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Radioricevitore.

Apparecchio per il rilevamento di radioonde captate da un'antenna ricevente. • Elettrotecn. - Terminale di un circuito di radiocomunicazioni avente all'estremità opposta un radiotrasmettitore, a cui giungono segnali a radiofrequenza utilizzati in un circuito trasmittente. Per assolvere a tale funzione, il r. è collegato a un'antenna ricevente, di tipo elettrico o magnetico, e a un traduttore di segnali, il quale rende fruibili le informazioni contenute nel radiotrasmettitore con il procedimento della modulazione o della manipolazione, che conduce alla formazione di segnali telegrafici. Le operazioni qualificanti che un r. deve essere in grado di compiere sono la captazione, tramite antenna, delle radioonde, la selezione della banda di frequenza in cui è trasmesso il segnale, la demodulazione, che recupera l'informazione tramite un traduttore del segnale elettrico in onde sonore (altoparlante) o in immagini (cinescopio). Il r. si divide in tre parti principali: la sezione a frequenza radio, che seleziona e amplifica solo determinati segnali raccolti dall'antenna; la sezione di rilevazione, in cui sono estratte le informazioni contenute nei radiosegnali; la sezione di trasduzione a frequenza acustica, in cui l'energia dei segnali viene amplificata e convertita in forme idonee. Nello schema più semplice di r., la sezione a radiofrequenza è ridotta a un circuito oscillante con adattamento di impedenza verso il rivelatore e l'antenna, mentre la sezione trasduttrice è limitata al semplice traduttore. I tipi di r. più frequenti sono però quelli a conversione di frequenza: in questi esemplari i radiosegnali vengono amplificati da un amplificatore, miscelati in un convertitore di frequenza con radiosegnali non modulati di frequenza diversa e generati da un oscillatore locale; all'uscita del convertitore si raccolgono segnali-informazioni con frequenza finale fi. In quest'ultimo caso il segnale è ancora a radio frequenza, cioè a frequenza superacustica o supereterodina. Se il r. è a sintonia variabile, le parti dei circuiti sintonizzati dell'amplificatore e dell'oscillatore locale sono collegati in modo che la radio frequenza sia sempre la stessa. Così facendo, il centro del r. risiede nell'amplificatore a media frequenza, vale a dire a frequenza fissa, che può subire regolazioni in funzione della sensibilità e della selettività. Caratteristiche fondamentali nella definizione di un r. sono infatti la sensibilità e la selettività. La prima è definita come tensione minima, o efficace, di radiosegnali che, applicati ai morsetti di ingresso (connessi all'antenna ricevente), generano un segnale di uscita sufficiente al fine del r. Nel caso di r. a sintonia variabile, tale qualità muta al variare della frequenza di sintonia, determinando, graficamente, delle curve di sensibilità. Tanto più queste ultime assumeranno un andamento orizzontale, sintomo dello stazionamento della sensibilità al mutare della frequenza nel campo, tanto più il r. sarà di qualità elevata. La selettività, invece, identifica la capacità del r. nel valutare i radio segnali desiderati provenienti da onde di frequenza differente. Tale caratteristica è rappresentata dalla larghezza della banda passante che valuta l'ampiezza del campo di radio frequenze, al cui centro si collocano i segnali utili, mentre alle estremità si configura una diminuzione della sensibilità. La forma ideale della curva di selettività varia a seconda della tipologia di segnale da ricevere: da curve assai strette, ampie poche decine di Hz, si passa a larghezze di banda di qualche centinaio di Hz, idonee a definire i segnali telegrafici, a curve di pochi kHz, per segnali telefonici, e a rappresentazioni ampie qualche MHz, per programmi in radiodiffusione e televisivi a modulazione di frequenza. Altre specificità per un r. sono: la stabilità di frequenza, che dispone la capacità di un apparecchio a rimanere sintonizzato su una certa frequenza, la cifra di rumore, valutabile come quoziente tra il rapporto segnale-rumore all'uscita e lo stesso rapporto all'entrata, misurati entrambi in dB. Altra caratteristica fondamentale per i r. destinati all'ascolto di musica è la fedeltà, rappresentata graficamente dall'omonima curva che determina il livello di uscita di un segnale in relazione alla frequenza di modulazione. Per ottenere una curva di selettività molto acuta, necessaria alla trasmissione radiotelegrafica, vengono utilizzati dei filtri passa banda a media frequenza che godono le proprietà di risonatori ferro-elettrici. Per la ricezione eterodina di segnali telegrafici, invece, è possibile attivare un altro oscillatore, detto di battimento, la cui frequenza può variare leggermente intorno alla media frequenza, per ottenere così un segnale di battimento a frequenza acustica. Dato che il guadagno dell'amplificatore tende a diminuire con l'aumentare della frequenza, nei r. destinati all'ascolto di programmi in radiodiffusione, i cui fattori di richiamo sono la semplicità d'uso e il costo limitato, si impiegano valori di media frequenza piuttosto bassi (tra i 450 e i 470 kHz), che permettono la realizzazione dell'amplificatore di media frequenza in un solo livello (a tubi) o in due (a transistori). Nei r. professionali si adottano, invece, valori molto più elevati (tra 1 e i 15 MHz) che assicurano un'alta reiezione d'immagine (attenuazione del segnale immagine rispetto a quello utile). Inoltre in tutti i r. a supereterodina esiste un controllo automatico di sensibilità ottenuto applicando, alle griglie di controllo dei tubi, una tensione negativa proporzionale all'intensità dei segnali ricevuti: in tal modo segnali forti risultano meno amplificati rispetto a quelli deboli e quindi il volume sonoro prodotto dall'altoparlante resta pressoché costante al mutare dell'intensità dei segnali. Tra i comandi di un r. risultano evidenti quelli di regolazione del volume, che modifica l'ampiezza del segnale applicato all'ingresso dell'amplificatore, del tono, che attenua i toni acuti e valorizza quelli bassi, della sintonia, che varia la frequenza di sintonia su una scala. I r. per la radiodiffusione sono realizzati con transistori o diodi alimentati da pile o dalla rete a corrente alternata; i r. per la radiotrasmissione ad alta qualità sono generalmente dei sintonizzatori collegati a un altoparlante e ad amplificatori ad alta fedeltà. Tali apparecchi consentono la ricezione di una gamma di segnali a onde lunghe (si parla allora di filodiffusione) e a modulazione di frequenza, compresi, questi ultimi, tra gli 88 e i 108 MHz. Analogamente i televisori, o r. televisivi, hanno una media frequenza ancora più alta che ha reso necessaria l'adozione di un circuito per la contemporanea amplificazione di segnali video e audio. Qualità simili a quelle citate contraddistinguono i r. per radiodiffusione a bordo di autoveicoli: tali apparecchi presentano un'alta sensibilità, un efficiente controllo selettivo, che permette di affrontare le continue variazioni nell'intensità dei segnali durante la marcia del veicolo, un'elevata potenza d'uscita per rispondere alla rumorosità circostante.