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Relatività.

La natura e il carattere di ciò che è relativo. • Fis. - Teoria della r.: teoria fisica elaborata da A. Einstein tra il 1905 e il 1916, basata sulla eliminazione del concetto di spazio e di tempo assoluti. Inizialmente Einstein enunciò la teoria della r. ristretta o speciale (1905-07), nella quale si ammette ancora l'esistenza di una classe di riferimenti privilegiati equivalenti, i cosiddetti riferimenti inerziali; a questa teoria seguì, in una seconda fase (1912-16), la teoria della r. generale, nella quale viene negata l'esistenza di riferimenti privilegiati e la gravitazione viene considerata come una proprietà geometrica dello spazio-tempo. ║ Teoria della r. ristretta o speciale: teoria elaborata da A. Einstein tra il 1905 e il 1907, fondata sulla critica dei concetti assoluti di tempo e di spazio postulati da Galileo e da Newton. La fisica newtoniana è basata sul principio di invarianza delle leggi della meccanica rispetto alle trasformazioni di Galileo, alle trasformazioni, cioè, che sussistono tra riferimenti in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, e sul carattere assoluto del concetto di tempo; tale invarianza è espressa nel principio di r. galileiana, il quale postula l'esistenza di una classe di riferimenti privilegiati, detti inerziali, in cui le leggi della meccanica hanno la stessa forma. Una conseguenza del principio di r. galileiana e del carattere assoluto del tempo è che la velocità della luce valutata da un osservatore terrestre dovrebbe dipendere dalla direzione da cui proviene il segnale luminoso; una serie di celebri esperienze condotte da A.A. Michelson (1881) smentirono tali previsioni, mostrando l'invarianza della velocità della luce da ogni riferimento scelto e, quindi, ponendo in discussione i postulati della meccanica classica. La r. ristretta nasce dalla necessità di conciliare i postulati della fisica con i risultati sperimentali. A suo fondamento sono il principio di universalità della luce, secondo il quale la velocità della luce è la stessa in ogni riferimento inerziale, e il principio di r. einsteiniano, in base al quale tutte le leggi della fisica hanno la stessa forma in ogni riferimento inerziale. Una conseguenza diretta dell'adozione dei due nuovi postulati è l'abbandono del carattere assoluto dei concetti di lunghezza e di tempo. Per comprendere meglio la critica del principio del carattere assoluto del tempo e della distanza, consideriamo l'esempio di un treno (K) che viaggia lungo la strada ferrata (K'); siano gli assi x, y, z, che definiscono il sistema K, paralleli agli assi x', y', z', che definiscono K' e il moto avvenga parallelamente all'asse x. La relazione tra le coordinate x, y, z e x', y', z' secondo il principio di r. galileiano è la seguente:

x' = x - ut
y' = y
z' = z
t' = t

dove u è uguale alla velocità rispetto a K' e l'equazione t' = t, che stabilisce la coincidenza dei tempi dei due sistemi, è stata aggiunta da Einstein; la distanza tra due oggetti o l'intervallo di tempo che intercorre tra due eventi, quindi, è sempre lo stesso rispetto a ogni riferimento inerziale, come è facile verificare applicando le relazioni sopra scritte. Le relazioni tra le coordinate x, y, z e x', y', z' secondo il principio di r. einsteniano, invece, sono le seguenti:

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dove β = u/c; tali relazioni prendono il nome di trasformazioni di Lorentz, e sono una diretta conseguenza del principio di universalità della velocità della luce. Consideriamo, quindi, un regolo in quiete posto lungo l'asse x nel riferimento K, di lunghezza l pari alla differenza x2 - x1 delle coordinate spaziali dei suoi estremi rispetto a K; tali coordinate diventano, nel sistema K', funzioni della velocità u e della velocità della luce c, e la lunghezza del regolo, rispetto a K', è minore di l (contrazione delle lunghezze). Consideriamo poi un orologio TA fisso in A e un altro orologio Tt sul treno in moto; via via che l'orologio Tt si sposta da A verso B, le sue lancette, che immaginiamo possano essere viste da A, sembreranno ruotare più lentamente di quelle di TA in misura dipendente dalla velocità del treno, in relazione al fatto che al crescere della distanza aumenterà in proporzione il tempo di propagazione della luce (dilatazione dei tempi). Le trasformazioni di Lorentz hanno l'ulteriore proprietà di lasciare invarianti le equazioni di Maxwell: le leggi dell'elettromagnetismo nella forma data da Maxwell, pertanto, rimangono le stesse nella teoria della r., mentre la meccanica classica, che non è invariante per le trasformazioni di Lorentz, deve essere modificata. La massa non è costante, ma aumenta con l'energia; da questo si può dedurre l'equivalenza fra massa ed energia, espressa dalla formula E0 = mc2, dove E0 è l'energia, m la massa, c la velocità della luce nel vuoto. ║ R. generale: teoria elaborata da A. Einstein come ulteriore approfondimento dei concetti di spazio e di tempo e delle loro proprietà. La r. ristretta, fondata sul principio della perfetta equivalenza fra sistemi inerziali, ammette ancora l'esistenza di una classe di osservatori privilegiati per i quali le leggi della fisica assumono una forma particolarmente semplice; tale privilegio, tuttavia, non appare giustificato da particolari proprietà dei corpi o dalla definizione di moto. Inoltre, la coincidenza numerica tra i due diversi concetti di massa introdotti in meccanica classica (massa inerziale e massa gravitazionale), dimostrata da esperienze condotte con grandissima precisione, rivelano la natura relativa di ogni campo uniforme di forze, in particolare di un campo gravitazionale: dato un qualsiasi campo uniforme, infatti, è possibile adottare un opportuno riferimento nel quale il campo non sia più presente, e l'azione esercitata da esso sia attribuita alle cosiddette forze apparenti, dovute alla natura non inerziale del nuovo riferimento. In altri termini, l'azione di un campo gravitazionale è localmente identica a quella di un riferimento non inerziale, e le due azioni non sono distinguibili. Un classico esempio di tale indistinguibilità è quello di un osservatore posto all'interno di un ascensore in moto: egli non è in grado di dire, con nessun tipo di esperienza da lui condotta, se sia sottoposto a un campo gravitazionale o se si trovi all'interno di un riferimento non inerziale. Questo tipo di critiche suggerirono ad Einstein di abbandonare l'idea dell'esistenza di una classe privilegiata di riferimenti, e di introdurre il seguente principio di equivalenza: se ci si limita a considerare una piccola regione dello spazio, un campo gravitazionale in quiete è equivalente a un sistema di riferimento che si muove con accelerazione costante in un campo privo di gravitazione, ed è impossibile trovare un qualsiasi esperimento che permetta di distinguere l'uno dall'altro. Una volta introdotto il principio di equivalenza, nasce la necessità di adattare la teoria della r. ristretta, in maniera tale da ritrovare quanto già dimostrato valido in assenza di campo gravitazionale e da includere la meccanica newtoniana per velocità ordinarie. L'idea fondamentale di Einstein fu quella di concepire il campo gravitazionale come una distorsione dello spazio-tempo, ovvero come una proprietà della geometria intrinseca di ogni riferimento, e non come un ente assoluto esterno; alla base dello spazio-tempo, quindi, non è più la geometria euclidea uniforme, bensì quella riemanniana. Lo spazio-tempo viene ora concepito come una varietà riemanniana di quattro dimensioni con tensore metrico ghk, ovvero come una superficie nella quale la distanza ds tra due punti infinitamente vicini è espressa dalla relazione ds2 = ghkdxhdxk. Il tensore ghk, che caratterizza la metrica della varietà, cioè la distanza tra due suoi punti, dipende dalla materia presente nell'universo, e sostituisce il ruolo svolto dai campi gravitazionali in r. ristretta: come disse Einstein, «la presenza di massa curva la geometria dello spazio-tempo», nel senso che determina la metrica in esso presente. Le equazioni di moto di una particella di prova in un campo gravitazionale, pertanto, coincidono con quelle di una particella libera su una varietà riemanniana; come noto, la traiettoria di tale particella è una geodetica della varietà, ovvero una linea caratterizzata dal fatto che il percorso tra due suoi punti è minimo rispetto a ogni altro percorso. Le equazioni fondamentali del campo gravitazionale sono date, invece, da opportune relazioni differenziali che legano il tensore metrico della varietà al tensore energetico, il quale descrive l'azione della materia presente; è possibile dimostrare che, sotto opportune ipotesi, le equazioni di campo si riducono a quelle della meccanica classica, inclusa, quindi, nella r. generale come caso particolare. La struttura spazio-temporale introdotta in r. generale fornisce la spiegazione di diversi fenomeni astrofisici che, dunque, costituiscono una conferma sperimentale della sua validità e vengono considerati prove classiche della teoria, tra le quali ricordiamo: la deviazione dei raggi luminosi dalla traiettoria in prossimità di una grande massa, lo spostamento delle righe spettrali prodotte sulla superficie del sole verso il rosso, rispetto alle righe corrispondenti prodotte sulla terra, la precessione del perielio di Mercurio. Oltre a queste, la teoria della r. generale ha trovato numerose altre conferme sperimentali; le tre prove appena menzionate, tuttavia, rivestono particolare importanza poiché costituiscono una verifica della r. generale anche rispetto alle altre teorie gravitazionali formulate nel corso degli anni. La teoria della r. generale, inoltre, dà origine a uno studio fisico-matematico della cosmologia, avviato dallo stesso Einstein, basato sul modello standard di un universo isotropo e omogeneo in cui, cioè, non vi siano posizioni e direzioni privilegiate. L'evoluzione dell'universo, secondo tale teoria, è descritta da tre diverse possibilità: universo in espansione, dove le mutue distanze tra i corpi crescono indefinitamente con il tempo, pur mantenendo immutati i propri rapporti; universo stazionario; universo in contrazione, dove le distanze, al contrario, si riducono sempre più fino a raggiungere l'implosione. Tutti i modelli ammettono una singolarità, il cosiddetto big bang, cioè un istante iniziale caratterizzato da energia infinita, da cui ha origine l'espansione dell'universo; a differenza degli altri due, l'ultimo modello ammette, dopo una iniziale espansione, una seconda fase di contrazione che si conclude in un big crash finale, una sorta di implosione dell'intera energia contenuta nell'universo. Mentre viene scartata l'ipotesi di uno spazio stazionario, non è attualmente chiaro quale dei restanti modelli corrisponda al nostro universo, anche se si è più propensi verso l'ipotesi di un universo in espansione. La teoria cosmologica dedotta dalla r. generale prevede numerosi altri fenomeni, dei quali molti sono ancora oggetto di studio; tra i più famosi sono il collasso gravitazionale e la formazione dei buchi neri, stadio finale dell'evoluzione di particolari stelle, così chiamato per la caratteristica di assorbire tutta la materia, compresa la luce. Un ultimo problema di notevole importanza studiato in r. è quello della radiazione gravitazionale: la teoria della r. generale, infatti, prevede l'esistenza di onde gravitazionali con proprietà in qualche modo simili a quelle delle onde elettromagnetiche, la cui rivelazione, tuttavia, è molto difficile, a causa della piccolezza dell'interazione tra gravitazione e materia. L'eventuale rilevazione diretta di onde gravitazionali costituirebbe una ulteriore prova della validità della teoria di Einstein.