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Rabelais, François.

Scrittore francese. Appartenente a una famiglia agiata, entrò come novizio in un convento di frati francescani, dove si dedicò con fervore allo studio del greco e del latino. La lettura delle opere dei pensatori dell'antichità, ignoti alla cultura tradizionale, ancora legata a concezioni medioevali, gli consentì non solo di giungere alla padronanza di un vasto sapere filosofico e scientifico, ma anche di familiarizzare con i maggiori eruditi e studiosi dell'epoca. Abbandonato l'ordine francescano nel 1525, forse a causa dei sospetti ingenerati nei superiori dai suoi interessi letterari, entrò nell'ordine dei benedettini, divenendo segretario del vescovo G. d'Estissac; durante i numerosi viaggi che compì al seguito di costui in varie regioni della Francia, entrò in contatto con la realtà e con la lingua contadina e popolare, cogliendo espressioni e particolari di cui si servì poi per arricchire il linguaggio dei protagonisti dei suoi libri. Divenuto nel 1527 prete secolare, per tre anni frequentò le città universitarie francesi, dove continuò ad approfondire gli studi e ad ampliare i propri orizzonti culturali, non disdegnando allo stesso tempo di unirsi alle compagnie goliardiche degli studenti. In questo periodo appaiono già evidenti due tratti peculiari della personalità di R., il cui influsso è manifesto anche nella sua produzione letteraria: da un lato, l'amore per la ricerca scientifica rigorosa e dotta, dall'altro la dirompente passione per la vita. Nel 1530 si iscrisse alla facoltà di medicina di Montpellier, conseguendo, in soli tre mesi, il baccalaureato e segnalandosi fra gli scienziati per la sua dottrina. Nel 1531, ormai apprezzato erudito, come testimoniano i rapporti di amicizia intrattenuti con Erasmo da Rotterdam e con l'umanista Dolet, R. iniziò la sua carriera di chirurgo al Grande Ospedale di Lione. Nel 1532 pubblicò, con lo pseudonimo anagrammatico di Alcofribas Nasier, il primo libro del suo capolavoro, Gli orribili e spaventosi fatti e prodezze del famosissimo Pantagruel, re dei Dipsodi, figlio del grande gigante Gargantua, che ebbe immediato successo, ma che suscitò l'altrettanto immediata condanna da parte delle autorità ecclesiastiche, sia per l'immoralità del testo, sia per la trasparente satira contro le istituzioni della Chiesa. Di buon grado, quindi, R. accettò nel 1534 l'invito del vescovo di Parigi Jean du Bellay, divenuto suo protettore, ad accompagnarlo a Roma in qualità di medico personale. Al ritorno in Francia, nell'ottobre dello stesso anno, diede alle stampe La vita inestimabile del grande Gargantua, padre di Pantagruel che, sebbene pubblicato come secondo, costituisce di fatto il primo libro dell'epopea dei giganti, in quanto concerne gli antefatti delle vicende narrate nel Pantagruel. In seguito, i due libri e poi l'intera opera, comprendente complessivamente cinque libri, furono indicati con un unico titolo, Gargantua e Pantagruel. Anche il Gargantua, come e più del Pantagruel, fu attaccato dalle autorità clericali, tanto che R. preferì vivere nascosto per qualche tempo, al fine di sfuggire a eventuali persecuzioni. Ripartì quindi con du Bellay per Roma, dove ottenne dal papa l'assoluzione per i voti monastici infranti e dove soggiornò fino al 1536. Nel 1537 venne proclamato dottore in Medicina e poté così esercitare liberamente la chirurgia in varie città francesi; in quegli anni crebbe anche la sua fama di scrittore, malgrado le minacce delle gerarchie ecclesiastiche della Sorbona, ostili alla nuova cultura umanistica. Grazie alla protezione di Guillaume du Bellay, fratello del vescovo e governatore del Piemonte, R. si trasferì in seguito a Torino, dove visse fino al 1543. Nel 1546 l'edizione del Terzo libro dei fatti e dei detti eroici del nobile Pantagruel lo indusse a fuggire a Metz, città allora dell'Impero, per sottrarsi all'ira crescente dei suoi nemici; più tardi si recò a Roma dove rimase per circa due anni. Ritornato in patria, nel 1552 pubblicò il Quarto libro di Pantagruel in cui, fiducioso nel sostegno del nuovo re Enrico II, allora in guerra con il Papato, attaccò con una satira aperta e violentissima la curia di Roma. La pace fra i due potentati costrinse R. a nascondersi nuovamente; lo scrittore concluse la sua esistenza errabonda a Parigi, dove morì nell'aprile del 1553, mentre stava stendendo il Quinto e ultimo libro, che uscì postumo e fu forse completato da altri, nel 1564. I cinque libri di Gargantua e Pantagruel, capolavoro del Rinascimento europeo, sono un grandioso affresco della società cinquecentesca, sviluppato in chiave satirica e realistica, che si snoda su una esile, seppure assai divertente, trama di carattere fantastico. Vi si narrano le vicende di un mitico gigante, Gargantua, e del di lui figlio Pantagruel, protagonisti di incredibili, esilaranti avventure in mondi oscuri e sconosciuti, alle prese con personaggi stravaganti. Fra costoro spicca in particolare Panurge, compagno astuto e bizzarro di Pantagruel. Tuttavia, l'intreccio, originato dalle storie popolari di giganti (da cui trassero ispirazione altri autori, fra cui L. Pulci per il Morgante e Teofilo Folengo per il Baldus) e fertile terreno per la geniale fantasia e per le trovate inventive di R., non è che l'occasione di un discorso di ben più vasta portata, nel quale si esplicano la straordinaria personalità dell'autore e la sua rivoluzionaria concezione del mondo. Formatosi nel clima esaltante dell'Umanesimo, che dalla riscoperta dell'antichità traeva l'amore per il sapere e che rivendicava per l'uomo la libertà spirituale e materiale, R. seppe fondere nella sua figura di medico-erudito la tendenza alla ricerca scientifica e all'osservazione diretta della natura con l'inclinazione allo studio letterario e filosofico volto alla valorizzazione dell'uomo. L'esito di tale combinazione di interessi trova compiuta espressione nell'epopea di Gargantua e Pantagruel; in essa, attraverso la descrizione di un mondo fantastico e grottesco, è prospettata la creazione di una società intelligente e tollerante, il cui centro e guida è nuovamente l'uomo, ritratto con simpatia in ogni aspetto della sua esistenza, dal più sublime al più materiale. R. è critico soprattutto nei confronti della teologia e della religione tradizionale - i cui dogmi tuttavia non contesta sul piano teorico e filosofico -, perché arroccata su posizioni rigide e insensibile alle nuove esigenze spirituali dell'Umanesimo; alla concezione medioevale del mondo egli contrappone una visione secondo cui è buono e giusto solo l'uomo che segue liberamente la sua natura, visto che la natura è in sé buona e non sussistono né il peccato originale, né la paura della morte. Tuttavia, R. rivolge i suoi strali anche contro il formalismo in cui era degenerata l'educazione umanistica: celebri sono le pagine in cui Gargantua, in una lettera a Pantagruel studente a Parigi, espone i suoi principi pedagogici, fondati sull'osservazione diretta della natura e sullo studio delle lingue. Proprio nell'amore per il sapere e per la conoscenza, nel rifiuto di ogni trascendenza, nella concezione dell'uomo che gode della vita, delle funzioni del suo corpo e delle forze del suo spirito e, infine, nella naturalità della morte come parte della dissoluzione a cui nulla sfugge possono essere individuati i caratteri fondamentali e gli elementi costitutivi del genio poetico di R. Per esprimere compiutamente questa complessa visione del mondo, egli si servì di uno stile ricchissimo, libero e assolutamente al di fuori di ogni regola: si mescolano nelle sue pagine erudizione e rozza arte popolaresca, entrambe usate al fine di rendere grottesche e paradossali le situazioni, in modo da poter cogliere tutte le sfumature del reale. Così la vita quotidiana è inserita nella fantasia più inverosimile, lo scherzo più grossolano è pervaso di citazioni dotte, conclusioni filosofico-morali scaturiscono da parole e storie oscene, in uno stile di grande efficacia espressiva. La potenza di rappresentazione, l'originalità delle idee e del linguaggio, fanno dell'epopea di Gargantua e Pantagruel un capolavoro che celebra la rinnovata centralità dell'uomo nell'universo (La Devinière, Tours 1494 circa - Parigi 1553).