Dir. process. civ. - Atto con cui un'autorità giudiziaria richiede a
un'altra di compiere determinate incombenze processuali. A seconda che
l'autorità giudiziaria cui è rivolta si trovi al di fuori della
competenza territoriale dell'autorità richiedente o all'estero, si
distingue in
r. interna e
r. internazionale; quest'ultima va
distinta a sua volta in
r. attiva e
r. passiva a seconda che sia
diretta verso l'estero o provenga dall'estero. ║
R. interna: nel
processo civile, il giudice istruttore delega il pretore del luogo; in base
all'art. 203 Cod. Proc. Civ., su esclusiva richiesta di entrambe le parti e
purché il presidente del Tribunale acconsenta, può recarsi
personalmente il giudice medesimo fuori della circoscrizione del Tribunale.
║
R. internazionale: in materia civile, la
r. attiva
è disciplinata dall'art. 204 Cod. Proc. Civ., in base al quale «le
r. dei giudici italiani alle autorità estere per l'esecuzione di
provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica»; oltre a
ciò, «quando la
r. riguarda cittadini italiani residenti
all'estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a
norma della legge consolare»; comprensibilmente, dunque, l'ordinamento
dello Stato straniero interessato influenza in modo determinante l'esecuzione
della
r. Per quanto riguarda la
r. passiva, valgono gli artt. 69 e
70 della L. 31-5-1995, n. 218, nonché le due Convenzioni dell'Aia sulla
procedura civile, del 1905 e del 1954. In accordo con le normative suddette, il
giudice straniero deve inoltrare la richiesta di
r. per via diplomatica o
mediante ricorso; sarà poi la Camera di Consiglio della Corte d'Appello
del luogo interessato a rendere esecutivi, tramite decreto, i provvedimenti del
giudice straniero concernenti i mezzi di prova da raccogliere in Italia.
Esistono valide ragioni che inducono, talvolta, a respingere la
r.: ad
esempio, quando la sua esecuzione non è di competenza del potere
giudiziario o può danneggiare la sovranità o la sicurezza dello
Stato richiesto. In seguito alla Convenzione dell'Aia sull'assunzione delle
prove all'estero del 1970, furono introdotte alcune innovazioni in materia di
trasmissione delle
r., che prevedono la nomina di un'apposita
autorità (per l'Italia è il ministro degli Esteri): ad essa
soltanto vanno indirizzate le
r., ed è poi suo compito esclusivo
inviarle all'autorità competente. • Dir. process. pen. -
R.
interna: nel processo penale, l'autorità giudiziaria può
procedere personalmente oppure delegare la corrispondente autorità
competente per territorio, in genere il pubblico ministero. Quest'ultimo
è tenuto ad attenersi esclusivamente all'atto delegato; tuttavia, in
presenza di ragioni di particolare urgenza o per altri gravi motivi, il pubblico
ministero ha il diritto e il dovere di provvedere a tutto ciò che ritenga
necessario (art. 370 Cod. Proc. Pen.). Il giudice delle indagini preliminari,
quando deve interrogare una persona in stato di custodia cautelare, può
chiedere che vi provveda il giudice delle indagini preliminari del luogo (art.
294 Cod. Proc. Pen.); l'assunzione delle prove con incidente probatorio, invece,
può essere delegata solamente quando, per ragioni di urgenza, non
può essere effettuata nell'ambito della circoscrizione del giudice
competente (art. 398 Cod. Proc. Pen.). ║
R. internazionale: in
materia penale, in Italia la
r. è regolamentata dagli artt. 732 e
seguenti Cod. Proc. Pen., oltre che dalle convenzioni internazionali applicabili
in forza dell'art. 696 Cod. Proc. Pen. Per quanto riguarda la
r. attiva,
l'art. 727 Cod. Proc. Pen. stabilisce che essa venga inviata dal ministro di
Grazia e Giustizia; soltanto in casi di particolare urgenza, il giudice
richiedente è autorizzato a rivolgersi direttamente agli agenti
diplomatici o consolari. Spetta parimenti al ministro di Grazia e Giustizia la
valutazione delle richieste di
r. passiva cui, in genere, non viene dato
luogo nei seguenti casi: qualora compromettano la sovranità o la
sicurezza dello Stato, l'ordine pubblico o la tutela della persona; qualora vi
sia motivo di credere che considerazioni di vario genere possano mettere a
rischio lo svolgimento o l'esito stesso del processo; qualora l'imputato non si
sia espresso favorevolmente nei confronti della
r. Il ministro, inoltre,
può rifiutarsi di dar corso alla
r. che implichi la deposizione di
un testimone davanti all'autorità giudiziaria straniera, qualora reputi
che lo Stato richiedente non sia in grado di garantire l'immunità della
persona citata (art. 723 Cod. Proc. Pen.). Spetta poi alla Corte d'Appello del
luogo rendere esecutiva con ordinanza la
r., purché vengano
rispettate le seguenti condizioni: gli atti richiesti non devono essere contrari
alla legge o all'ordine pubblico; il fatto per cui procede l'autorità
straniera deve essere considerato reato anche dalla legge italiana; l'imputato
deve essere protetto da atti discriminatori; la
r. non deve compromettere
indagini o processi in via di svolgimento in Italia (art. 724). Per l'esecuzione
degli atti previsti, la Corte d'Appello delega uno dei suoi componenti o il
giudice delle indagini preliminari, che agirà nel pieno rispetto del
Codice di Procedura Penale, a meno che l'autorità straniera non richieda
espressamente l'osservanza di particolari norme che, tuttavia, non siano in
contrasto con l'ordinamento giuridico italiano (art. 725). La Convenzione
europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo nel
1959 e integrata da un protocollo del 1978, indicò una serie di
condizioni in presenza delle quali la
r. non può essere eseguita.
Tra esse, ricordiamo i casi in cui la
r. è contraria agli
interessi dello Stato richiesto, riguarda reati di natura politica, reati
militari o l'esecuzione di arresti e condanne. La Convenzione, inoltre,
stabilì che la trasmissione della richiesta deve interessare
esclusivamente i ministri di Grazia e Giustizia; solo in casi di estrema urgenza
devono essere coinvolte le autorità giudiziarie competenti.