Il modo, l'atto o l'effetto del razionare al fine di limitare il consumo. Vi si
ricorre in situazioni di emergenza, in particolare durante le guerre. •
Encicl. - Il
r. colpisce per lo più i generi di prima
necessità (come gli alimenti, le scarpe, i tessuti, ecc., ma talvolta
anche le materie prime di cui si servono più industrie, il carburante,
l'energia elettrica, ecc.), quando la disponibilità di questi beni
è o si teme divenga insufficiente a soddisfare le esigenze della
popolazione. Attraverso il
r. si cerca di fare in modo che la
distribuzione dei prodotti soggetti a tale regime sia equa e duri il più
a lungo possibile. Generalmente il consumatore è provvisto di una
tessera, o carta, munita di tagliandi che, contemporaneamente all'acquisto,
vanno staccati e rilasciati al venditore. La quantità di beni destinata a
ogni persona varia in relazione all'età, al lavoro svolto, a particolari
condizioni fisiologiche o patologiche e, talvolta, anche al reddito. Il
r.
provoca conseguenze negative: le razioni sono spesso inferiori alle reali
necessità della popolazione; spesso la qualità dei prodotti
razionati non è ottimale; inevitabilmente si sviluppa un mercato
clandestino (mercato nero), in cui è possibile acquistare i prodotti
sottoposti a
r. in quantità superiori a quelle fissate, ma a
prezzi altrettanto più alti di quelli stabiliti dall'autorità.
• Zool. -
R. del bestiame: la quantità di alimenti che si
decide di fornire quotidianamente agli animali affinché possano
adempiere, nelle migliori condizioni possibili, alla funzione cui sono destinati
(lavoro, latte, uova, lana, ecc.). I requisiti che deve possedere una razione
perché possa definirsi buona sono: essere costituita da alimenti sani;
nutrire adeguatamente gli animali; contenere una giusta combinazione di
proteine, vitamine e sali minerali; non essere economicamente dispendiosa.