(dal latino
redemptio, der
. di
redimere: riscattare).
Liberazione, affrancamento da una condizione di oppressione e sofferenza:
la
lotta per la r. di un popolo dalla schiavitù. ║ Nella dottrina
cristiana, il riscatto dell'uomo dal peccato e dalla morte attraverso
l'incarnazione e la morte di Cristo. • Fin. - Anticamente il termine
veniva utilizzato in espressioni quali
r. del debito pubblico,
cioè rimborso, estinzione, ammortamento del debito pubblico, e
casse
di r., ovvero casse di ammortamento. Negli ultimi tempi del governo dei
Medici nel Granducato di Toscana, la decima fu detta
tassa di r., in
quanto destinata a ripianare il debito pubblico. Nel linguaggio finanziario
moderno è rimasto l'uso dell'aggettivo derivato
redimibile.
• St. delle rel. - L'idea di
r. appartiene a quasi tutte le
religioni, fin dall'antichità. È riscontrabile già nel
totemismo, nelle celebrazioni periodiche in cui viene compiuto il pasto rituale
consistente nella carne dell'animale totem, o nella mitologia greca, laddove il
sacrificio di Ifigenia rappresenta il riscatto della collettività
attraverso l'immolazione di una sola persona. Nell'Antico Testamento l'offerta a
Dio di animali redime gli uomini risparmiando i primogeniti umani che altrimenti
dovrebbero essere sacrificati. Tuttavia, il significato più profondo di
r. si ritrova nelle concezioni religiose che assegnano all'essere umano
il compito di riscattarsi dalla propria condizione naturale di sofferenza e di
colpa attraverso i mezzi che la religione gli offre. Questo concetto di
r. manca nelle religioni cosiddette naturali o nazionali (per esempio,
nel politeismo greco-romano), mentre è presente nelle religioni
misteriche e universalistiche. Di rilevante importanza in molte religioni
indiane, la
r. può avvenire, come nel Buddhismo, attraverso la
conoscenza o l'amore e compiersi nell'annullamento nel
Nirvana o
nell'universale beatitudine. Forme di
r. si trovavano in particolare
nell'orfismo, che considerava il fine ultimo dell'uomo quello di fondersi alla
divinità superando la finitezza della condizione umana; il mezzo
consisteva nell'iniziazione ai misteri, nel perseguimento di uno stato
mistico-estatico anche mediante pratiche di purificazione e astinenza. Nella
tradizione ebraica anticotestamentaria l'idea di
r. si ricollega
all'annunciato avvento del Messia e, con esso, all'inizio di una nuova era di
pace e giustizia, alla liberazione dalla sofferenza e, per quanto riguarda il
popolo ebraico, al riscatto dalla soggezione e dall'esilio. Nella concezione
cristiana i concetti di peccato originale e di
r. sono centrali e
correlati. Il peccato ha causato la cacciata di Adamo dal paradiso terrestre e
si esprime come caduta dell'uomo nella temporalità storica. Attraverso
l'incarnazione e la grazia di Dio avviene la
r.: Dio si fa uomo nella
storia per redimere l'uomo dal peccato. I fondamenti etici del Cristianesimo
sono pertanto i concetti di peccato e di
r., ai quali si uniscono
strettamente quelli di libertà e di grazia. Nei Vangeli, Cristo viene
riconosciuto come colui che, secondo il messaggio profetico dell'Antico
Testamento, porta su di sé i mali degli uomini, fisici e morali,
cioè i peccati. In questo secondo senso, l'eucaristica è indicata
come espressione del sacrificio per la
r. dai peccati. Soprattutto nel
Vangelo di Giovanni è presente l'idea della morte cruenta come sacrificio
espiatorio: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo".
San Paolo sviluppa il concetto di
r., allargandone il significato dalla
liberazione dal peccato all'elevazione e santificazione dell'uomo. In Paolo
trova piena espressione il pensiero secondo cui attraverso l'intervento
riparatore di Cristo, il redentore, offertosi a Dio in sacrificio,
l'umanità - che si trovava in disgrazia presso Dio a causa del peccato
originale - ha riconquistato l'amicizia divina. Nella Patristica il concetto di
r. viene elaborato secondo due principali filoni: l'uno, prevalente nei
Padri greci, vedeva la
r. già nell'unione umana e divina del Verbo
che redime per ciò stesso la natura umana; l'altro, caratteristico dei
Padri latini, che insistono sul concetto paolino del sacrificio espiatorio.
Dalla riflessione legata al problema della
r. scaturirono interpretazioni
difformi da quella dominante e perciò condannate come eretiche. Tra
queste lo Gnosticismo, che fa consistere la
r. essenzialmente nella
partecipazione alla gnosi (conoscenza), com'è stata rivelata agli uomini
da Cristo, da cui consegue la negazione del valore e dell'autorità
dell'insegnamento della gerarchia ecclesiastica; l'Arianesimo, la dottrina
fondata da Ario e condannata a Nicea nel 325. Secondo tale concezione, il Verbo,
intermediario tra Dio e il mondo, non è Dio, dato che è simile ma
non uguale al Padre. In opposizione a quanto sostenuto dai vari movimenti
eretici, il problema della
r., come gli altri grandi temi del
Cristianesimo, fu trattato da sant'Agostino, secondo cui la condizione negativa
prodotta dal peccato di Adamo è riparata dalla
r. di Cristo, alla
quale si partecipa soltanto nell'ambito della Chiesa.