Il fatto di essere responsabile. ║
Assumersi le proprie r.: frase
dal tono generalmente grave cui si ricorre quando, nell'ambito di un
gruppo, si vuole separare la
r. individuale da quella dell'intero
gruppo. ║ La qualità dell'essere responsabile, cioè
consapevole delle conseguenze derivanti dalla propria condotta
. •
Dir. - Sottomissione, disposta dalla legge, alla sanzione in seguito alla
violazione soggettivamente imputabile di un dovere giuridico. Si parla di
r.
amministrativa,
r. civile,
r. penale o
r.
internazionale, a seconda che la sanzione riguardi il diritto
amministrativo, il diritto civile, il diritto penale o il diritto
internazionale. ║
R. amministrativa: rientrano nell'ambito
della
r. amministrativa sia la
r. della pubblica amministrazione
nei confronti di terzi, sia la
r. dei funzionari e dipendenti pubblici
verso terzi e verso la loro amministrazione. In passato la dottrina giuridica
affermava la
r. esclusiva dei funzionari e dipendenti pubblici sostenendo
che la pubblica amministrazione in quanto tale non può che agire
legittimamente. In seguito, l'attribuzione allo Stato di
personalità giuridica, la concezione dello Stato come rappresentanza
della volontà collettiva e, soprattutto, l'elaborazione della
teoria organica (in base alla quale il funzionario o dipendente di un ente
pubblico si identifica con l'ente medesimo che per mezzo suo agisce) hanno
condotto al principio giuridico che gli atti del dipendente vanno ascritti alla
volontà dell'ente stesso. Si parla di
r. amministrativa di
un ente pubblico quando l'affermazione dell'interesse pubblico lede
uno specifico interesse privato. Ad esempio, la L. 25-6-1865 (il cui contenuto
viene ribadito dagli artt. 42 e seguenti della Costituzione) prevede
l'espropriazione della proprietà privata e il diritto
dell'espropriato a ottenere un indennizzo, anche se non sempre equivalente
al danno patrimoniale subito. Analogamente, nell'art. 13 della
Costituzione, trova fondamento giuridico la
r. contrattuale, imputabile a
un ente pubblico e determinata dalla violazione dei diritti soggettivi dei
privati, in nome di situazioni di necessità o urgenza. Nell'ambito
della
r. amministrativa di un ente pubblico rientra, infine, la
r.
extracontrattuale che si ha ogni volta in cui viene violato il principio del
neminem ledere, senza che il fatto illecito sia connesso a un
preesistente rapporto giuridico. La
r. amministrativa dei funzionari e
dipendenti pubblici è disciplinata dal T. U. 10-1-1957, n. 3, in cui si
stabilisce che tale
r. sussiste solo nel caso in cui, con dolo e colpa
grave, vengano lesi i diritti soggettivi di terzi. I privati possono pretendere
dal pubblico dipendente il risarcimento del danno subito, parallelamente
all'avvio di un'azione legale nei confronti della pubblica
amministrazione. La
r. è esclusa in due casi: quando è
imputabile a un ordine che l'inferiore era tenuto a eseguire e quando
l'impiegato abbia agito per legittima difesa o in stato di
necessità. Si afferma, invece, la
r. di chi abbia operato per
delega, mentre nell'ambito dei collegi amministrativi si prevede
esclusivamente la
r. del presidente e di quei membri del collegio che
abbiano dato il proprio assenso all'atto. La
r. amministrativa dei
funzionari e dipendenti pubblici può essere disciplinare o patrimoniale.
Si parla di
r. disciplinare qualora il dipendente non assolva a un dovere
d'ufficio; le sanzioni, inflitte solo in seguito a un regolare
procedimento, vanno dalla censura al licenziamento. Viceversa, la
r.
patrimoniale (oggetto degli artt. 81-83 del R.D. 18-11-1923, n. 2.440,
dell'art. 52 del T.U. 12-7-1934, n. 1.214 e dell'art. 1 della L.
14-1-1994, n. 20) è propria di quei dipendenti pubblici che,
parallelamente all'esercizio delle loro funzioni, arrechino un danno
all'ente presso il quale prestano servizio; il danno può anche
consistere nel risarcimento cui è tenuto l'ente nei confronti di
terzi che, lesi nei propri interessi da un impiegato, abbiano avviato
un'azione legale contro l'ente medesimo. La
r. patrimoniale
degli impiegati che svolgano la funzione di contabile presso comuni, province,
consorzi o istituzioni amministrative dipendenti da enti pubblici, denominata
r. contabile, viene disciplinata con norme proprie. In base ad esse, al
termine di ogni gestione, i contabili, cui competono la riscossione, i
pagamenti, la custodia dei beni immobili, ecc., sono tenuti a presentare il
conto consuntivo alla Corte dei Conti, che procede all'esame
dell'operato dei dipendenti in questione. Nel caso in cui vengano
riscontrate irregolarità, il contabile sotto accusa, per evitare un
procedimento nei suoi confronti, deve dimostrare che le irregolarità
ravvisate non hanno provocato alcun danno all'erario pubblico, oppure che
tali irregolarità sono imputabili a cause di forza maggiore non
dipendenti dalla sua volontà. ║
R. civile: la
r.
civile, disciplinata dagli artt. 2.043-2.059 Cod. Civ., deriva sia dalla
violazione di un obbligo di diritto privato, sia, soprattutto, da un fatto
illecito. Si distingue in
r. contrattuale o da inadempimento e
r.
extracontrattuale o
aquiliana (benché, in senso proprio, si parli
di
r. civile solamente in relazione a quest'ultima): la prima
concerne un precedente vincolo giuridico (senza alcun riguardo per la fonte da
cui tale vincolo deriva), comporta una colpa lieve, attribuisce al debitore
l'onere della prova e non esula dall'elemento soggettivo; la
seconda, invece, si basa sul generico principio del
neminem ledere,
determina una colpa lievissima, ascrive al creditore l'onere della prova e
connette la
r. esclusivamente all'effettivo riscontro del danno. In
genere, la
r. è diretta, nel senso che ogni individuo,
purché sia in grado di intendere e di volere, risponde del danno
provocato da una sua azione o omissione. Talvolta, tuttavia, un individuo
(incapace, soggetto alla tutela, commesso, ecc.) viene obbligato a compiere un
fatto illecito: è questa la cosiddetta
r. indiretta o
r.
senza colpa o
r. oggettiva, in cui si esula dalla ricerca della colpa.
Oggigiorno, l'ambito di tale
r. si estende sempre più;
ciò per la difficoltà di dimostrare la sussistenza di un nesso
causale tra condotta di un soggetto e danno, per la necessità di
adempiere al risarcimento e per limitare la misura della
r. ║
R.
penale: la
r. penale è quella di un soggetto cui viene
attribuito un fatto penalmente rilevante e legalmente perseguibile mediante
l'applicazione di una pena. L'art. 27 della Costituzione afferma il
principio di personalità, in base al quale risultano sanzionabili
soltanto quei fatti che comportano la colpa dell'agente e che siano ad
esso ascrivibili in virtù di un nesso psicologico. Conseguentemente,
nessuno può essere punito per un'azione o un'omissione preveduta
dalla legge come reato se non l'ha commessa con coscienza e volontà,
così come nessuno può essere punito per un fatto decretato dalla
legge come delitto se non l'ha commesso con dolo, salvo il caso di omicidio
preterintenzionale o doloso, espressamente previsto dalla legge. Regolamentano
la
r. penale il principio della riserva assoluta di legge, il principio
di irretroattività della legge penale e il principio di tipicità
dei reati e delle pene. ║
R. internazionale: la
r.
internazionale deriva dal compimento di un fatto illecito da parte dei soggetti
dell'ordinamento internazionale, in primo luogo gli Stati. La
regolamentazione della
r. internazionale è per lo più
affidata a criteri consuetudinari o a convenzioni che disciplinano aspetti
specifici della materia; da tempo, tuttavia, la Commissione del diritto
internazionale delle Nazioni Unite (CDI) sta lavorando a una proposta di
codificazione unitaria delle norme giuridiche internazionali. Perché si
possa parlare di
r. internazionale sono necessari due elementi, uno
soggettivo e uno oggettivo. Innanzitutto, occorre che il fatto illecito sia
imputabile a individui che svolgono la funzione di organi dello Stato o di suoi
enti pubblici territoriali; in secondo luogo bisogna che gli organi in questione
adottino un comportamento che contrasti con un obbligo internazionale assunto
dallo Stato. Il fatto illecito non sussiste quando si verificano le seguenti
condizioni: il consenso dello Stato leso; l'esercizio di una sanzione in
risposta a uno Stato che abbia a sua volta commesso un illecito; la legittima
difesa; lo stato di necessità; la situazione di pericolo per la vita
dell'individuo che agisca nella sua qualifica di organo dello Stato; la
forza maggiore o il caso fortuito. L'autore di un fatto illecito è
tenuto alla
restitutio in pristinum (o
in integrum) oppure, ove
ciò non sia possibile, alla corresponsione di una somma di denaro,
generalmente equivalente a quella necessaria per riparare il danno provocato. Si
parla di soddisfazione (nella forma della presentazione delle scuse ufficiali,
della punizione del colpevole, ecc.) nel caso in cui il danno sia puramente
morale o giuridico. Lo Stato leso che non venga in qualche modo risarcito del
danno subito ha il diritto di imporre una sanzione (detta anche contromisura) e
violare, conseguentemente, un diritto soggettivo dello Stato, autore del fatto
illecito. La CDI distingue dagli altri determinati fatti illeciti, definiti
crimini internazionali degli Stati, che si segnalano per la loro gravità
e consistono, ad esempio, in una minaccia alla pace, in una violazione della
pace o in un atto di aggressione. Nei confronti dello Stato che si sia reso
responsabile di tali crimini, si prevede l'adozione di sanzioni da parte
dell'intera comunità internazionale; non si esclude neppure
l'intervento della forza armata. ║
Società a r.
limitata: introdotto in Italia dal Codice Civile del 1942, è un tipo
di società di capitali, particolarmente adatto per le imprese di piccole
dimensioni, in cui i detentori di quote di capitale sono responsabili
limitatamente al valore delle quote sottoscritte (estremamente variabile da
socio a socio), mentre di fronte a terzi è responsabile la società
stessa. L'art. 2.475 bis del Cod. Civ., contenuto nel disegno di legge
3-3-1993, n. 88, ha previsto, in seguito, la possibilità di costituire
società a
r. limitata con un solo socio. Gli statuti sociali delle
società suddette possono decidere la trasferibilità o meno della
quota sociale e l'adozione di procedure semplificate per la convocazione
dell'assemblea o la destituzione del collegio sindacale (in tal caso
spetta ai soci controllare l'amministrazione sociale), mentre non è
ammessa la costituzione per pubblica sottoscrizione, né l'emissione
di obbligazioni. • Filos. - La
r. è la condizione per cui un
agente si configura quale causa volontaria di un determinato effetto; come tale,
l'agente in questione va punito o premiato, a seconda delle circostanze.
Il concetto di
r., dunque, risulta strettamente connesso con quello di
causa, tanto è vero che nel pensiero primitivo i due concetti
coincidevano fra loro. In realtà, perché si possa parlare di
r., l'elemento causale è necessario, ma non sufficiente:
occorre anche la volontarietà dell'agente, dal momento che non
può essere giudicato responsabile chi abbia agito in modo involontario.
La riflessione sulla
r. si collega a quella sul libero arbitrio: la
negazione di quest'ultimo, infatti, comporta al tempo stesso
l'esclusione di ogni
r. Nella storia della filosofia il problema
del rapporto fra
r. e libero arbitrio venne dibattuto soprattutto da
Lutero, la cui posizione emerge chiaramente dalla polemica con E. da Rotterdam.
Quest'ultimo, nello scritto
Diatriba de libero arbitrio (1524),
affermava la libertà della volontà: a suo parere, infatti, se non
ci fosse per l'uomo la possibilità di scegliere, allora le Sacre
Scritture non conterrebbero esortazioni o biasimi, né avrebbe senso
parlare della giustizia o della misericordia di Dio. Al pensiero di Erasmo,
Lutero oppone l'opera dall'eloquente titolo
De servo arbitrio
(1525), in cui sosteneva l'inconciliabilità fra il libero arbitrio
e l'onnipotenza e prescienza divina, poiché non è possibile
ammettere, contemporaneamente, la libertà divina e quella umana. Con un
celebre esempio di origine agostiniana, Lutero esprimeva plasticamente il suo
pensiero come segue: «La volontà umana è posta fra Dio e
Satana come un giumento. Se Dio vi sta sopra, egli va dove Dio vuole. Se vi sta
Satana, va dove Satana vuole e non è in sua libera scelta il poter
correre lontano dai due cavalieri o il poterli cercare. Sono loro che lottano
per tenerselo stretto e per possederlo». • St. - Il graduale e
difficile cammino degli uomini verso la
r. coincide con il cammino stesso
della civiltà. L'uomo primitivo credeva che il proprio destino
fosse governato, in ogni circostanza, da potenze occulte e che gli eventi
fossero causati da forze soprannaturali, che era opportuno ingraziarsi mediante
riti propiziatori e procedimenti magici. Analogamente, era convinto che la
propria
r. si limitasse alla corretta osservanza di un cerimoniale in
grado di assicurargli, ove necessario, l'intervento soprannaturale. Le
metafisiche arcaiche, del pari, attribuivano la
r. del corso del mondo a
una sorta di gestione cosmica, svuotando di ogni senso il concetto medesimo di
libertà umana. Perché la
r. ottenga riconoscimento e
valore, occorre attendere l'affermazione di quelle filosofie che
considerano l'uomo come ente finito e storico, portatore di valori tali che
nessuna potenza cosmica può sottrargli o garantire in sua vece. Questa
assunzione di
r. venne portata alle estreme conseguenze da J.-P. Sartre
che sottolineò il carattere responsabile e attivo di ogni iniziativa
umana, affermando che negli eventi del mondo vi è sempre per l'uomo una
scelta da compiere, una
r. da assumere. • Psicol. -
L'assunzione delle proprie
r., tenendo presenti le azioni passate e
avvertendo il passato come presente, è espressione dell'esigenza unitaria
della persona; viceversa, il tentativo di sottrarsi alla
r. provoca, a
livello psichico, la moltiplicazione patologica di più persone nella
medesima personalità: l'io rinuncia alla coscienza e rifiuta, non
riconoscendole come proprie, le azioni già compiute sino a giungere, nei
casi più gravi, alla perdita totale dell'unità personale. Dal
momento che la memoria è tutt'uno con la tendenza ad assumersi la
r. delle proprie azioni, nonché ad accettare sé medesimi e
l'unità della propria persona, la non accettazione di sé si
configura come perdita della memoria.