Partito politico italiano costituitosi ufficialmente nell'aprile 1895 a Milano. Erede della tradizione mazziniana e formatosi
dall'incontro tra la linea associazionistica e unitaria di G. Mazzini e quella
federalista di C. Cattaneo, operò dapprima come movimento di opinione,
continuando a perseguire i propri ideali repubblicani anche dopo l'unificazione
nazionale sotto la Monarchia sabauda. Le prime elezioni del 1897 portarono alla
formazione di un gruppo parlamentare di 22 rappresentanti, che divennero 29
nelle successive elezioni del 1900. Nei primi dieci anni del XX sec. si
assistette al contrasto tra le fazioni parlamentari repubblicane, tensione che
si acuì quando la parte più intransigente, interna e dominante nel
PRI, si oppose all'impresa libica del 1911-12. Il
PRI, ostile a
qualunque spedizione coloniale, ma di ispirazione irredentista, sostenne
però l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale, anche per
l'azione decisa e rinnovatrice di A. Ghisleri. Nel dopoguerra il numero dei
deputati, per l'introduzione del sistema proporzionale e per l'avvento di altri
partiti di massa, subì un calo notevole che portò a sei il numero
dei membri eletti nelle consultazioni politiche del 1921. Con l'avvento del
Fascismo, il
PRI seguì la sorte degli altri raggruppamenti
nazionali e con lo scioglimento del 1926 i rappresentanti del partito
andarono a ingrossare le fila dei fuoriusciti clandestini o degli esponenti
della Resistenza antifascista, attiva anche in Spagna nelle Brigate
internazionali. Ricostituitosi nel 1943, il
PRI rifiutò l'adesione
al CNL in considerazione delle proprie idealità antimonarchiche, ma
partecipò attivamente alla lotta di Resistenza partigiana con le brigate
Giovane Italia e Mazzini. Venuta meno, con la proclamazione della Repubblica nel
1946, la pregiudiziale monarchica, il
PRI destinò all'Assemblea
Costituente 23 membri e nel 1947 assorbì il Movimento Democratico
Repubblicano di F. Parri e U. La Malfa, nato da una scissione interna al Partito
d'Azione. Nello stesso anno il
PRI entrò nel Governo di centro
guidato da A. De Gasperi, in considerazione della svolta anticomunista operata
da quest'ultimo. Le elezioni per la prima legislatura repubblicana confinarono
in una posizione di secondo piano il
PRI, rappresentato allora da R.
Pacciardi, che sostenne attivamente l'introduzione della nuova legge elettorale
maggioritaria. Negli anni seguenti si andò delineando un contrasto
interno tra la corrente di destra, capeggiata dallo stesso Pacciardi, e l'ala di
sinistra, condotta da La Malfa e O. Reale, favorevole a un'apertura al Partito
Socialista Italiano. Dopo la vittoria interna di quest'ultima, la segreteria
venne affidata a La Malfa, sostenitore di una politica di convergenza con il
centro-sinistra. Nel corso della segreteria di La Malfa (1965-76), il
PRI
riconquistò una certa quota di elettorato che lo condusse al 3% dei voti,
dopo la flessione dell'1,4% toccata nel 1958, e si impegnò nel
conseguimento di una posizione di equilibrio all'interno della compagine
parlamentare, rivolgendosi soprattutto a temi di natura economica e proponendo
l'applicazione di una severa politica dei redditi. Nella seconda metà
degli anni Settanta, sotto la segreteria di O. Biasini, il
PRI
cooperò nella politica di solidarietà nazionale aprendo la
strada al tentativo di inserimento del Partito Comunista Italiano nella
maggioranza governativa. La linea di politica rigorosa del
PRI
portò nel 1979 al conferimento della presidenza del Consiglio a La Malfa,
che cercò di formare la prima legislatura di matrice non democristiana.
Il tentativo fallì, anche per la concomitante pressione generata dal
terrorismo legato al «caso Moro» e per la morte del segretario stesso;
nel 1981, tuttavia, la presidenza del Consiglio venne nuovamente affidata a un
esponente del
PRI, il senatore G. Spadolini, che aveva sostituito B.
Visentini alla guida del gruppo parlamentare. Con Spadolini si inaugurò
la nuova formula politica del Pentapartito (DC, PSI,
PRI, PSDI, PLI),
destinata a sopravvivere fino al 1991 e, contemporaneamente, proprio grazie alla
soluzione della questione sulla loggia P2 e all'acquiescenza del movimento
terroristico delle Brigate Rosse, il
PRI raggiunse nel 1983 il 5,1% dei
voti alla Camera e il 4,7% al Senato. Nelle elezioni europee del 1984 e nelle
successive consultazioni nazionali del 1987 iniziò un lento declino che
accreditò al
PRI il solo 3% dei voti in entrambe le Camere.
Divenuto Spadolini presidente del Senato nel 1987, la segreteria del partito
passò a G. La Malfa che tuttavia, alle elezioni europee del 1989, non
riuscì a risollevare le sorti del raggruppamento; negli anni seguenti il
PRI mantenne un atteggiamento critico nei confronti di alcune decisioni
parlamentari, quali la legge Martelli sull'immigrazione extracomunitaria, e
nell'aprile 1991 rifiutò di entrare nel settimo Governo Andreotti e
passò all'opposizione. Negli anni seguenti, a causa della crisi del
sistema politico italiano seguito a Tangentopoli e all'introduzione della legge
elettorale maggioritaria, destinata alla formazione di un sistema politico
bipolare, i repubblicani, che con l'appoggio al Governo di C.A. Ciampi (aprile
1993 - maggio 1994) avevano ottenuto solo due deputati, si schierarono
all'opposizione rispetto al Governo Berlusconi (maggio 1994 - gennaio 1995) e in
favore di quello successivo, guidato da L. Dini (gennaio 1995 - maggio 1996).
Dopo le consultazioni politiche del 1996 il
PRI sostenne il Governo Prodi
e portò in Parlamento due deputati inseriti nella coalizione di
centro-sinistra. Considerate esaurite le ragioni che nel 1995 avevano indotto il
PRI ad aderire all'alleanza di centro-sinistra, nel 44°
Congresso di Bari del 2001 si stabilì che vi erano le condizioni
politiche e programmatiche per stipulare un'alleanza con Berlusconi. Nelle
elezioni politiche del maggio 2001 i candidati repubblicani si presentarono
nello schieramento di centro-destra, ottenendo, però, una pesante
sconfitta.