Nel linguaggio comune, approvazione, convalida, conferma. • Dir. rom. -
Sotto la denominazione di
r. (
ratihabitio), il diritto romano
contemplava diversi istituti: la conferma di un negozio giuridico invalido;
l'approvazione di un negozio giuridico compiuto senza il mandato o oltre il
mandato; l'approvazione di un negozio compiuto da chi aveva una limitata
capacità d'agire. ║ Tra il XIII e il XVIII sec. con il termine
r. si intendeva la conferma, data in Tribunale, di una confessione fatta
sotto tortura; essa doveva avvenire in piena libertà, di norma dopo 24
ore dalla prima confessione. La
r. rendeva la confessione estorta del
tutto equiparabile a quella spontanea; in assenza di
r. la confessione
era giuridicamente nulla, o al limite valutabile come un semplice indizio.
• Dir. civ. - Atto unilaterale con cui il rappresentato dà la sua
approvazione a un negozio annullabile, compiuto da un rappresentante senza
mandato, o che abbia operato al di là del mandato conferitogli (art.
1.399 Cod. Civ.). La
r. deve essere fatta nelle stesse forme previste per
la conclusione del negozio da ratificare, e ha valore retroattivo, fatti salvi i
diritti di coloro che, precedentemente all'atto di
r., abbiano concluso
con il ratificante atti riguardanti cose o diritti compresi nella
r. I
terzi e il rappresentante hanno facoltà di sciogliere il contratto prima
della
r.; è diritto della terza parte contraente richiedere che il
rappresentato ratifichi il negozio entro un certo lasso di tempo, scaduto il
quale, in assenza di pronunciamento, la
r. si intende negata. L'art.
1.711 prevede la
r. nel caso di un atto che ecceda dai limiti del mandato
e nel caso di mandato che non comporti rappresentanza. La
r. è
prevista inoltre nella gestione degli affari con effetti equiparabili a quelli
di un mandato. È opinione prevalente che, poiché la gestione
d'affari produce effetti indipendentemente dalla
r., quest'ultima sia
necessaria solo in casi di gestione in cui manchino gli estremi previsti dalla
legge e in quelli in cui il gestore agiva nella convinzione di gestire un
proprio affare. • Dir. pubbl. - Il termine
r. può indicare
istituti di diversa natura (conferma, approvazione, sanatoria, o
r.
propriamente detta). Propriamente consiste nel riconoscimento, da parte
dell'organo istituzionale competente in ultima analisi, della validità di
un atto deliberato, provvisoriamente, da un organo esecutivo. Il termine
è stato anche utilizzato per indicare la conversione in legge dei decreti
legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente (giugno
1946 - maggio 1948). La
r. vera e propria, intesa come attribuzione di
validità definitiva a un atto avente validità provvisoria, trova
in realtà scarse applicazioni nel diritto pubblico. In passato la
r. era prevista per le deliberazioni delle giunte comunali, provinciali o
regionali, assunte in caso di urgenza, che dovevano essere sottoposte a
r. dei rispettivi consigli. La L. 8-6-1990, n. 142 ha limitato la
possibilità di provvedimenti d'urgenza di questo tipo, fatta eccezione
per le materie riguardanti le variazioni di bilancio da sottoporre a
r.
del consiglio entro 60 giorni. • Dir. internaz. - Atto con cui uno Stato
dichiara di voler costituire, con uno o più soggetti di diritto
internazionale, un accordo il cui contenuto sia già stato fissato dai
plenipotenziari. Generalmente il diritto di
r. spetta al capo dello
Stato, o comunque all'organo competente a dichiarare la volontà dello
Stato nei rapporti internazionali; il corrispettivo documento diplomatico
è chiamato
strumento di r. In caso di accordi bilaterali, la
consegna reciproca degli strumenti di
r., chiamata
scambio delle
r., notificando alla controparte la
r., produce il conseguente
effetto giuridico; per accordi collettivi, la procedura è quella del
deposito delle r., consistente nella presentazione degli
strumenti al ministero degli Esteri di una delle parti in causa, o a un
organismo internazionale che ne diano notizia agli altri Stati interessati. La
giustificazione tecnico-giuridica della
r., come atto distinto e
successivo alla firma dell'accordo, è quella di permettere l'osservanza
delle norme costituzionali interne perché si formi la volontà
dichiarata nella
r. stessa. Secondo la giurisprudenza non è
possibile considerare la
r. come elemento di un atto complesso,
complementare a quello della firma dei plenipotenzari; parimenti si esclude che
la clausola che la riguarda contenga una sospensione della validità
dell'accordo perfezionato dalla firma; la
r. è infatti il solo
atto giuridico che affermi la volontà di uno Stato di partecipare
effettivamente a un accordo. Quindi la
r. risulta un atto
internazionalmente libero e, a prescindere dall'avvenuta firma dell'accordo,
può essere rifiutata. Dal punto di vista storico, la pratica della
r. si ricollega all'epoca delle Monarchie assolute, quando i
plenipotenziari ottenevano dal re il potere di impegnare in modo definitivo lo
Stato, e la
r. del monarca serviva solo ad approvare impegni assunti
oltre tali poteri. Sono esclusi dalla
r. gli accordi internazionali
stipulati dai comandanti delle forze armate in tempo di guerra, gli accordi di
tipo tecnico stretti fra i responsabili delle amministrazioni interessate,
quelli accessori rispetto ad accordi principali, cui sia stata già
accodata la
r. e i trattati in forma semplificata, che entrano in vigore
dal momento della firma. In Italia, l'art. 87 della Costituzione stabilisce che
la competenza della
r. spetti al presidente della Repubblica, il cui atto
deve essere controfirmato dal ministro proponente (art. 89); per i trattati di
carattere politico, per quelli che prevedano arbitrato o regolamenti giudiziari,
che provochino variazioni del territorio internazionale, oneri alle finanze o
cambiamenti delle leggi, è inoltre necessaria l'autorizzazione delle
Camere (art. 80).