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Radioattività.

Fis. - Fenomeno di emissione di radiazioni ionizzanti da parte di nuclei atomici (nuclei radioattivi) che, in conseguenza di tale emissione, subiscono una trasformazione strutturale. Vengono classificati due tipi di r., quella naturale e quella indotta (o artificiale), a seconda che l'emissione delle radiazioni sia una proprietà spontanea dei nuclei o sia stata provocata per mezzo di qualche reazione nucleare. La trasformazione che un nucleo subisce quando si manifesta la sua r. si definisce decadimento radioattivo. • Encicl. - Alla base della scoperta della r. naturale, ad opera di H. Becquerel nel 1896, vi fu la scoperta dei raggi X da parte di W. Röntgen, nel 1895. Becquerel, sperimentando prima sul fosfato doppio di uranio e potassio, che è fosforescente, e poi su molti altri sali di uranio e sullo stesso uranio metallico, giunse a dimostrare che tutti i composti dell'uranio erano in grado di emettere radiazioni attive, capaci di impressionare le lastre fotografiche; che le radiazioni si indebolivano interponendo foglioline di alluminio o di rame tra la sorgente delle radiazioni e la lastra fotografica; che le radiazioni possedevano la proprietà di scaricare corpi elettricamente carichi. Nel 1898 M. Curie (V. CURIE, MARIE), iniziò la ricerca di eventuali nuove sostanze radioattive, che portò alla scoperta della r. del torio e di due elementi chimici fino a quel momento sconosciuti, il polonio e il radio, responsabili del fatto che alcuni minerali di uranio presentassero una r. più alta di quella di cui poteva essere responsabile il solo uranio. In seguito, E. Rutherford riuscì a distinguere tra le emissioni radioattive i raggi α e i raggi β, mentre nel 1900 P. Villard mise in luce un terzo tipo di radiazioni, i raggi γ. I raggi β furono quelli studiati per primi: già nel 1899-1900 si era a conoscenza delle loro principali caratteristiche, ovvero che essi sono deviati da campi magnetici ed elettrici in modo analogo ai raggi catodici, che hanno uno spettro continuo di energia e che la loro carica specifica è dello stesso ordine di grandezza di quella dei raggi catodici. L'identificazione della natura dei raggi α fu più difficile e richiese un maggior numero di anni. Solo nel 1902 Rutherford riuscì, con campi elettrici e magnetici molto intensi, a deflettere i raggi α, scoprendo che, a parità di intensità di campo, la loro deflessione è minore e in verso opposto a quella dei raggi β. Si dovette, però, attendere fino al 1909 per raggiungere la conferma che, qualunque sia la sostanza emettente, le particelle α sono da identificarsi con nuclei di elio e vengono emesse dai nuclei con uno spettro discreto di energia (E. Rutherford, F. Soddy, W. Ramsey, H. Geiger e altri). Le proprietà dei raggi γ furono identificate ancora più tardi e fu soltanto nel 1912 che, grazie a esperimenti di diffrazione su cristalli condotti col metodo di Laue, si evidenziò la loro natura elettromagnetica. Negli anni Trenta ebbero invece inizio i primi esperimenti di r. indotta. Nel 1934 F. e I. Joliot-Curie scoprirono che bombardando con raggi α alcuni nuclei leggeri (boro, magnesio, alluminio), questi si trasformavano in nuclei radioattivi artificiali β+. Prendendo spunto da questo risultato e utilizzando i neutroni (scoperti nel 1932 da J. Chadwick) come proiettili, E. Fermi e i suoi collaboratori giunsero alla conclusione che praticamente tutti gli elementi possono essere resi artificialmente radioattivi con un irraggiamento di neutroni. ║ Decadimento radioattivo: come si è detto, quando un nucleo radioattivo emette radiazioni, si trasforma in un nucleo diverso, ovvero decade. Alla base di qualunque tipo di decadimento di qualunque nuclide radioattivo vi è una stessa legge di decadimento radioattivo, espressa dalla relazione:

N(t) = N(0) exp(-λt)

dove N(0) è il numero di nuclei presenti all'istante t = 0, N(t) il numero di quelli che non sono ancora decaduti all'istante t e λ è la costante di decadimento (o di disintegrazione) che ha il significato di probabilità di decadimento per un nucleo nell'unità di tempo (il suo valore è una caratteristica del nuclide). Il numero di disintegrazioni che avvengono nell'unità di tempo si definisce attività (A) ed è rappresentata dall'uguaglianza:

A(t) = -dN/dt = λN(t) = A0exp (-λt)

L'attività si dimezza in un intervallo di tempo T1/2 (detto tempo o periodo di dimezzamento o anche emivita). Sulla base della natura delle radiazioni emesse durante il decadimento da un nucleo di numero di massa A e di numero atomico Z, si distinguono sei tipi di r. naturale: r. alfa (se il nucleo emette una particella α, cioè un nucleo di elio RADARAST02.pngHe, e si trasforma in un nucleo di numero di massa A-4 e di numero atomico Z-2), r. beta negativa (se il nucleo emette una particella β-, cioè un elettrone negativo, e si trasforma in un suo isobaro avente numero atomico Z+1), r. beta positiva (se il nucleo emette una particella β+, cioè un elettrone negativo e si trasforma in un suo isobaro avente numero atomico Z-1), r. per cattura elettronica (se il nucleo cattura un elettrone dei livelli energetici più bassi, trasformandosi in un isobaro con numero atomico Z-1, ed emette raggi X), r. gamma (se il nucleo eccitato emette un raggio γ, ossia un fotone energetico, portandosi conseguentemente in un livello di energia minore), r. per conversione interna (se il nucleo eccitato cede direttamente energia a un elettrone della struttura atomica, espellendolo). Inoltre, in alcuni nuclei a numero di massa particolarmente alto (A>230) può avvenire un processo di decadimento radioattivo per fissione spontanea, dove, cioè, il nucleo si spezza in due frammenti (raramente più di due), approssimativamente di massa uguale. Il nucleo formatosi nel decadimento radioattivo può a sua volta decadere in un altro anch'esso radioattivo, e così via. Alcuni nuclidi reperibili in natura danno origine a una serie di discendenti costituenti una famiglia radioattiva naturale, caratterizzata dal fatto che tutti i radioelementi che le appartengono portano a un medesimo nucleo finale. Le famiglie radioattive naturali sono tre (del torio, dell'uranio-radio e dell'attinio-radio) e per ognuna di esse il numero di massa A è esprimibile con le seguenti formule (in cui n indica un numero intero):

A = 4n (famiglia del torio)
A = 4n + 2 (famiglia dell'uranio-radio)
A = 4n + 3 (famiglia dell'attinio-uranio)

Dalla misurazione del rapporto fra il numero di atomi del capostipite e il numero di atomi del prodotto finale stabile, si può dedurre l'età della roccia in cui il minerale è contenuto (i capostipiti delle tre famiglie naturali hanno vite medie dell'ordine di 109÷1010 anni). ║ R. indotta: irradiando una sostanza (cioè bombardandola con particelle massive o con fotoni) se ne può attivare la r. Il nuovo nucleo può essere un isotopo di quello di partenza oppure essere chimicamente differente e può essere stabile o instabile (e in quest'ultimo caso subisce anch'esso decadimento radioattivo). Le reazioni nucleari che possono servire a produrre nuclei radioattivi sono diverse (provocate da neutroni termici o lenti; di media energia; di alta energia; indotte da deutoni e nuclei pesanti; foto ed elettronucleari) e generalmente vengono attivate da sorgenti artificiali, quali acceleratori di particelle e reattori nucleari. Tuttavia anche le esplosioni nucleari, che riversano nell'ambiente neutroni e frammenti di fissione, sono causa di r. indotta. La quantità di un radioisotopo artificiale e la sua attività dipendono dal tempo di irradiazione, dal flusso di particelle incidenti sulla sostanza irradiata, dal numero di nuclei-bersaglio per grammo di sostanza, dalla costante di decadimento del radioelemento in questione, della sezione d'urto, dalla reazione nucleare di formazione e dal tempo di raffreddamento che intercorre tra la fine dell'irradiazione e la misurazione dell'attività. Anche questo tipo di radioelementi può dare origine a serie di decadimenti radioattivi. ║ R. ambientale: elementi radioattivi di varia origine e natura sono presenti nell'ambiente terrestre, contenuti nei principali componenti ambientali (acqua, aria, crosta terrestre, biosfera). Gli elementi radioattivi naturali sono contenuti nell'ambiente da tempi remoti e la loro presenza è principalmente regolata da processi legati alle caratteristiche geomorfologiche: viceversa quelli artificiali sono stati immessi dalle varie attività umane legate alla produzione e all'utilizzo dell'energia nucleare. Il problema dell'accumulazione biologica di nuclidi radioattivi rappresenta uno dei maggiori pericoli in fatto di contaminazione radioattiva; di questa i maggiori responsabili sono gli isotopi dotati di una più lunga vita media come lo stronzio-90 o il cesio-137 (lo stronzio-90 viene più facilmente fissato negli scheletri o nei gusci degli animali marini). Meno pericolosi, grazie alla relativa brevità della loro vita media, sono gli isotopi fosforo-32, ferro-59, cromo-51, niobio-95, arsenico-76 e iodio-131. I nuclidi radioattivi di origine naturale che maggiormente si incontrano nell'ambiente marino sono il potassio-40, il rubidio-87, l'uranio-238 e il torio-232.
Raffigurazione schematica di emissioni radioattive