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Rinascimento.

Il risorgere della civiltà, delle scienze, delle arti e di altre manifestazioni dell'attività umana. ║ R., Rinascita o Rinascenza: l'epoca storica compresa fra la fine del XIV sec. e la metà del XVI sec., contrassegnata dall'eccezionale fioritura artistica e letteraria, dapprima in Italia e quindi in tutta Europa. ║ Per estens. - La civiltà che tale epoca produsse, considerata nei suoi molteplici aspetti e nel suo complesso di uomini, di idee e di opere. • Encicl. - Definizione e limiti cronologici del R.: benché il termine R. sia entrato nel linguaggio corrente per indicare una realtà artistica determinata, più ardua risulta una definizione circostanziata del fenomeno, poiché gli studiosi moderni non sono concordi nel fissarne le matrici e i limiti cronologici. Espressioni collegate all'idea di un «ritorno alla vita», di una rinascita della civiltà, iniziarono a diffondersi già intorno al 1350, allorché Cola di Rienzo insisteva, a proposito di Roma e dell'Italia, sull'approssimarsi di una renovacio, di una risurrezione con la quale avrebbe avuto inizio una nuova era. Nel Quattrocento e poi nel Cinquecento, gli intellettuali e gli artisti ebbero chiara coscienza di essere protagonisti di una rinascita della cultura e dei valori umani, in netta contrapposizione con l'età precedente, raffigurata come periodo di barbarie: esemplare in questo senso è la formulazione di G. Vasari, il quale indicava con il termine rinascenza la fioritura delle arti figurative della sua epoca dopo i secoli bui del Medioevo. Fu comunque nel XVIII sec., per opera degli illuministi, che il termine francese Reinassance venne a qualificare in modo compiuto la svolta culturale avvenuta in Italia già a partire dal tardo XIV sec.: nell'ambito di una visione totalmente negativa del Medioevo, gli illuministi videro nei movimenti culturali nati nell'Italia dei secc. XIV-XV i prodromi di una rivoluzione della civiltà che nella ripresa del libero pensiero e della razionalità inaugurava l'evo moderno. Tale concetto del R. fu esposto in modo organico da D'Alembert nel Discorso preliminare all'Enciclopedia (1751) e in tal modo si diffuse fra gli intellettuali. Anche la successiva corrente del Romanticismo, pur riabilitando il Medioevo, non svalutò la stagione del R.; un'eccezione fu invece la visione del Risorgimento italiano che, in connessione con le lotte d'indipendenza e di unità nazionale, esaltò soprattutto la civiltà dell'epoca dei Comuni, mentre ridimensionò almeno in parte la portata del R., in quanto proprio in quel periodo l'Italia aveva perso l'autonomia politica e subito le prime invasioni straniere. Una svolta nella storia degli studi sul R. fu il saggio La cultura del Rinascimento in Italia: un saggio (1860) di J. Burckhardt, il quale diede del R. una definizione e un quadro d'insieme destinati a rimanere classici, e al termine stesso conferì il valore storicamente determinato divenuto poi d'uso comune. Egli individuava nel R. una civiltà nuova, nata in Italia e sviluppatasi pienamente nel corso dei secc. XV-XVI, che era caratterizzata, in antitesi con le concezioni medioevali, dalla collocazione dell'individuo al centro del mondo (individualismo), dalla riscoperta dell'antichità (Umanesimo), dalla laicizzazione della cultura e dal nuovo impulso dato, in un'ottica antropocentrica, all'arte e alla letteratura. Tale concezione fu accettata e ulteriormente approfondita da numerosi autori (A.J. Symonds, P. Villari, G. Gentile); tuttavia, in anni più recenti le sono state mosse obiezioni sempre maggiori. Non del tutto consistente infatti apparve agli studiosi la netta demarcazione operata da Burckhardt fra «Medioevo cristiano» e «R. pagano»; inoltre, gli si rimproverò di aver limitato la sua analisi solo alla cultura delle classi alte, di aver trascurato l'esame sia dei fattori economici e sociali, sia degli aspetti filosofici e religiosi del R. Pur nell'ambito di una polemica ancora aperta, alla luce delle conclusioni raggiunte dai contributi sempre più approfonditi sul Medioevo (J. Huizinga, Ch.H. Haskins), sulla filosofia, sulla storia delle idee (E. Cassirer), sul sentimento religioso (K. Burdach), sulla ricostruzione della cultura materiale e delle istituzioni sociali, gli studiosi, fra cui soprattutto E. Garin, sono pervenuti a una rielaborazione generale del problema dei limiti del R., i cui capisaldi possono essere così riassunti. Per quanto riguarda gli aspetti economici e sociali, è indubbio che non vi sia una separazione netta fra Medioevo e R.: quest'ultimo, al contrario, costituì la diretta prosecuzione, se non addirittura una fase di ristagno, delle conquiste e del risveglio generale dell'Occidente verificatisi già con la nascita della civiltà urbana. Imprecisa è poi l'antinomia istituita fra Medioevo cristiano e R. pagano, in quanto il sentimento religioso a livello popolare continuò a rimanere profondamente vincolato alla tradizione, mentre gli intellettuali, lungi dal propugnare ideali paganeggianti, rimasero quasi sempre all'interno del Cristianesimo, di cui non misero mai in discussione i dogmi; se mai, essi cercarono di rinnovare il sentimento religioso attraverso la rivendicazione dell'autonomia spirituale dell'individuo. Tuttavia, nonostante questi aspetti di continuità, è indubbio che tra la fine del XIV sec. e i primi anni del XV sec. si verificò una svolta epocale, un profondo mutamento di prospettiva in ambito sia intellettuale, sia culturale in senso lato, nel quale va individuato l'inizio del R. vero e proprio; altrettanto innegabile è il fatto che tale rivoluzione ebbe origine in alcuni centri d'Italia e che la fioritura della cultura e delle arti italiane fu per i successivi due secoli il modello cui si riferirono gli altri Paesi europei, i quali comunque elaborarono autonomamente la lezione e gli esempi del R. italiano. In sintesi, il processo evolutivo del R. appare articolato in fasi distinte: all'iniziale e polemico rifiuto della cultura medioevale fece seguito la riscoperta delle opere dell'antichità classica, che favorirono la nascita di una nuova concezione dell'uomo, non disgiunta dalla consapevolezza della distanza storica fra evo antico e mondo contemporaneo. Proprio dal continuo confronto con la civiltà classica, compresa nel suo significato più profondo, scaturì una cultura nuova e originale, che si manifestò in ogni campo, dal pensiero filosofico alle scienze, dalle arti figurative alla letteratura, dalla politica alla religione. ║ Caratteri generali: il R. italiano fu sostanzialmente un fenomeno urbano, sorto cioè nelle città (in particolare Firenze, Ferrara, Milano e Venezia) in cui si era sviluppata la nuova società mercantile, arricchitasi in seguito alla fase di grande espansione economica che aveva caratterizzato i secc. XII-XIII. Inizialmente si trattò di un movimento di rottura nei confronti della tradizione: le concezioni e le idee religiose, politiche e filosofiche che avevano connotato l'età precedente furono ritenute false e degenerate e si avvertì la necessità di trovare un nuovo modello di vita, più rispondente alle esigenze e alle aspirazioni dei nuovi ceti emergenti. Si manifestò quindi un sempre più diffuso desiderio di «rinascita», di rinnovamento spirituale e culturale, che si esplicitò, già a partire dalla seconda metà del Trecento, nella riscoperta dell'antichità greca e romana. Si riconobbe infatti nella civiltà classica una fase storica in cui gli ideali vagheggiati dagli intellettuali si erano effettivamente realizzati, e la si contrappose al passato più recente, considerato epoca di barbarie: ciò contribuì all'elaborazione del concetto di Medioevo come «buia età di mezzo» fra lo splendore dell'antichità e la rinascita che stava iniziando. In Italia, inoltre, l'esigenza di un ritorno all'antico assunse anche una valenza prettamente politica, in quanto l'aspirazione alla libertà e alla fine dell'ingerenza straniera determinò l'esaltazione della potenza di Roma e del suo Impero. La rottura con la tradizione medioevale è particolarmente evidente nell'elaborazione del nuovo senso storico, il cui percorso evolutivo si snoda nelle opere di L. Bruni (Historiarum Florentini populi libri XII, 1420), di N. Machiavelli (Istorie fiorentine, 1525) e di F. Guicciardini (Storia d'Italia, 1561-64) e che determinò la separazione definitiva della storia dalla teologia. Infatti, la visione medioevale della storia, connessa con l'avvento di Cristo, fu abbandonata a favore di una concezione laica del tempo e degli avvenimenti, l'interpretazione dei quali si fondava sull'analisi critica delle fonti. Oltre a ciò, l'istituzione di un collegamento ideale fra evo antico e rinascita contemporanea risulta evidente dalla progressiva estensione dei limiti cronologici dell'età di mezzo. Infatti, se per gli autori del tardo Trecento la barbarie culturale era durata poco più di un secolo (il Duecento, caratterizzato dall'Aristotelismo filosofico), secondo F. Biondo addirittura per mille anni, dal 412 al 1412. La riscoperta della classicità, intesa come patrimonio di idee, di concezioni e di valori espressi nelle opere degli autori greci e latini, costituisce il tratto proprio dell'Umanesimo, movimento intellettuale e culturale che fu parte essenziale e fondante del R. Precursore e iniziatore ne fu Petrarca, il quale per primo espresse nelle sue opere la cognizione della grandezza delle civiltà greca e romana e l'esigenza di riprendere lo studio della tradizione classica su nuove e più autonome basi. Egli aveva infatti propugnato la necessità di recuperare le opere latine ignote al Medioevo e di approfondire la conoscenza della civiltà ellenica. E ciò perché durante l'età medioevale lo studio del greco era stato del tutto abbandonato, mentre quello dei classici latini era stato limitato a pochi autori, fra cui Virgilio, il cui messaggio poteva essere interpretato alla luce delle dottrine cristiane. Entrambe le istanze patrocinate da Petrarca ebbero, nel XV sec., un successo straordinario. Da una parte, per opera di dotti quali P. Bracciolini, L. Valla, N. Cusano, L. Bruni, si cercarono sistematicamente, nelle abbazie e nei monasteri in Italia e all'estero, i codici manoscritti contenenti le opere degli autori latini (Lucrezio, Manilio, Vitruvio, Quintiliano, Petronio, Stazio), li si trascrissero e li si fecero conoscere. D'altra parte, si riscoprì l'eccezionale patrimonio della Grecia antica: i codici contenenti le opere di Omero, Erodoto, Tucidide, Plutarco, Aristotele, dei tragici e di Platone iniziarono a essere importati in Italia dall'Oriente bizantino e furono letti, studiati e tradotti; inoltre, l'insegnamento del greco fu incentivato grazie alla chiamata in Italia di dotti bizantini quali E. Crisolora e G. Argiropulo. L'interesse per la civiltà ellenica fu favorito, intorno alla metà del Quattrocento, anche da due fatti contingenti: il Concilio di Firenze per la riunificazione delle Chiese cattolica e ortodossa (1437-39) e la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453). Quest'ultimo evento produsse una fuga di massa in Italia degli studiosi greci che portarono un gran numero di codici: nel 1468 il cardinale Bessarione donò al doge di Venezia la sua ricca biblioteca personale, che incrementò la Biblioteca Marciana, inaugurata nel 1460. L'opera di ricerca, traduzione e studio dei manoscritti fu fondamentale per diverse ragioni. Per un verso, diede impulso alla nascita della filologia, che si proponeva di restituire ai testi antichi la loro forma originaria attraverso l'emendamento degli errori. Grazie a studiosi quali di L. Valla, E. Barbaro, A. Poliziano la filologia consentì un miglioramento della coscienza storica e della peculiarità delle civiltà antiche, e un consolidamento delle conoscenze linguistiche: ciò contribuì alla rivalutazione delle humanae litterae, al culto della parola intesa come specchio della personalità umana; il latino tornò a essere la lingua per eccellenza della letteratura; si moltiplicarono gli studi di retorica e l'eloquenza fu posta al vertice delle discipline formative. Per un altro verso, lo studio dei classici non rimase fine a se stesso: la vera novità dell'approccio umanistico ai testi antichi fu la volontà di farli circolare e di renderli strumenti effettivi per la trasformazione della cultura; tale diffusione, che si concretizzò nell'apertura di scuole come quelle di Guarino Veronese a Ferrara e nella realizzazione di grandi biblioteche, fu resa possibile soprattutto dall'invenzione della stampa a caratteri mobili, che ebbe nel veneziano A. Manuzio uno dei principali protagonisti. Il ritorno all'antichità si configurò, per gli umanisti, come ritorno all'originario, al naturale: agli autori classici si attribuì infatti il merito di aver saputo interpretare ed esprimere nelle loro opere l'essenziale della realtà del mondo e dell'individuo. Da qui il desiderio di ricollegarsi all'ideale di humanitas del mondo classico, che si era espresso nell'amore per la conoscenza, nella ricerca della bellezza intesa come armonia di proporzioni, nel conseguimento di un equilibrio fra valori spirituali e vita materiale; da qui l'affermarsi di una visione laica del mondo, che produsse un radicale mutamento di prospettiva nel modo di concepire l'uomo, la sua esistenza, la sua azione e il suo rapporto con il divino. Infatti, l'individuo venne nuovamente collocato al centro del cosmo e fatto perciò oggetto di analisi e di studi volti al potenziamento di tutte le sue facoltà. Conseguentemente, fu elaborata una nuova figura di intellettuale. I dotti del R. crearono scuole, nuovi istituti culturali, biblioteche e accademie e si impegnarono attivamente nella vita politica, influendo con le loro idee sulla formazione degli uomini di governo e sulla gestione del potere. Infatti, i letterati umanisti furono spesso uomini di legge, cancellieri di città e di signorie, segretari; esercitarono un influsso considerevole, all'interno dei singoli Stati, come ideologi, consiglieri, maestri e propagandisti; intrattennero rapporti continui con artisti, architetti, artigiani e tecnici o furono essi stessi artisti, come L.B. Alberti, esempio mirabile di letterato, architetto, scienziato e teorico dell'arte. In ogni campo dell'attività umana, gli intellettuali formati alla nuova cultura difesero la validità universale degli studia humanitatis e il compito civile dei letterati, incoraggiati e sostenuti in questo dagli esponenti delle grandi famiglie al potere (i Medici a Firenze, gli Sforza a Milano, gli Este a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i Montefeltro a Urbino, i nobili di Venezia e della Roma papale) che patrocinarono e condivisero gli ideali umanistici. L'impegno civile dei letterati ebbe notevoli ripercussioni sullo sviluppo del pensiero giuridico e politico: nel campo del diritto, il metodo dialettico tipico della giurisprudenza medioevale fu abbandonato a favore dell'interpretazione, fondata su criteri storico-filologici, delle fonti del diritto romano; in ambito politico, i teorici del R. individuarono il compito primario dell'uomo di governo nel mantenimento della sicurezza e della pace. Si deve a N. Machiavelli, il più originale pensatore politico del R., il definitivo affrancamento della scienza politica dalla teologia e dalla cultura cattolica: lo Stato fu da lui concepito come un'istituzione oggettiva, storica e laica, alla quale andava finalizzata l'intera attività del politico e in particolare del principe, la cui «virtù» (intesa come forza creativa, senza valenze etiche o religiose) costituiva la chiave del buon governo e del benessere dei sudditi. Anche sul piano del sentimento religioso si verificò con il R. un mutamento di prospettiva, in quanto l'importanza conferita all'uomo determinò una svalutazione della vita contemplativa a vantaggio della vita attiva: ciò nonostante non si trattò di eresia, né di ritorno al paganesimo, poiché la maggior parte degli umanisti non mise in discussione il dogma cristiano, né entrò in conflitto con la Chiesa; al contrario, l'esigenza di rinnovamento spirituale fu comune a molti intellettuali, i quali criticarono la corruzione delle gerarchie ecclesiastiche e auspicarono il ritorno a una religiosità più intima e semplice e a un rapporto più immediato fra individuo e divinità, in sintonia con le istanze riformistiche diffusesi in Germania già a partire dalla fine del XIV sec. Inoltre, l'assenza di una vera polemica va ricondotta anche all'adesione alla nuova cultura da parte di numerosi esponenti del clero: i papi Eugenio IV, Niccolò V, Sisto IV e soprattutto Pio II furono figure di primo piano del R. Tuttavia, l'apertura nei confronti della concezione fondamentalmente laica e individualista dell'uomo e del mondo determinò col tempo una grave crisi della Chiesa, che esplose nel XVI sec. al momento della Riforma protestante luterana. L'esistenza di una forte componente spirituale nel R. appare evidente anche dall'evoluzione del pensiero filosofico. All'iniziale condanna dell'aridità e del tecnicismo in cui erano degenerati l'Aristotelismo, la Scolastica e il Tomismo subentrò la rivalutazione del Platonismo che, sull'onda della riscoperta delle opere di Platone e di Plotino, diede luogo all'elaborazione, ad opera soprattutto di Marsilio Ficino, di una nuova teologia. Essa univa, all'interno di una cornice platonica e neoplatonica, istanze culturali ed elementi diversi, quali l'idea dell'esistenza, in ogni epoca, di una docta religio, complessa, esoterica, magica e misteriosa, la necessità della tolleranza religiosa e dell'accordo fra fede e ragione, la riconduzione dell'ispirazione artistica alla tensione frutto di un divino furore. Particolare fortuna letteraria ebbe la teoria ficiniana dell'amor platonico che, differenziando amore sensuale e amore spirituale, esaltava l'accordo tra l'amore delle creature e quello del Creatore: su di essa si fondano infatti le speculazioni cinquecentesche sull'amore come Il Cortegiano di B. Castiglione, i Dialoghi d'amore di Leone Ebreo, gli Asolani di P. Bembo. Oltre a ciò, il pensiero filosofico rinascimentale risulta caratterizzato dall'idea del mondo inteso come organismo vivente, retto da forze spirituali che si attraggono e si respingono e governato da un'anima del mondo: l'uomo, centro dell'universo, attraverso la pratica della magia può penetrare i segreti della natura e regolare le leggi che la governano. L'influsso di queste speculazioni appare inoltre nel Discorso sulla dignità dell'uomo (1487) di G. Pico della Mirandola, che può essere considerato l'apogeo delle riflessioni rinascimentali sul ruolo dell'individuo nel mondo, in quanto esalta le capacità razionali e le possibilità etico-politiche dell'uomo inteso come imago Dei. Alla diffusione di tali dottrine si può infine ricondurre lo sviluppo dell'alchimia, dell'astrologia e delle pratiche magiche. Ciò non significò però la fine della scienza tradizionale: proprio nel R. furono infatti realizzati progressi nell'ambito della medicina e dell'anatomia, furono tradotti e studiati i trattati greci di matematica e si pubblicarono le opere di astronomia di Copernico, Tycho Brahe e Keplero; inoltre lo studio della geografia fu incentivato dalla traduzione delle opere dei geografi greci (Tolomeo, Strabone) e trasformato dalla messe di nuove informazioni provenienti dalle esplorazioni extraeuropee. Nell'ambito della cultura del R., una valutazione a parte merita il trentennio 1500-30. E ciò perché in questi anni si verificarono in Italia, a partire dalla discesa di Carlo VIII (1494), sconvolgimenti politici tali da determinare la crisi del sistema di equilibri che aveva retto gli Stati della penisola: l'Italia divenne terra di conquista e di contesa fra Francia e Spagna, e continue guerre la dilaniarono, portandola alla servitù dello straniero. Tali eventi drammatici si ripercossero naturalmente sull'élite intellettuale italiana, come dimostrano le lucide e disincantate analisi di Machiavelli e Guicciardini; tuttavia, il collasso politico-militare non si tramutò in una crisi culturale, ché anzi proprio in questi anni la civiltà del R. conobbe il culmine del suo fulgore, testimoniato dai fasti di Roma (che durante i pontificati di Giulio II, Leone X e Clemente VII assurse a capitale della cultura occidentale), dalle opere di Ariosto, Machiavelli, Bembo, Raffaello e Michelangelo e dallo splendore delle corti di principi e signori. Queste, d'altra parte, non furono solo luoghi di lusso e di eleganza, ma anche e soprattutto centri di raccolta di letterati e intellettuali che, sempre più lontani dall'impegno civile, misero a punto il modello ideale del cortigiano (colui che con la sua presenza fornisce prestigio, decoro e lustro all'ambiente). Inoltre, a partire dall'inizio del Cinquecento la cultura rinascimentale varcò definitivamente i confini d'Italia, diffondendosi in tutta l'Europa: l'olandese Erasmo da Rotterdam, l'inglese Tommaso Moro, il tedesco Filippo Melantone e il francese Michel de Montaigne rielaborarono in modo del tutto originale la lezione italiana. Ma i primi decenni del XVI sec. furono soprattutto, per la civiltà del R., un momento fondamentale di presa di coscienza, che si espresse nel tentativo di dare una sistemazione teorica a tutte le conquiste del secolo precedente. Si sviluppò quindi un dibattito che coinvolse scrittori, pensatori e artisti, e che ebbe come argomento la fissazione di canoni sia in ambito linguistico, letterario e artistico, sia sul piano delle finalità culturali: il Classicismo divenne l'idea-guida del periodo. Assimilata criticamente l'eredità del mondo antico, gli esponenti del R. maturo affermarono la validità e la modernità delle loro concezioni e dei loro modelli: nuova fu la scelta del volgare come lingua letteraria, che P. Bembo istituzionalizzò selezionando la tradizione della prosa e della poesia; pur fondata sugli esempi del passato, nuova fu l'estetica che informò l'arte di Raffaello, Michelangelo e Bramante; nuove furono la teoria politica di Machiavelli e la concezione della storia di Guicciardini; nuova fu l'opera di L. Ariosto che, nell'organica sintesi di esperienza reale e creazione fantastica, di passione per la vita e culto per la bellezza perfetta, diede voce alle esigenze più profonde e innovative del R. Quanto all'eredità del R., basti ricordare che la concezione dell'uomo e del mondo ch'esso elaborò aprì la via alle conquiste del mondo moderno: l'idea del dominio dell'individuo sulla natura fu fondamentale per lo sviluppo delle scienze e della tecnologia, così come i concetti di Stato e di libertà influirono sull'evoluzione del pensiero politico e costituzionale. Ma soprattutto il R. lasciò in eredità tali e tanti capolavori d'arte da incarnare l'idea stessa di arte occidentale. Intorno alla metà del XVI sec. ebbe inizio un'altra epoca, contrassegnata da crisi, tensioni e conflitti acuti, epoca in cui si svilupparono una nuova forma di religiosità, un nuovo indirizzo dell'arte, una nuova sensibilità letteraria, tali da dar vita, insomma, a una nuova civiltà. ║ L'arte del R.: in ambito artistico, alla definizione di R. viene assegnato un preciso valore storico oltre che qualitativo, riconoscendo che soltanto con l'inizio del XV sec., e più precisamente con il Quattrocento fiorentino, si determinarono quelle condizioni di particolare armonia fra le arti e fra queste e il mondo culturale, per le quali furono possibili la spinta creativa e la formazione del nuovo concetto di autonomia artistica che si diffusero in tutta l'Europa ed ebbero profonde e durature ripercussioni culturali. Il R. deve essere considerato come il raggiungimento di una particolare e rara armonia all'interno del mondo artistico e fra questo e l'esito della speculazione scientifica, letteraria e filosofica. Le condizioni ambientali, il clima intellettuale e le istanze etiche degli artisti fiorentini del primo Quattrocento (Giotto, Arnolfo di Cambio) consentirono l'avvento di un'arte nuova che, nella ricerca di una realtà più semplice e lontana dalle stravaganze dell'ultimo Gotico, si fondava sulla chiarezza e sulla verità della rappresentazione, era sorretta da una fortissima esigenza di sintesi, era razionalmente equilibrata con l'architettura ed era espressione di un nuovo metro della fantasia, l'uomo. Non è difficile, infatti, riconoscere nel rinnovato valore dell'uomo come «misura di tutte le cose» il maggior potere di autonomia e di originalità dell'arte del R. Solo ai primi del Quattrocento, e precisamente grazie a F. Brunelleschi, si raggiunse la piena consapevolezza delle regole prospettiche usate per la rappresentazione della realtà, secondo una chiara organizzazione dello spazio, preferibilmente secondo la prospettiva centrale. L'impiego della prospettiva informò di sé il carattere delle arti figurative del Quattrocento. Novità essenziale della trattatistica rinascimentale può essere ritenuto il fatto che l'artista era nello stesso tempo creatore e indagatore di sottili speculazioni geometriche e matematiche; inoltre, per la prima volta era ampiamente discusso il rapporto tra le arti figurative e la poesia, la musica, la filosofia. Un altro carattere distintivo della personalità dell'artista nel R. era la sua poliedricità; F. Brunelleschi, Donatello, L.B. Alberti, Piero della Francesca, Leonardo da Vinci e Michelangelo sono tra i più fulgidi esempi dell'ampiezza degli interessi, della genialità e della versatilità dell'artista del R. L'architettura rinascimentale, pur ereditando dal tardo Gotico lo spirito costruttivo e l'esperienza tecnica, reagì alle complicazioni planimetriche e decorative in cui questo era degenerato, riportando i volumi e le superfici a una geometrica e pur viva semplicità, fondandosi sull'analisi accurata degli edifici dell'antichità greca e romana e sull'esame dei trattati classici (in particolare il De Architectura di Vitruvio) che gli umanisti avevano riportato alla luce. Il naturale desiderio di semplicità favorì l'accoglimento di moduli decorativi che l'architettura romana aveva in parte mutuato dalla cultura ellenistica e dal classicismo greco. Tra gli esempi più puri di questo nuovo stile architettonico sono gli edifici disegnati da Brunelleschi, da Michelozzo, da L.B. Alberti, da L. Laurana, da Giuliano da San Gallo. La scultura del R. privilegia la figura umana, soprattutto nella perfezione della sua nudità, rispetto alla decorazione. Inoltre, nell'ambito della scultura a bassorilievo, la resa dell'ambiente circostante risentì della più acuta e razionale esperienza naturalistica, attraverso l'impiego estensivo della prospettiva. Il ritratto assunse un'importanza fondamentale: da Donatello a Laurana, dal Pollaiolo al Verrocchio i busti-ritratto ebbero un'amplissima diffusione. I rari esempi di statue equestri prodotti nel Medioevo furono reinterpretati alla luce del nuovo ideale plastico e umanistico: ne derivò la grande diffusione del monumento equestre, eretto sì per ragioni commemorative, ma con tutt'altro spirito rispetto al Medioevo, in quanto era strettamente legato all'arte e alle concezioni del classicismo; le realizzazioni più celebri di quest'arte sono il monumento al Gattamelata, opera di Donatello, a Padova e quello a Bartolomeo Colleoni, opera del Verrocchio, a Venezia. Naturalismo e classicismo si intrecciarono in tutta la scultura del R., fino a Michelangelo. La pittura, fondandosi sull'idea che il disegno si configuri come il principio primo di ogni arte, si trasformò interpretando la natura nella sua infinita varietà di aspetti. Ciò avvenne soprattutto attraverso la sintesi integrale prodotta dalla prospettiva lineare, che presto si modificò, conferendo solidità e consistenza ai corpi nello spazio, in prospettiva pittorica; secondo la concezione del R., lo spazio è misurato dall'uomo che può suggerirne l'infinità solo attraverso la conquista prospettica. Mentre gli effetti prospettici furono subito assunti dalla pittura decorativa, i maggiori pittori se ne servirono in stretto rapporto con le loro esigenze stilistiche: così, l'opera di Masaccio è un altissimo esempio di misura prospettica per la quale l'azione umana si intensifica nella collaborazione perfetta tra rilievo delle forme e profondità dell'ambiente. Paradigmatica della nuova visione rinascimentale e dell'esigenza di un rapporto intimo tra le varie arti è la personalità di Piero della Francesca, pittore di assoluta purezza nella perfetta unione di geometria e intuizione poetica della realtà. Per contro, nel medesimo periodo si manifestarono anche atteggiamenti contrastanti, alcuni dei quali ricollegabili forse alla tradizione del Gotico internazionale: ai pittori della prima metà del secolo, per i quali la prospettiva aveva assunto carattere dominante, subentrarono artisti come F. Lippi, S. Botticelli, A. Pollaiolo e A. del Verrocchio, i quali riportarono in auge la linea espressiva del movimento e del rilievo, ponendo in secondo piano o addirittura evitando il problema prospettico. Tuttavia, sul finire del XV sec., apparvero le rivoluzionarie individualità di Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Il R. pittorico si sviluppò variamente a seconda delle tradizioni locali: nell'Italia settentrionale, si irradiò la concezione umanistica ed eroica di Andrea Mantegna, mentre nell'Italia meridionale Antonello da Messina diffuse la nuova visione pittorica fondata sulla geometria dei corpi e sulla concezione di un naturalismo sublimato dalla sintesi prospettica. ║ Il R. maturo: al principio del XVI sec., con le personalità straordinarie di Bramante, Leonardo, Raffaello e Michelangelo, i problemi artistici sorti in seguito allo sviluppo degli ideali del R. quattrocentesco assunsero valore di sintesi individuale; tuttavia, nel medesimo tempo, gli orientamenti dell'arte iniziarono già a manifestare esigenze e segni di un rinnovamento che si tradusse poi nel Manierismo, preludio al Barocco. Proprio per questa inversione di tendenza, i cui tratti più evidenti furono il progressivo abbandono sia delle idee proporzionali, sia dei principi plastici e pittorici fondati sulla misura, sul ritmo e sull'armonia della creazione, è opinione diffusa ritenere il Cinquecento un momento differente dal «vero» R., quello del secolo precedente, e definirlo quindi secondo R. Tuttavia, il genio creativo degli artisti appena citati si nutrì dei frutti delle ricerche rinascimentali, delle quali costituì anzi il coronamento esemplare: solo a partire dalla metà del XVI sec. si ebbero inequivocabili segni di mutamento, e si manifestò un complicarsi di problemi spirituali, culturali e artistici che determinò il progressivo esaurirsi del R. Ciò nonostante, le idee-guida rinascimentali continuarono ad alimentare l'ispirazione degli artisti e la creazione di grandi capolavori, come dimostrano l'architettura e il classicismo di A. Palladio. A ogni modo, in questa seconda fase del R. (che si può forse meglio indicare come R. maturo) emerse la tendenza a rappresentare il reale in forme grandiose e maggiori del vero; analogamente, le azioni umane furono interpretate sotto l'aspetto eroico. La concezione dell'uomo come misura, metro e proporzione dei fatti e delle rappresentazioni, tipica del Quattrocento, fu superata da una visione dell'arte tesa al colossale (il paragone fra la decorazione quattrocentesca della cappella Sistina e la volta della stessa cappella, dipinta da Michelangelo, illumina con chiarezza sul sopravvenuto mutamento del gusto). D'altra parte Leonardo, che riunì in sé i più alti valori di scienza e arte del R., fu uomo «moderno» per l'anelito alla ricerca incessante e per la fede piena nell'esperienza, opposta ai principi teorici assunti come documenti infallibili; e tuttavia il miracoloso equilibrio tra scienza e arte, fra speculazione e intuizione, non sarebbe stato possibile senza gli apporti dell'età precedente. Nell'architettura, l'attività di Bramante a Roma parve l'avverarsi di sogni sovrumani: il progetto del nuovo San Pietro segnò infatti un'epoca fondamentale nella storia della civiltà del R., in quanto la sua idea di un edificio a pianta centrale con immensa cupola emisferica pose le basi di ciò che Michelangelo realizzò nella seconda metà del secolo, modificando tuttavia la concezione spaziale di Bramante in un piano plastico, di massa torreggiante. Gli edifici sacri e civili risentirono profondamente della concezione cinquecentesca inaugurata da Bramante, attraverso le realizzazioni di artisti quali B. Peruzzi, Antonio da S. Gallo, G. della Porta e il Vignola. Quanto alla scultura, essa appare dominata dalla visione michelangiolesca: nella sua opera i principi rinascimentali della bella forma e del realismo si tramutarono in idealismo eroico, sormontando l'uomo nella sua apparenza quotidiana, sublimando il nudo fino all'espressione di sentimenti e concetti universali. Infine, nell'ultimo periodo dell'esperienza artistica di Michelangelo, il R. plastico tramontò sotto l'impeto di una profonda esigenza religiosa. Raffaello, per contro, nella breve fase della sua opera più genuina, esaltò in massimo grado i valori del R. pittorico, fondandosi sull'innata serenità contemplativa che trasfigura la realtà in forme regolari, lievi, giungendo a una perfetta fusione di problemi plastici e pittorici, in un miracolo di armonia ed equilibrio. Nell'aspirazione a superare i limiti della proporzionalità umana, la pittura del Cinquecento tese a varcare anche gli spazi architettonici e a illudere su profondità spaziali maggiori della realtà; in tal senso l'opera del Correggio, che dall'influsso di Mantegna giunse alle soglie del Barocco, è tra le più significative. Intanto, la riforma pittorica veneziana, fondata sul tono (cioè sulla considerazione del colore nella sua intensità luminosa e nei suoi rapporti con gli altri colori) e impersonata da Giorgione, attraverso l'opera grandiosa di Tiziano, aprì nuove possibilità all'arte pittorica. La pittura veneziana, con il drammatico luminismo del Tintoretto e la serena esaltazione compositiva e cromatica di Paolo Veronese, poté giungere fino alle soglie del colorismo moderno, nel superamento del disegno a vantaggio della luce all'aria aperta e del colore tonale. Lo sviluppo della pittura veneta determinò un rinnovato accostamento alla natura nei suoi episodi paesani: i Bassano sono un tipico esempio di questo abbandono del Manierismo e di uno spregiudicato accostamento al vero. Proprio dalla tradizione veneta stabilitasi in provincia la pittura assunse nuova consistenza, dando origine all'arte del Savoldo e del Moretto, donde trasse poi origine la moderna concezione del Caravaggio. Al di là di tali sviluppi si manifestò la personalità di El Greco, partito dalla tradizione bizantina, nutrito del libero colorismo veneto e affinato dalle concettosità del manierismo. Egli giunse in Spagna portando alle estreme conseguenze la pittura di puro colore ed esaurendo i principi rinascimentali che avevano dominato l'Europa per oltre due secoli.
L'Italia durante il Rinascimento

Domenico Ghirlandaio: "Adorazione dei Magi" (Firenze, Spedale degli Innocenti)