Ecclesiastico e uomo politico francese. Membro di un'antica famiglia della
nobiltà terriera, ormai decaduta, parve destinato alla carriera militare,
sulle orme del padre François che era stato gran prevosto di Enrico III
ed Enrico IV. Tuttavia, quando il fratello maggiore Alphonse scelse di diventare
monaco certosino e rinunciò al vescovado di Luçon, cui la famiglia
du Plessis aveva diritto da due generazioni,
R. fu chiamato dalla madre a
subentrargli in questo ruolo. Dopo aver concluso gli studi di teologia,
benché non avesse ancora l'età minima solitamente richiesta,
grazie all'appoggio di Enrico IV ottenne da Roma la dispensa e nel 1607 fu
ordinato vescovo. Esercitò il proprio mandato risiedendo nella sua
diocesi, dando prova di ottime qualità di governo: organizzò il
clero secondo una rigida disciplina, incoraggiò l'attività di
cappuccini e oratoriani, soprattutto in funzione di contrasto alle predicazioni
degli ugonotti, nei cui confronti avviò anche campagne di conversione.
Nel 1614, eletto rappresentante del clero del Poitou agli Stati Generali,
mantenne un'abile condotta mediatrice tra clero e nobiltà, conquistando
in tal modo la stima di Maria de' Medici, allora reggente per il figlio, e di
Concino Concini, suo favorito. Con il loro appoggio,
R. fu nominato
grande elemosiniere e segretario di Stato per la guerra e gli affari esteri ma,
per questo stesso legame, fu costretto a seguire in esilio Maria quando, nel
1617 e dopo l'assassinio di Concini, Luigi XIII prese direttamente il potere,
esautorando la madre. Nel ritiro di Blois prima e di Avignone poi,
R. si
dedicò alla stesura di due opere di un certo rilievo storico: la
Defense des principaux points de la foi catholique (1671) e
l'
Instruction du Chrétien (1619). Presto tuttavia, rientrò
nella politica attiva, essendo indispensabile la sua opera di intermediario nel
dialogo tra Luigi XIII e sua madre: incaricato della mediazione dal ministro del
re Charles de Luynes,
R. riuscì a fermare la sanguinosa guerra
civile con le paci di Angoulême (1619) e di Angers (1620). Grazie a tali
successi ottenne, nel 1622, la porpora cardinalizia e, nel 1624, la nomina nel
Consiglio del re, di cui presto assunse il pieno controllo, con il titolo di
«ministro» dirigente. La sua azione politica fu costantemente tesa al
raggiungimento di due obiettivi prioritari e tra loro interdipendenti: il
consolidamento dell'assolutismo monarchico e del centralismo istituzionale
all'interno del Paese, contro le tendenze disgregatrici esercitate da
nobiltà e sette protestanti, e la restaurazione del ruolo internazionale
della Francia, dopo i decenni di scontri interni tra le confessioni religiose.
Tale programma comportava il contenimento dell'egemonia asburgica in Europa, cui
R. si applicò prima rompendo l'isolamento francese e alleandosi
all'Inghilterra (1625), poi intervenendo direttamente a sostegno dei protestanti
dei Grigioni: inviò truppe in Valtellina in appoggio a Savoia e Venezia e
contro la Spagna, allo scopo di impedire il collegamento tra le truppe
asburgiche spagnole e quelle imperiali, in un momento delicato della guerra dei
Trent'anni (V. TRENT'ANNI, GUERRA DEI). Tuttavia
nel 1626 il cardinale preferì giungere a un accordo con la Spagna
(Trattato di Monzón), in parte a causa della pressione del Partito
cattolico, facente capo a Maria, che spingeva a un'alleanza con i correligionari
spagnoli, in parte a causa di gravi problemi interni, tra cui la congiura
nobiliare che voleva sostituire il re Luigi XIII con il fratello Gastone
d'Orléans e il deteriorarsi dei rapporti con l'Inghilterra. Gli Inglesi,
infatti, appoggiavano politicamente e logisticamente gli ugonotti, asserragliati
nella roccaforte di La Rochelle, sull'Atlantico;
R., al fine di condurre
un assedio efficace, chiese e ricevette dalla Spagna, fresca alleata, una flotta
che, nel 1628, gli consentì di spezzare la resistenza ugonotta; l'anno
seguente, vinte le ultime resistenze protestanti in Linguadoca, concluse la Pace
di Alais (1629), con la quale tolse agli ugonotti le basi militari indipendenti
ma riconobbe loro la libertà di culto. Ritenendo di aver risolto le
principali questioni di politica interna,
R. tornò a impegnarsi
sul fronte asburgico, da un lato offrendo sostegno finanziario ai principi
tedeschi protestanti in lotta contro l'Impero, dall'altro promuovendo in Italia,
nella seconda guerra del Monferrato (1627-31), la candidatura di Carlo Gonzaga
Nevers al ducato di Mantova. In questa occasione, truppe francesi furono inviate
in soccorso di Casale, assediata dagli Spagnoli (1629), e ad occupare terre del
ducato di Savoia, alleato della Spagna. La presa di Pinerolo, importantissima
piazzaforte militare, condusse alla firma della Pace di Cherasco (1631), che
assegnò il ducato di Mantova a Nevers e lasciò al controllo della
Francia Pinerolo, a garanzia di una politica filofrancese da parte dei duchi di
Savoia. Maria de' Medici e la fazione filospagnola si opposero drasticamente
all'indirizzo politico di
R., ma la posizione del cardinale non ne
subì, alla fine, alcun danno. Al contrario sia la regina madre, sia
Gastone d'Orléans, che continuava a fomentare la fronda aristocratica,
sia i sostenitori di quest'ultimo, subirono chi l'esilio, chi la morte, mentre
R. guadagnò il controllo totale della politica interna. La serie
di eventi positivi per l'Impero asburgico (morte del re di Svezia Gustavo
Adolfo, vittoria imperiale a Nördlingen, defezione dalla lega protestante
di Sassonia e Brandeburgo) costrinse
R. ad abbandonare la linea
diplomatica e a intervenire direttamente anche in Germania, stringendo alleanze
con la Svezia, la Polonia, i Paesi Bassi e il ducato di Savoia (1635).
L'andamento della guerra fu inizialmente sfavorevole, al punto che le truppe
imperiali, penetrate nelle Fiandre, dopo aver occupato Corbie si spinsero
addirittura in direzione di Parigi (1636). Né Luigi XIII né
R., tuttavia,
abbandonarono la capitale, promuovendo la risposta
militare e, nel contempo, vanificando i tentativi di rivolta da parte di alcuni
nobili, tra cui la più partecipata e pericolosa fu quella capeggiata nel
1642 dal marchese di Cinq-Mars. La situazione già difficile fu aggravata
da carestie e da tumulti popolari, causati dall'eccessiva pressione fiscale. A
partire dal 1638, il fronte antiimperiale ottenne una serie di successi
(l'occupazione di città alsaziane, la presa di Casale e Ivrea, la
vittoria protestante a Kempen, le rivolte in Portogallo e Catalogna contro il
ramo spagnolo degli Asburgo), e
R., ormai ammalato, poté dedicarsi
a organizzare il trapasso dei suoi poteri nelle mani di uomini che potessero
continuare la sua politica: tra questi il duca di Enghien, il Condé e
soprattutto il cardinale Mazzarino, che lo sostituì nel Consiglio della
Corona come ministro.
R., teso a realizzare la perfetta identità
tra sovrano e Stato, non aveva creato un suo partito, ma si era preoccupato
unicamente di eliminare tutte le spinte centrifughe, dovute in primo luogo alla
nobiltà. Per tale ragione aveva ridotto il potere degli aristocratici,
creando un sistema amministrativo centralizzato e dotato di una fitta rete di
funzionari borghesi preposti al controllo della nobiltà di provincia, che
riferivano direttamente alla Corona. Sempre a
R. la Francia doveva la
costituzione di una flotta militare e commerciale organizzata ed efficiente,
grazie a cui l'economia ricevette una grande impulso mercantilistico, anche come
conseguenza delle penetrazioni coloniali in Africa e nell'America del Nord
(Canada). Amante della cultura, nel 1633 fondò l'Académie de
France e raccolse nel proprio palazzo scritti e collezioni d'arte oggi parte
della collezione della Biblioteca Nazionale (Castello di Richelieu, Poitu 1585 -
Parigi 1642).
Ritratto del cardinale Richelieu