Forma didattica e tradizionale del Giudaismo, così come è stata
elaborata, conservata ed è tuttora praticata dai rabbini
(V. RABBINO e RABBI). • St. delle rel. - Si è
soliti individuare le origini più remote del
R. nell'opera del
profeta Esdra (V. sec. a.C.), che restaurò le istituzioni religiose di
Israele dopo la deportazione babilonese e al quale risale anche l'introduzione
della sinagoga come luogo di culto e di studio e del Sinedrio come strumento
primario del sistema teocratico-sacerdotale successivo. Il
R. si fonda su
un complesso di testi, elaborati nelle accademie rabbiniche
dall'antichità fino al XVIII sec. circa, che diedero sistemazione
organica a dottrine e norme relative al comportamento dei membri del popolo
ebraico. A partire dal X sec., il termine venne a indicare in generale il
Giudaismo rabbinico, cioè il sistema religioso che considera fondamento
vincolante per ogni Ebreo, sia nella vita privata sia in quella comunitaria,
tanto la Legge scritta (
Tōrāh she-biktab), quanto la tradizione
orale (
Tōrāh she be 'al peh). La Legge, cioè la
Tōrāh propriamente detta, consiste nei cinque libri del
Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio) che, insieme a
Nabim (Profeti) e
Ketubim (Scritti sacri), costituiscono la Bibbia
ebraica, integralmente accolta poi nella versione, cosiddetta dei Settanta, del
più ampio Antico Testamento cristiano. La tradizione, invece, è
nota con il nome di
Talmūd (V.), il
cui nome significa apprendimento, dottrina, ammaestramento, ed è l'esito
dell'interpretazione fornita dai rabbini a proposito dei testi sacri della
Tōrāh. Per il fatto di riconoscere l'autorità del
Talmūd, il
R. viene detto anche
Talmudismo mentre le
correnti dell'Ebraismo che non lo accettano, come quelle dei Sadducei e dei
Caraiti, sono perciò dette antitalmudiche. I testi propriamente talmudici
costituiscono due raccolte, una più antica, la
Mishnāh
(V.), e una più recente, la
Gëmarāh. La prima rappresenta il nucleo interpretativo della
Legge, secondo un'impostazione sistematica e oggettiva; è strutturata in
sei
sedarim (ordinamenti), ciascuno dei quali illustra norme relative
all'agricoltura, alle celebrazioni religiose, al matrimonio, al diritto penale e
civile, alle prescrizioni cultuali e alimentari, alla purezza rituale e alla
pulizia in genere. I sei
sedarim sono a loro volta divisi in 63 trattati
per un totale di 525 capitoli, ripartiti in singole tesi: le
halakhôt (V. HALAKHAH) redatte dai maestri
tannaîm, lungo cinque o sei generazioni, sulla base di un
patrimonio orale già sistematizzato nelle scuole rabbiniche alla fine del
I sec. La
Gëmarāh contiene i commenti relativi alle norme della
Mishnā
h e ci è nota in due redazioni differenti: una
elaborata nelle accademie di Palestina da cinque generazioni di maestri
Amorei (coloro che discutono [sulla
Mishnā
h ]) e
conclusa intorno al 360; l'altra completata nelle rinomate scuole rabbiniche di
Babilonia, che vantavano una tradizione di studi ininterrotta dai tempi del
primo esilio babilonese, redatta nell'arco di sette generazioni e conclusa nel V
sec. Questa è la versione più ampia e più diffusa, e, unita
alla
Mishnā
h, costituisce il
Talmūd babilonese,
cui si affianca quello cosiddetto palestinese, con la
Gëmarā
h più antica ma di minore estensione. In
base alla tipologia del contenuto, il testo talmudico si distingue in
halakhā
h (norme, con autorità canonica, espresse in
forma apodittica e di aforisma) e in
haggadā
h (brani
narrativi a carattere edificante, a conferma di determinate affermazioni): per
il
R. questi sono i due soli schemi di rielaborazione talmudica
ammissibili e una qualsiasi interpretazione della Legge che prescinda da tali
metodi di esegesi non può avere valore canonico. Il
R. medioevale,
che condusse un'ulteriore attività di commento al T
almūd
stesso, contribuì in modo essenziale alla salvaguardia
dell'identità ebraica nelle comunità della Diaspora, modellandone
la lenta evoluzione secondo i dettami della più antica tradizione
cultuale e religiosa. Lo studio ininterrotto da parte dei rabbini e dei loro
discepoli produsse codici e compendi particolareggiati di diritto talmudico e
commenti al testo articolati in risposte (
teshuvôt) a questioni
rituali (
sheelôt). Contributo principale e caratteristico del
R. alla storia religiosa dell'Ebraismo fu il costante riferimento,
nonostante l'abbondanza di commenti prodotti dalla letteratura rabbinica, al
messaggio biblico originario e la capacità di annullare i rischi di
sincretismo culturale, sociale e religioso dovuti ai diversi contesti in cui
vissero le comunità ebraiche nel corso dei secoli. Nel confronto con le
altre correnti religiose giudaiche, inoltre, il
R. riuscì a
prevalere riducendo ad elementi marginali tematiche, potenzialmente pericolose
per il quadro dottrinale tradizionale, come: il Messianismo a carattere
escatologico e apocalittico, cui contrappose un'attesa del Messia fiduciosa ma
non impaziente; l'influenza del pensiero platonico e aristotelico, mediata dai
grandi filosofi islamici; la dimensione ascetico-contemplativa e
magico-simbolica della
cabala (V.).