presidente della Repubblica (in precedenza capo dello Stato era il presidente del Consiglio di Stato). In tal modo il leader romeno concentrò nelle sue mani le cariche di presidente del Consiglio di Stato, presidente del Consiglio di Difesa, comandante supremo delle Forze Armate, presidente del Consiglio supremo per lo sviluppo socio-economico, segretario generale del partito, presidente del Fronte di unità socialista. Negli anni seguenti Ceausescu mantenne un ferreo controllo sul partito e sul Paese, instaurando il culto della sua personalità e inserendo la moglie e il figlio nella dirigenza del partito. Le sue scelte economiche crearono malcontento e portarono a una serie di disordini, sempre duramente repressi. Nel 1988 iniziò un processo di ridislocazione della popolazione rurale e il regime diede inizio a una dura persecuzione della minoranza ungherese in Transilvania. Anche la R. venne interessata dall'ondata di rivoluzioni che investì i regimi comunisti europei negli ultimi anni Ottanta. In R. però, contrariamente a quanto avvenuto negli altri Paesi dell'Est, il trapasso dal regime comunista a uno Stato di maggiore democrazia si compì in modo drammatico, sull'onda di una violenta rivolta popolare che sfociò in guerra civile, causando migliaia di morti. La sommossa ebbe inizio nel dicembre 1989 in alcune città del Paese (Bucarest, Timişoara), dove decine di migliaia di persone scesero in piazza per manifestare contro Ceausescu. La risposta del regime, immediata e violenta, non riuscì ad avere la meglio sull'insurrezione. Gli avvenimenti si susseguirono con un ritmo rapido e incalzante: il Fronte di salvezza nazionale, costituito da ex leader comunisti in dissenso con Ceausescu, nominò un Governo provvisorio con a capo P. Roman. Ceausescu e la moglie Elena vennero arrestati e condannati a morte dopo un sommario processo che li riconobbe colpevoli di vari crimini, tra cui quello di genocidio e di furto di fondi dello Stato (25 dicembre). I primi atti del nuovo Governo furono l'impegno a redigere una nuova Costituzione e a indire elezioni libere previste per il 1990. Dopo un mese dalla cosiddetta «rivoluzione di Natale» il Fronte di salvezza nazionale si spaccò in due, avversato da tre piccoli partiti indipendenti (i cristiano-democratici, i nazional-liberali e i social-democratici) che lo accusarono di voler instaurare una nuova dittatura. Il clima di tensione si accentuò ulteriormente dopo le elezioni del maggio successivo, che videro il netto prevalere del Fronte popolare guidato da I. Iliescu. Il malcontento popolare tornò ad esplodere nel 1990, allorché la protesta degli studenti venne brutalmente repressa dal Governo mediante l'impiego di ex membri della Securitate, la temibile polizia segreta di Ceausescu. Una nuova ondata di rivolta contro il Fronte di salvezza nazionale si verificò nel 1991, quando la capitale fu presa d'assalto per tre giorni da 10.000 minatori che devastarono il palazzo del Governo. Nuovamente, il Governo soffocò le rivendicazioni sociali ed economiche. Nel 1991 fu approvata la nuova Costituzione; nel 1992 vennero indette elezioni generali che videro la vittoria del Fronte democratico di salvezza nazionale, formazione distaccatasi dal Fronte di salvezza nazionale ad opera di Iliescu, che venne riconfermato a capo della Repubblica. Venne costituito un Governo del Fronte democratico di salvezza nazionale, presieduto da N. Vacaroiu e aperto, dal 1994, a due esponenti del nazionalista Partito dell'unità nazionale. Dopo essere stata ammessa al Consiglio d'Europa nel 1993, la R. instaurò importanti rapporti diplomatici tra cui quelli con S. Miloševic, presidente della Serbia, considerata da sempre uno degli interlocutori privilegiati della R. Sul piano interno, nel 1994 l'economia romena registrò una sensibile ripresa grazie all'incremento della produzione agricola, ad un forte calo dell'inflazione e al deciso aumento delle esportazioni che permise il riassestamento della bilancia commerciale. I progressi economici guadagnarono al Paese un maggior credito presso l'Unione Europea e gli Stati Uniti. Nel 1995, la R. chiese di entrare a far parte dell'Unione Europea e del gruppo di Višegrad; pose inoltre le basi per alcuni progetti di collaborazione con i Paesi che si affacciano sul Mar Nero e diede un forte impulso agli investimenti internazionali. Nel 1996 si tennero le elezioni presidenziali, che si conclusero con la vittoria di E. Costantinescu, leader della formazione di centro-destra. Capo del Governo venne nominato V. Ciorbea; l'Esecutivo da lui presieduto inaugurò una politica di riforme per risollevare l'economia del Paese che prevedeva interventi per accelerare la privatizzazione delle industrie statali, ridurre l'inflazione e aprire ai mercati valutari esteri. Sul fronte internazionale venne sottoscritto un accordo con l'Ungheria per la costituzione di un battaglione comune rumeno-ungherese per il mantenimento della pace. All'accordo seguì la visita del premier Ciorbea in Ungheria (prima visita di un capo del Governo rumeno nel Paese magiaro dal 1989), dove venne sottoscritto un accordo per la creazione di una commissione di vigilanza sull'applicazione del Trattato di comprensione, cooperazione e buon vicinato (1996). Il Governo stipulò inoltre un trattato di amicizia con l'Ucraina. Nel 1997 la R. entrò a far parte del CEFTA, l'Accordo di libero scambio dell'Europa centrale tra Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Polonia e Ungheria. Nel 1999 il Consiglio europeo decise di estendere alla R. i negoziati per l'ingresso nell'Unione europea. Nelle elezioni presidenziali del dicembre 2000 l'ex presidente Iliescu riportò una vittoria che gli permise di porsi nuovamente a guida del Paese. Contemporaneamente venne nominato a capo dell'Esecutivo il socialdemocratico A. Nastase. Egli dovette far fronte, tra l'altro, alla crisi che si scatenò nei confronti della vicina Ungheria che, mediante una legge speciale, garantiva ai cittadini ungheresi residenti all'estero particolari benefici indipendentemente dalla volontà del Paese ospitante. Nel gennaio 2001 il Parlamento approvò una legge grazie alla quale veniva dato via libera alla restituzione ai proprietari originari dei beni nazionalizzati durante il regime comunista. Il 21 novembre 2002, durante il vertice di Praga, la R. venne formalmente invitata a far parte della NATO insieme ad altri sei Stati in passato legati all'ex Unione Sovietica. Nel luglio 2003 venne firmato un trattato di amicizia tra Russia e R. Nell'ottobre dello stesso anno i cittadini rumeni furono chiamati alle urne per l'approvazione di una nuova Costituzione attraverso la quale la R. potè allinearsi agli altri Paesi dell'Unione europea. Il 29 marzo 2004 la R. divenne ufficialmente membro della NATO. Tra novembre e dicembre 2004 si svolsero le elezioni parlamentari e presidenziali: le prime assegnarono la vittoria a Calin Tariceanu, che si pose a capo di un Governo formato da democratici e liberali; le seconde decretarono la nomina a presidente della Repubblica di Traian Basescu, ex sindaco di Bucarest. Entrambi appartenenti allo schieramento centrista e riformista, Tariceanu e Basescu si prefissero come principali obiettivi la lotta alla corruzione e la conclusione dell'iter legislativo che porterà all'ingresso del Paese nell'Unione europea entro il 2007.

LINGUA

La lingua romena, intesa come l'insieme dei dialetti romeni, si articola in quattro gruppi, che ebbero origine nel X sec.: il dacoromeno, parlato, senza evidenti differenze dialettali interne, nell'attuale R. e in Moldavia; il macedoromeno o aromeno, parlato da gruppi di Aromăni (Aromeni) nella Tessaglia, nell'Epiro, nella Macedonia, nell'Albania e nella Bulgaria; il meglenoromeno o meglenitico, parlato nella regione di Meglen a Nord-Est di Salonicco; l'istroromeno, parlato in alcuni villaggi dell'Istria. I dialetti romeni rappresentano la continuazione del latino parlato dai coloni romani stanziati nella Dacia (provincia romana che si estendeva a Nord e a Sud del Danubio sotto Traiano), unito al sostrato etnico-linguistico trace. Nel VI sec. la presenza sul territorio di popolazioni slave fece sì che la lingua si arricchisse di prestiti propri della loro lingua. I contatti con l'elemento balcanico crearono nel romeno molte isoglosse con il dalmatico e con gli elementi latini dell'albanese; nella lingua romena sono presenti infine anche elementi turchi e neo-greci. Dal XVIII sec. il vocabolario subì un arricchimento con numerosi prestiti provenienti dal francese e dall'italiano. Le principali differenze che caratterizzano il romeno rispetto alle altre lingue romanze sono la parziale conservazione della declinazione latina in casi; la posposizione dell'articolo determinativo; la presenza di forme verbali perifrastiche, futuro e condizionale.

LETTERATURA

Dopo la divisione dell'Impero romano le province orientali, tra le quali spiccava l'odierna R., passarono sotto l'influenza greca, assimilando così elementi culturali estranei al resto della latinità. Nel Medioevo, perciò, la cultura romena, e soprattutto la letteratura, si sviluppò in un contesto culturale particolare, caratterizzato da un miscuglio di elementi occidentali e orientali nel quale le opere, prevalentemente religiose, vennero scritte in una lingua slava (lo slavo ecclesiastico) resa graficamente con caratteri cirillici. I primi scritti letterari in lingua romena volgare risalgono soltanto al XVI sec. (testi religiosi, traduzioni dalle Sacre Scritture, opere di carattere popolare); le più importanti rimangono quelle stampate dal diacono Coresi, vero promotore dell'affermazione del volgare sullo slavo ecclesiastico. Con il XVII sec. cominciò la composizione di cronache in romeno, ad opera di Moldavi che avevano studiato in Polonia e, sebbene in misura minore, di cronisti provenienti dalla Muntena. Nel 1673 venne data alle stampe la traduzione del Salterio versificato, primo testo poetico della letteratura romena. Il XVIII sec. vide una progressiva decadenza della cultura slava nazionale e verso la fine del secolo si costituì, ad opera di alcuni sacerdoti greco-uniti della Transilvania, la cosiddetta scuola latinista, i cui seguaci si impegnarono a sostituire ai caratteri cirillici quelli latini e ad elaborare grammatiche e dizionari. Negli stessi anni, e in quelli immediatamente successivi, si ebbero i primi scrittori moderni in romeno (Ienăchiţă, Alecu e Văcărescu, imitatori della poesia neoanacreontica greca). Più tardi, il movimento culturale romeno si sviluppò, arricchendosi anche di elementi italiani. Nel 1818 il transilvano Gh. Lazăr fondò a Bucarest la prima scuola romena, alla cui guida gli successe I. Heliade Rădulescu. Intellettuale poliedrico di stampo romantico, nel 1829 questi fondò il giornale letterario «Il corriere romeno» e nel 1836 la rivista letteraria «Il corriere per entrambi i sessi». Sforzo analogo venne compiuto da Gh. Asachi, che nel 1829 fondò il primo giornale moldavo, «L'ape romena». All'influsso latino e italiano si sostituì, negli anni dopo il 1830, quello francese, che caratterizzò nei decenni seguenti la letteratura romena. Una nuova fase cominciò nella seconda metà del XIX sec., dopo l'unione di Moldavia e Valacchia. A Iaşi, nel 1863, fu fondata la società letteraria Junimea (Giovinezza), il cui organo ufficiale era rappresentato dalla rivista «Conversazioni letterarie». Al centro della Junimea fu la forte personalità di T. Maiorescu, filosofo, critico, animatore di cultura. Gli ultimi decenni dell'Ottocento rappresentarono l'età classica della letteratura romena, incentrata intorno ai tre nomi di M. Eminescu, I.L. Caragiale, I. Creangă, i quali sperimentarono tutte le risorse del romeno, offrendo nello stesso tempo un quadro vivo del loro Paese. Nei decenni seguenti si intrecciarono nella produzione letteraria romena due tendenze: il tradizionalismo e il modernismo, quest'ultimo aperto alle correnti del Decadentismo europeo. La tendenza tradizionalista fu rappresentata soprattutto dagli scrittori raccolti intorno alla rivista «Il seminatore» (1901), e fu accentuata dalla corrente detta populista, raccolta intorno alla rivista «La vita romena» (1906). Fra i modernisti emerse soprattutto la figura di A. Maniu. Negli anni intorno alla prima guerra mondiale si distinsero M. Sadoveanu, L. Rebreanu, C. Petrescu, A. Sahia e T. Arghezi, il maggior poeta romeno dopo Eminescu. Sorsero inoltre movimenti surrealisti e dadaisti che ebbero in T. Tzara, I. Vinea, S. Pana, I. Voronca e Urmuz i massimi esponenti. Nell'immediato secondo dopoguerra, con l'instaurazione del regime socialista, si sviluppò un'intensa attività letteraria nella linea del realismo socialista imposto dal regime stesso. Fra gli scrittori più noti del periodo ricordiamo i poeti A.E. Baconsky, N. Cassian, D. Desliu, M. Beniuc e i romanzieri G. Călinescu e M. Preda. I decenni che seguirono furono un alternarsi di periodi più o meno fecondi, caratterizzati dalla ricerca e dalla sperimentazione. Tra gli scrittori dell'ultima generazione, appartenenti al gruppo dei cosiddetti «poeti in blue-jeans», che esordirono negli anni Ottanta con il desiderio di rompere con il passato e con il suo linguaggio, ricordiamo F. Iaru, I.B. Lefter e I. Stratan. In prosa un rinnovamento analogo vide impegnati B. Horosangian, S. Agopian e M. Nedelciu.

ARTE

Le invasioni barbariche interruppero in R. lo sviluppo delle arti sulla base della tradizione formatasi nei secc. V-VI (fondamenta di chiese bizantine ritrovate a Tropaeum Traiani). Si mantenne viva solo una corrente d'arte popolare di tipo religioso, ma oggi nulla è rimasto di quelle costruzioni, eseguite essenzialmente in legno. L'architettura religiosa a noi nota, che si può seguire a partire dal XIII sec., presenta, fino alla metà del XIX sec., forti differenze regionali, in relazione alla divisione politica del Paese. In Transilvania, il tipo classico di chiesa bizantina importato dalla Valacchia venne modificato dall'infiltrazione sassone e ungherese che introdusse elementi gotici anche nelle chiese in legno, caratteristiche della regione. Il monumento più antico della Valacchia rimane la chiesa principesca di Curtea de Argeş (XIV sec.), di tipo bizantino, a croce greca, con navata divisa in tre segmenti. Nel XV sec. fu ancora dominante l'influsso di Bisanzio, mentre verso la fine del secolo comparve un tipo di chiesa di chiaro influsso serbo-georgiano (chiesa vescovile di Curtea de Argeş, 1517), imitato soprattutto in Valacchia e in Moldavia. Durante i secc. XVII-XVIII si sviluppò uno stile barocco costantinopolitano, in cui spiccavano gli elementi orientali (monastero di Hurezi, 1693; chiesa Stavropoleoş a Bucarest, 1733). In Moldavia l'evoluzione artistica fu pressoché identica a quella valacca. Le chiese dei secc. XV-XVI presentano talvolta all'esterno una decorazione ad affresco (Voroneţ, 1488; Suceviţa, 1590). Durante questi secoli la scultura fu quasi inesistente, ridotta a semplice decorazione. Anche la pittura ebbe uno scarso sviluppo, attenendosi strettamente alla tradizione bizantina del Monte Athos, anche se non mancò qualche sporadico influsso occidentale. Particolare sviluppo ebbe, nei conventi, l'arte del ricamo. Nel XIX sec. l'arte romena si staccò decisamente dalla tradizione e cominciò ad attingere a modelli dell'Occidente. Gh. Asachi, già importante letterato, fondò, nel 1841, la prima scuola d'arte di Iaşi. Tra i maggiori pittori di questo periodo ricordiamo G. Ţătărescu, I. Mirea e Th. Aman. L'inizio del XX sec. vide l'arte romena svilupparsi in senso postimpressionistico, con una crescente attenzione per la tradizione locale. Sorsero alcuni gruppi artistici (particolarmente rilevanti furono quelli della Gioventù artistica e del Gruppo dei Quattro) e l'influenza romena iniziò a farsi sentire anche a Occidente con artisti del calibro di T. Tzara, M. Iancu, V. Brauner, G. Petraşcu, A. Ciuciurencu, I. Tuculescu, I. Vlasiu, D. Grigorescu, I. Pavel, I. Setran, S. Maitec. Tra gli scultori, l'unico ad avere un'importanza internazionale è C. Brâncuşi. Tra gli architetti va ricordato I. Mincu, creatore del cosiddetto «stile romeno».

MUSICA

La vita musicale romena restò limitata, fino a tutto il XVIII sec., alla tradizione popolare (canzoni epiche con cori e danze) e alla musica di chiesa, alimentata da correnti bizantine, greche e russe. Nella seconda metà del Settecento cominciò la penetrazione della musica occidentale, esemplificata dall'introduzione delle danze e, in un secondo tempo, di composizioni dotte. Nel 1833 sorse la prima Società filarmonica. L'esercizio della musica, tuttavia, restava ancora confinato negli strati popolari a professione quasi esclusiva degli zingari. Nel 1838 un musicista viennese alla corte del principe Ghika, L.A. Wiest, scrisse il primo melodramma nazionale, Constantin Brăncoveanu, attingendo a materiale autoctono. Da quel momento iniziò, specialmente a Bucarest, un'intensa attività compositiva di musicisti romeni, tra i quali si ricordano: A. Wachmann, primo direttore del conservatorio di musica, e il figlio Edoardo; A. Flechtenmacher, da molti considerato uno dei padri della cultura musicale romena; G. Ştefănescu, C. Dimitrescu, M. Cohen-Linaru. La regina Carmen Sylva diede un notevole impulso all'attività concertistica sinfonico-corale fondando il conservatorio di musica di Iaşi (1860), nel quale svolsero la loro attività F.S. Caudella, G. Muzicescu, E. Mezzetti, M.A. Theodorini. Ad essi seguirono, formando una scuola nazionale già modernamente evoluta, altri importanti esponenti della musica romena: G. Enescu, presidente della Società dei compositori romeni e autore di opere e sinfonie; I. Nona Otescu, fondatore e primo direttore d'orchestra del teatro dell'opera; S. Golestan; A.C. Alexandrescu; T. Rogalisky; M. Mihalovici e l'italiano A. Castaldi, insegnante di Composizione al conservatorio di Bucarest dal 1905 e fondatore (1906) dell'orchestra sinfonica della città. In tempi più recenti la scuola musicale romena espresse una serie di esponenti di notevole talento, tra i quali spicca il pianista R. Lupu.
Bucarest: il palazzo governativo

Il monastero di Sucevita in Bucovina (Romania)