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Della giustizia). Dialogo, composto da Platone intorno al 374 a.C., tra i
più importanti del periodo della sua maturità. Diviso in 10 libri,
dibatte del problema politico e della giustizia, in quanto virtù
ordinatrice tanto della vita individuale, quanto della struttura dello Stato. Di
quest'ultimo Platone prima indaga la genesi e poi fornisce la descrizione del
modello ideale, che coincide con la misura della
pólis: in esso
non esiste la proprietà privata e anche la famiglia è abolita e i
figli sono allevati in comune. Tre sono le classi della città-stato: i
lavoratori, che sopperiscono alle sue necessità materiali, i custodi che
la difendono, gli arconti che la governano. I governanti accedono a tale compito
dopo un lungo e selettivo percorso educativo, che comprende la musica, la
matematica, la dialettica e ha il suo grado massimo e finale nella filosofia. La
conoscenza, infatti, è il secondo argomento di questo dialogo,
inscindibile da quello politico, perché, afferma Platone, l'arte del
governare non può volgere al bene se non quando la esercitino i filosofi
o quando i governanti diventino filosofi: a questo tema e all'esposizione della
dottrina delle Idee è dedicata la celebre allegoria della caverna,
esposta nel VII libro della
R. Ciascuna delle tre classi dello Stato ha
dunque un proprio compito, che svolge mediante la virtù che le
appartiene: ai governanti-filosofi la saggezza, ai guardiani la fortezza, ai
lavoratori la temperanza. Nello Stato la giustizia è ciò che
consente l'equilibrio e la soddisfazione di tutti, così come un uomo
è giusto quando le tre parti costitutive della sua anima (ragione,
volontà-sentimento, appetiti sensuali) assolvono alla propria funzione.
Nel libro X, il mito del giovane Er è dedicato alle vicende dell'anima
individuale dopo la morte e alla sorte che le è riservata, secondo che
abbia o meno vissuto giustamente. L'importanza di questo dialogo, che anche da
un punto di vista letterario si segnala per il suo vigore stilistico, l'armonia
della composizione, la potenza poetica delle narrazioni, risiede soprattutto
nella maturità della sua elaborazione e della convergenza teorica. Il
problema politico, infatti, non solo vi compare come centrale, ma si impone
quale fine ultimo della stessa speculazione filosofica, che a sua volta ne
è la sostanza. L'intellettualismo etico dei dialoghi giovanili, infine,
approda alla complessa dottrina delle Idee e all'ontologizzazione del valore
morale.