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Rivoluzione culturale proletària cinese.

Mobilitazione delle giovani generazioni cinesi orchestrata tra il 1966 e il 1968 dal presidente del Partito comunista cinese Mao Tse-Tung. La Rivoluzione cinese trasse origine da una situazione di aperto conflitto all'interno del gruppo dirigente comunista cinese e fu funzionale alla lotta condotta da Mao contro i moderati e il loro leader, il presidente della Repubblica Liu Shao-chi, che ne avversavano la linea politica radicale e antisovietica. Essa si fondò ideologicamente sulla critica maoista alla concezione «economicistica» della lotta di classe (in base alla quale si finiva per attribuire maggiore importanza all'economia e all'efficienza produttiva) e si concretò in un attacco diretto contro gli apparati burocratici e i detentori di competenze tecniche che, secondo Mao, si avviavano a divenire una nuova classe privilegiata, che avrebbe sottoposto le masse a nuove forme di oppressione, reprimendone, in nome di un'astratta produttività, la creatività e le possibilità di autogestione. Esortati da Mao, gruppi di giovani si organizzarono così nelle cosiddette guardie rosse, attuando una campagna di violenza fisica e ideologica e mettendo sotto accusa insegnanti, dirigenti politici, intellettuali, artisti e quadri d'azienda. Questa mobilitazione presto provocò ciò che Mao voleva, ovvero l'epurazione dai posti di responsabilità dei dirigenti contrari alla sua linea e le dimissioni dello stesso Liu, per esaurirsi, poi, nel giro di un paio d'anni, allorché Mao decise di normalizzare una situazione che minacciava di avere conseguenze assai pericolose tanto per l'ordine interno quanto per l'economia. Alla Rivoluzione cinese e al pensiero maoista di quegli anni (condensato nel celebre «libretto rosso» Citazioni del presidente Mao) si ispirarono in Europa occidentale numerosi movimenti giovanili.