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Rea, Domènico.

Scrittore italiano. Il genere letterario prediletto da R. fu il racconto, con cui, fin da giovane, attirò su di sé l'attenzione della critica del suo tempo, dipingendo gli aspetti più umili e quotidiani della vita del Mezzogiorno d'Italia. Illustre antecedente della produzione di R. fu la letteratura realista e meridionalista, all'interno della quale i suoi maggiori riferimenti furono G. Verga e F. De Sanctis, insegnante spirituale il primo e maestro di stile il secondo. Le raccolte di racconti più significative di R. sono: Spaccanapoli (1947), Gesù, fate luce (1950) e Quel che vide Cummeo (1955). In Spaccanapoli, il linguaggio, colorito e lievemente ampolloso, rappresenta, in modo ora tragico ora grottesco, una realtà del Sud che ha i tratti della commedia e del dramma al tempo stesso; concretezza e fantasia, folclore e meraviglia di fronte agli eventi costituiscono gli ingredienti principali, nonché le ragioni della fortuna di questo racconto. In Gesù, fate luce, ritornano i motivi e i toni della raccolta precedente, ma con differenze significative: il linguaggio, infatti, è più raffinato, così come più perfetta appare la fusione di reale e fantastico, di comico e tragico. In Quel che vide Cummeo, infine, si avverte che la tragedia vissuta dai personaggi non è semplicemente una finzione, ma qualcosa di reale, umano e sofferto; non è un caso l'unanimità dei critici nel considerare quest'opera l'esito più alto di tutta la narrativa di R. Altre pregevoli raccolte di novelle e prose sono: Il re e il lustrascarpe (1960) che, tra colori e folclore, raccoglie varie testimonianze di vita; L'altra faccia (1966); La signora è una vagabonda (1968); Tentazione e altri racconti (1976); Il fondaco nudo (1985), un insieme di ricordi, racconti e brevi saggi da cui emerge un amaro pessimismo per gli schemi alienati della comunicazione attuale; Pensieri della notte (1987), in cui tinte drammatiche e umoristiche colorano personaggi, ambienti e situazioni. Notevoli furono anche i risultati delle opere di maggior respiro; fra esse sono degni di nota i romanzi Ritratto di maggio (1953), Una vampata di rossore (1959) e Ninfa plebea (1992). Ritratto di maggio, in particolare, è considerato dalla critica una sorta di «anti-Cuore»; in esso R., con un tono ora documentario ora narrativo, affronta il tema della vita scolastica di un gruppo di ragazzi che vivono in uno sperduto paesino del Sud. Una vampata di rossore, invece, descrive una difficile realtà familiare e sociale, in cui l'incomprensione e l'incomunicabilità dei sentimenti costituiscono la norma; vari biografi hanno rinvenuto nell'opera non poche reminiscenze autobiografiche. La realtà del Mezzogiorno, problematica eppure colorita e, talvolta, spensierata, ritorna a essere protagonista in alcuni saggi d'argomento soprattutto napoletano: Diario napoletano (1971) e Fate bene alle anime del Purgatorio (1974-79). La narrativa e la saggistica, tuttavia, non furono gli unici generi letterari in cui si cimentò R.; accanto ai racconti, ai romanzi e ai saggi, R. fu anche autore di pregevoli testi teatrali e di poesie. Meritano di essere ricordate le commedie Le formicole rosse (1948), in cui prevale il gusto dell'astrazione e della stilizzazione assoluta, e Re Mida (1979), nonché la raccolta di poesie Nubi (1976). R., infine, collaborò con alcuni quotidiani, tra cui il «Corriere della Sera» e «Il Mattino» (Nocera Inferiore, Salerno 1921- Napoli 1994).