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Radioterapìa.

Med. - Branca della radiologia medica, detta anche terapia radiante, che si occupa della cura delle malattie, soprattutto di tipo tumorale, con radiazioni ionizzanti di tipo α, β, γ e X. • Encicl. - Queste radiazioni trasferiscono una parte della loro energia ai tessuti che attraversano, i quali, a seguito dei fenomeni di ionizzazione prodotti, si trovano coinvolti in una serie di eventi biologici alteranti la loro vitalità cellulare e modificanti morfologicamente e funzionalmente nucleo e protoplasma. Queste modificazioni differiscono a seconda della quantità (dose) e della qualità (efficacia biologica relativa) dell'energia radiante assorbita. La radiosensibilità, la proprietà, cioè, di risentire dell'azione delle radiazioni da parte delle cellule, è strettamente legata al tipo di tessuto interessato ed è molto elevata nel caso di tessuti che si rinnovano perennemente. Nel corpo umano hanno radiosensibilità alta le linfoghiandole, la milza, il timo, il testicolo, l'ovaio, il midollo osseo, le cellule epiteliali dell'intestino; hanno radiosensibilità media la cute, gli annessi cutanei, le cellule epiteliali del cristallino, gli endoteli vasali, le cellule cartilaginee, l'osso in accrescimento; hanno radiosensibilità bassa il fegato, il rene, il polmone, le cellule nervose, le ghiandole endocrine, la muscolatura liscia e striata, il connettivo, l'osso. I tessuti neoplastici sono normalmente costituiti da cellule poco differenziate e dall'intensa attività riproduttiva, perciò maggiormente sensibili alle radiazioni rispetto ai tessuti sani circostanti. Questa differenza, insieme a una serie di accorgimenti tecnici importanti, permette l'utilizzo della r. per ottenere effetti biologici desiderati sui tessuti tumorali senza danneggiare eccessivamente le cellule sane peritumorali. Le radiazioni utilizzate nelle r. sono essenzialmente di due tipi: elettromagnetiche (raggi X e γ) e corpuscolate (raggi β, elettroni veloci) e la loro emissione è affidata a radioisotopi o ad appositi macchinari. Questi sono di due tipi: apparecchi per raggi X di bassa energia, utilizzati solitamente nella röntgenterapia tradizionale, o di alta energia, e acceleratori di particelle. Per quanto riguarda le varie tecniche di r., esse trovano una distinzione fondamentale nella posizione della sorgente delle radiazioni. La r. con sorgenti esterne trova impiego nel trattamento di numerosi tumori, siano essi superficiali o situati in profondità. La r. con sorgenti interne, effettuata per mezzo di isotopi, si specializza a seconda delle modalità di introduzione degli elementi radioattivi nel corpo. Si distingue, allora, la r. endocavitaria, consistente nell'introduzione di preparati radioattivi di vario genere, racchiusi in contenitori, in particolari cavità naturali dell'organismo; la r. interstiziale, per la quale i preparati, resi in forma di aghi, fili o altro, vengono disposti chirurgicamente sul tessuto tumorale da combattere, secondo una disposizione geometrica appositamente elaborata; le r. metabolica ed endovasale, proprie della medicina nucleare. La r. può essere impiegata da sola o in associazione con altre terapie. Nel primo caso è efficace nei tumori della cute, del labbro, del cavo orale, del collo dell'utero. Se associata alla chirurgia, la r. può essere preoperatoria, allo scopo di ridurre il volume del tumore e di modificarne lo stadio in senso positivo, o postoperatoria, tendente al completamento dell'azione chirurgica tramite la distruzione di eventuali cellule tumorali residue. La r. può essere utilizzata anche in associazione, o in alternanza, con la chemioterapia (terapia farmacologica).