(o
radium; dal latino
radius: raggio). Chim. - Elemento chimico di
numero atomico 88, peso atomico 226,025; simbolo:
Ra. Nella tavola
periodica degli elementi costituisce il termine più pesante dei metalli
alcalino-terrosi, cioè del II gruppo sottogruppo A; è quindi
l'omologo superiore del bario. È l'elemento radioattivo per eccellenza.
Fu scoperto nel 1898 dai coniugi P. e M. Curie, che dalla pechblenda della
Boemia isolarono il suo bromuro (RaBr
2); allo stato metallico fu
isolato dalla signora Curie solo nel 1910, elettrolizzando il cloruro allo stato
fuso. La scoperta del
r. fu una conseguenza dell'osservazione che la
pechblenda aveva una radioattività superiore di ben 5 volte a quella che
poteva essere prodotta dai sali di uranio da essa ottenuti; di qui l'ipotesi
dell'esistenza di un altro elemento, molto più radioattivo dell'uranio, e
la ricerca che condusse all'isolamento del
r. Il
r. è un
fortissimo emettitore di radiazioni ed è stato la fonte di più
usata di radiazioni (sia per ricerche sia in medicina sia in usi industriali)
fino a non molti anni or sono. Il suo isolamento dai minerali di uranio operato
da coniugi Curie segnò quindi una tappa importante nello sviluppo della
fisica atomica sperimentale. ║
Stato naturale del r.: il
r.
esiste in natura in quantità estremamente basse ( si stima che
costituisca circa il 9,5 · 10
-11 della crosta terrestre); esso
è diffuso in tracce in diversi minerali ma non presenta concentrazioni
massicce. Le sorgenti più ricche sono i minerali di uranio, e in
particolare certe pechblende, che contengono una parte di
r. ogni
3.000.000 di parti di uranio. Il
r. è presente nell'uranio
naturale essenzialmente con due isotopi:
223Ra e
226Ra,
due prodotti di decadimento spontaneo dell'uranio. Il primo si forma nel
decadimento dell'uranio-235 e decade con un periodo di dimezzamento (tempo nel
quale una massa di un isotopo si trasforma per metà per effetto del
decadimento radioattivo) di 11,68 giorni; il secondo si forma invece nel
decadimento spontaneo dell'uranio-238, in un periodo di 1.622 anni,
trasformandosi in radon-222. Altri isotopi del
r. esistenti in natura
sono il 228 e il 224, che si formano nel decadimento spontaneo del torio-232,
esistente in natura. A sua volta il Ra-224 decade in alfa verso il radon-220 con
un periodo di 3,64 giorni. Nella serie di decadimento del nettunio-237, un
isotopo artificiale, si incontra invece il radio-225 che decade in beta con un
periodo di 15 giorni circa. La principale fonte di
r. è oggi
costituita dalla pechblenda estratta presso il Grande Lago degli Orsi, nel
Canada, dalla quale il
r. è ottenuto come sottoprodotto
dell'estrazione dell'uranio in ragione di poco più di 100 g l'anno.
║
Isotopi del r.: l'isotopo su cui è stata condotta tutta la
sperimentazione sul
r. è il Ra-226, quello disponibile in maggior
quantità. Esso decade trasformandosi in radon per emissione di una
particella alfa; un grammo di Ra-226 emette 3,7 · 10
10
particelle alfa per secondo (questa intensità è stata assunta come
unità di misura della radioattività e denominata
Curie,
abbreviato
Ci, in onore di P. e M. Curie). Ciò significa che
l'energia emessa da 1 g di
r. in un'ora è di 107 J. ║
Preparazione del r.: la preparazione del
r. viene fatta in
parallelo con l'estrazione dell'uranio, del quale rappresenta un sottoprodotto.
Nel trattamento della pechblenda si forma un residuo insolubile in acido
solforico che è costituito da solfato di bario e di
r., insolubile
in acqua, soprattutto in presenza di H
2SO
4. Si opera
quindi la trasformazione del solfato in carbonato per fusione con carbonato
sodico o altro; questo viene poi trattato con acido cloridrico, per cui si ha
una soluzione di BaCl
2, e RaCl
2, che sono alquanto
solubili. Questa soluzione subisce diverse operazioni di purificazione; quindi
con H
2SO
4 vengono di nuovo precipitati BaSO
4 e
RaSO
4. Per la separazione del
r. dal bario si opera mediante
cristallizzazione frazionata dei relativi bromuri BaBr
2 e
RaBr
2, sfruttando la differenza di solubilità. Si ottiene alla
fine un concentrato di RaBr
2 puro almeno al 90%. Il metallo allo
stato libero può invece essere ottenuto per elettrolisi di una soluzione
del suo cloruro RaCl
2 operando con anodo di lega platino-iridio e
catodo di mercurio, col quale si amalgama il
r. depositato. L'amalgama
può poi essere decomposto termicamente in un ambiente di idrogeno puro
per ottenere il
r. metallico. Queste operazioni vanno condotte da
operatori protetti contro le radiazioni. Il
r. deve essere conservato in
recipienti a tenuta, in quanto oltre al radon, il
r. emette anche
particelle alfa. ║
Proprietà fisiche del r.: il
r.
metallico si presenta come un metallo bianco lucente che ha peso specifico fra 5
e 6. Fonde a circa 700 °C e bolle fra 1.140 e 1.500 °C. Per il suo
continuo decadimento radioattivo, il metallo (o i suoi sali) oltre a emettere
particelle alfa, radon, raggi beta e raggi gamma, produce anche del calore, per
cui è sempre a una temperatura superiore a quella ambiente di almeno 1 o
2 °C. 1 g di
r. emette nell'arco di circa 2.000 anni una
quantità di calore superiore a quella liberata da 200 kg di carbone. Le
altre sue proprietà fisiche sono poco note; si sa che il calore di
combustione e quello di vaporizzazione sono rispettivamente di 27,4 e 2,4 kcal
per grammo-atomo e che il raggio ionico nella valenza +2, l'unica stabile che
presenta, è di 1,40 Å. ║
Proprietà chimiche e
composti del r.: il
r. è molto reattivo. A contatto con
l'acqua reagisce energicamente dando il suo idrato e idrogeno, come se fosse un
metallo alcalino; a contatto con l'aria si altera superficialmente per
formazione di un nitruro. Nei suoi composti presenta sempre la valenza +2; fra
essi i più noti sono il bromuro, il cloruro, il solfato e il carbonato,
preparati durante la sua separazione o per applicazioni particolari. I composti
contenenti
r. colorano la fiamma di rosso intenso. ║
Funzione
biologica del r.: il
r. è presente in tracce nell'organismo
umano, in quantità inferiori a 0,1 μg; esso subisce un metabolismo
parallelo a quello del calcio, concentrandosi quindi nelle ossa, ma si pensa che
non presenti particolari funzioni biologiche. La quantità massima
tollerata dall'organismo viene stimata intorno a 1 μg. Tenori di
r.
maggiori, come quelli riscontrabili in soggetti vissuti in zone di intensa
ricaduta di isotopi radioattivi dopo un'esplosione nucleare, portano ad anemia,
crescite cancerogene e, in generale, a tutti i fenomeni connessi con
l'intossicazione radioattiva. ║
Usi del r.: il
r. ha avuto
una grande importanza pratica, soprattutto in medicina, prima che fossero
disponibili in quantità isotopi radioattivi artificiali; oggi il suo
impiego in questo campo è venuto meno. Viene invece ancora utilizzato
come standard di emissione radioattiva, come sorgente di radiazioni e nella
preparazione di vernici fosforescenti (infatti è presente in certi
composti, come il solfuro di zinco, in cui eccita una brillante
fosforescenza).