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Rickert, Heinrich.

Filosofo tedesco. Allievo di W. Windelband a Strasburgo, conseguito il dottorato nel 1888, insegnò presso l'università di Friburgo (1894), finché succedette al maestro nella cattedra di Heidelberg (1916). Insieme a Windelband fu uno dei rappresentanti più insigni della scuola di Baden che, con E. Troeltsch, B. Bauch e H. Münsterberg, contribuì allo sviluppo del Criticismo tedesco, depurato di ogni elemento psicologista. Punto di partenza della riflessione di R. è la distinzione, prettamente metodologica, tra scienze della natura e scienze dello spirito, oggetto dell'opera I limiti della formazione del concetto nella scienza della natura (1896-1902), di cui Scienza della cultura e scienza della natura (1899) è una sorta di compendio. Secondo R., le scienze della natura e le scienze dello spirito si occupano entrambe della realtà, pur esaminandola da due opposti punti di vista: la medesima realtà «diviene natura se la consideriamo in riguardo all'universale, diviene storia se la consideriamo in riguardo al particolare e all'individuale». La scienza, infatti, punta alla generalizzazione, ovvero alla ricerca di leggi necessarie con cui interpretare in modo univoco e deterministico i vari fenomeni fisici; la storia, per converso, si rivolge a eventi rigorosamente individuali, cercando in essi i valori rappresentativi di una determinata civiltà, ma non per questo relativi e transeunti. Date queste premesse, è inevitabile che lo storico operi una selezione dei molteplici aspetti della realtà in base a un riferimento ai valori: ciò non significa, tuttavia, che i fatti vengano inficiati da un giudizio di valore; i valori, più semplicemente, indirizzano la ricerca dello storico e, nel contempo, conferiscono senso all'agire umano che li concretizza nella storia. La determinazione dell'essenza del valore assurge a problema specifico della filosofia di R. Già nella tesi di abilitazione, L'oggetto della conoscenza (1892), R. chiarisce le linee fondamentali della sua gnoseologia, che egli chiama Idealismo trascendentale, affermando che i valori costituiscono un regno a sé stante di essenze eterne, indipendenti sia dal mondo fisico che da quello psichico. La rivelazione dei valori avviene nell'atto del giudizio: se il giudizio, infatti, si configura come un ponte tra realtà e valore, il valore è a sua volta concepito come norma in virtù della quale il giudizio acquista legittimità. I saggi Due modi di gnoseologia (1909) e Sul concetto di filosofia (1910) approfondiscono ulteriormente le tematiche della tesi di abilitazione e, in particolare, il concetto di filosofia quale scienza dei valori, ispirandosi in parte anche alle opere di E. Husserl. La riflessione di R. si fa polemica nello scritto La filosofia della vita (1920), in cui critica aspramente il Vitalismo e l'Irrealismo di Bergson, Nietzsche, James, Dilthey e Scheler, cui contesta la trasformazione della filosofia, originariamente riflessione sulla vita, a mera esperienza vissuta. Nell'opera maggiore, Sistema di filosofia (1921), R. individuò quale compito specifico ed esclusivo della filosofia l'elaborazione di un sistema dei valori, indicando sei domini (logica, estetica, mistica, etica, erotica, filosofia della religione) cui corrispondono altrettante concezioni del mondo (intellettualismo, estetismo, misticismo, moralismo, eudemonismo, teismo o politeismo). Le tesi principali della filosofia di R. confluirono nel suo ultimo lavoro, I problemi fondamentali della filosofia (1934), fondato sulla convinzione che il compito del pensiero risiede nel conferire alla realtà un senso adeguato al valore (Danzica 1863 - Heidelberg 1936).