Atto ed effetto del recitare, sia come lettura o dizione a memoria di un testo
(in prosa o in versi), sia come interpretazione di un'opera teatrale,
cinematografica, radiofonica, televisiva. • Teat. -
R. teatrale:
l'arte dell'attore, intendendo come tale non solo l'attore drammatico, ma
anche il mimo, il danzatore, il cantante purché considerati nell'ambito
di uno spettacolo teatrale. L'arte della
r. consiste nel dare vita a
personaggi fittizi e risulta caratterizzata da due elementi fondamentali
strettamente connessi, il gesto e la parola, che vanno accordati e fusi tra
loro, facendo dell'uno il sostegno, la ragione e il complemento dell'altro.
Accanto ai due principali, altri elementi condizionano la
r., quali la
scena, il costume, il trucco, ecc. • Encicl. - In età classica,
occorre distinguere una
r. con la maschera (come nel caso della tragedia
e della commedia) e una senza maschera (come avveniva nel mimo e nel pantomimo).
L'attore doveva eccellere principalmente nella dizione, nella declamazione e nel
canto ed essere in grado di cambiare voce, a seconda che interpretasse
personaggi maschili o femminili, di età giovane o avanzata. In Grecia e a
Roma l'arte della
r. raggiunse il culmine, rispettivamente, nel IV sec.
a.C. e nel I sec. a.C. L'era cristiana portò alla comparsa sulla scena
delle donne e all'indiscussa egemonia dell'arte pantomimica. A partire dai secc.
V-VI, la
r. si limitò all'arte onomatopeica dei mimi o a quella
dei giullari, finché nel tardo Medioevo si affermò il dramma
sacro. Perché si possa parlare di
r. teatrale moderna occorre
attendere il XVI sec., epoca in cui si confrontarono tra loro due generi
distinti di
r.: la
r. aulica e quella dei comici. La prima
accordava la massima importanza al testo scritto e all'arte della declamazione.
Viceversa, la seconda si identificava con la
r. all'improvviso (priva di
un testo scritto cui gli attori dovevano attenersi scrupolosamente) e non
disdegnava l'impiego di tutti i mezzi espressivi del corpo umano (non solo la
voce, dunque, ma anche il gesto e il movimento); la
r., inoltre, appariva
totalmente autonoma rispetto al testo da rappresentare e come dotata di vita
propria. L'Inghilterra elisabettiana e la Spagna del secolo d'oro trassero
ispirazione dal tecnicismo della commedia dell'arte e dal classicismo
italo-francese, oltre che dalla tradizione scenica medioevale. A Molière,
per primo, si deve il merito di aver operato una fusione tra la
r.
classicistica e la tecnica propria dei comici dell'arte. Nel corso del XVII sec.
si susseguirono, in tutta Europa, le ben note
querelle teoriche sulla
r. teatrale, che videro come protagonisti F.A.V. Riccoboni, P. Remond de
Sainte-Albine, G.E. Lessing, D. Diderot, J.-J. Rousseau, D. Garrick e C.
Goldoni. Nel XIX sec., dominò incontrastata la figura del grande attore
romantico dalle grandi passioni cui fece seguito, verso la fine del secolo, la
stagione naturalista e verista. Nel XIX sec., infine, la reazione
antinaturalistica condusse a esiti rivoluzionari, ora critici nei confronti
della tradizione, ora propensi al recupero di forme lontane, sia nel tempo sia
nello spazio. ║
Scuole di r.: scuole di
r. che addestravano
nell'arte interpretativa e, soprattutto, nella dizione e nell'oratoria si sono
avute in tutti i tempi. Vere e proprie scuole pubbliche, tuttavia, nacquero solo
verso la fine del XIX sec. Tra esse, ricordiamo: il Conservatoire de musique et
de declamation a Parigi; la scuola annessa al Teatro di Mosca; il cosiddetto
seminario teatrale a Berlino e a Vienna; la scuola di J. Copeau al
Vieux-Colombier di Parigi. In Italia, accanto alla scuola sorta a Firenze per
opera di L. Rasi, si segnalò la scuola istituita a Roma, presso
l'Accademia di Santa Cecilia, da G. Baccelli e diretta da V. Marini;
inizialmente dedicata a E. Duse, una volta resa autonoma e tramutata in
Accademia nazionale d'arte drammatica, la scuola venne intitolata a S. d'Amico,
che ne fu direttore per parecchi anni. Nell'immediato dopoguerra vennero annesse
a vari Teatri stabili altrettante scuole di
r., perché
affiancassero la medesima attività teatrale; le più importanti
furono (e restano tuttora) la Scuola d'arte drammatica del Piccolo Teatro di
Milano e la scuola del Teatro stabile di Torino. • Est. -
R.
teatrale: il rapporto fra l'attore e il testo recitato costituisce il
fondamento e la premessa di ogni riflessione estetica sulla
r. Già
Aristotele, nella
Poetica, si interrogò in proposito, affermando
che «cercare di promuovere questi sentimenti, il terrore e la pietà
della favola, mediante lo spettacolo scenico è cosa che non ha a che fare
con l'arte del poeta e ci deve pensare il corego». Se il pensatore greco
non fece altro che tracciare una linea di demarcazione tra le due sfere, Hegel
asserì che l'attore deve essere «lo strumento su cui l'autore suona,
una spugna che si imbeve di tutti i colori e li restituisce senza
alterarli»; ciò nondimeno, lo stesso Hegel riconobbe in seguito
l'indipendenza di tutti quei fattori (quali, ad esempio, la
r., la
scenografia, ecc.) necessari all'esistenza del dramma. La posizione hegeliana
venne condotta alle estreme conseguenze da B. Croce, che definì la
r. come traduzione, e dunque variazione, di un testo, e non semplicemente
come sua interpretazione; a suo giudizio l'autore della
Locandiera non
è Goldoni, bensì l'attore che porta sulla scena la commedia. Di
parere contrario fu G. Gentile, che identificò la
r. con la
semplice lettura di un testo. Queste due opposte teorie si rifanno a due diverse
concezioni dell'arte: l'una, fondata sulla verosimiglianza, ispirò le
poetiche del teatro naturalista, l'altra, fondata sull'estetica romantica,
ispirò le poetiche tese a tradurre la drammaticità del testo nella
teatralità della rappresentazione. Un altro spunto di riflessione per
l'estetica è costituito dal rapporto fra l'attore e il personaggio. Il
fatto che l'attore presti al personaggio, oltre alle caratteristiche fisiche,
anche dei sentimenti e delle passioni innestò la polemica tra
emozionalisti e antiemozionalisti, cominciata nel XVIII sec. e non ancora del
tutto esaurita. I primi, riecheggiando l'affermazione di Orazio «Se mi vuoi
far piangere, devi piangere tu per primo», ritengono che sia impossibile
per un attore recitare sentimenti mai vissuti in prima persona;
conseguentemente, essi identificano nella sensibilità la qualità
più importante che un artista deve possedere. Viceversa, i secondi
distinguono il sentimento dall'espressione del sentimento; quest'ultima deriva
esclusivamente dalla fantasia, la quale assurge a principale dote di un attore.
A questo dibattito, ben presto, si affiancò quello sull'immedesimazione
dell'attore nel personaggio che vide schierati, da una parte, coloro che
suggerivano all'artista di partire da esercizi esterni per arrivare a produrre
un movimento interiore, dall'altra, coloro che proponevano di cominciare con la
concentrazione interiore da cui, poi, sarebbe scaturita spontaneamente
l'espressione esteriore adeguata. Non sono mancate neppure scuole che hanno
smentito la necessità dell'immedesimazione fra attore e personaggio. In
questo indirizzo di pensiero si riconobbe, ad esempio, B. Brecht; a lui si deve
l'elaborazione della teoria della
r. straniata, per cui l'interprete non
è tenuto a diventare il personaggio, ma più semplicemente a
presentarlo al pubblico. • Cin.-
R. cinematografica: pur essendo
debitrice nei confronti della
r. teatrale, la
r. cinematografica
ha sviluppato teorie e tecniche proprie. All'inizio il cinema era egemonizzato
da mimi, clown e attori, che provenivano dal circo e dal music-hall; a quel
tempo, la
r. si basava esclusivamente sulle componenti espressive del
movimento e della gestualità. In seguito, la
r. cinematografica
scoprì l'importanza della comunicazione verbale e, parallelamente ad
essa, del montaggio, dell'articolazione dei piani, dell'illuminazione e della
possibilità di portare sulla scena anche costumi e oggetti. Di qui a far
propria la facoltà di esprimersi non solo verbalmente il passo fu breve.
La riflessione sulla
r. cinematografica si è occupata quasi
esclusivamente della figura dell'attore, che appare ora come una delle presenze
di maggiore importanza del film, ora, invece, come uno dei tanti elementi che
costituiscono il film. In epoca neorealistica, inoltre, all'attore tradizionale
si sostituirono persone intente a rappresentare se stesse.