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RAI - Radiotelevisione Italiana.

Società per azioni di interesse nazionale con sede legale e direzione generale a Roma; il capitale sociale, di 120 miliardi, appartiene per il 99,55% all'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che gestisce in regime di monopolio i servizi radiofonici e televisivi, e per il restante 0,45% alla SIAE (Società Italiana Autori Editori). Attualmente l'attività della RAI è regolata dalla L. 25-6-1993, n. 206 e dal contratto con il ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni del 4-4-1996, che ha rinnovato in esclusiva la «concessione ventennale di servizio pubblico» per la diffusione dei programmi radiotelevisivi. Infatti, oggetto sociale della RAI è l'esercizio del servizio pubblico di diffusione dei programmi televisivi e radiofonici sul territorio nazionale; la società può svolgere attività economiche connesse con lo sfruttamento commerciale delle proprie produzioni culturali. Il personale dirigente della RAI, formato da un presidente, due vicepresidenti, l'amministratore delegato e il direttore generale, è nominato dall'esecutivo con decreto del ministro delle Poste e Telecomunicazioni. L'obiettività e l'imparzialità delle trasmissioni radiotelevisive è garantita da un'apposita commissione di controllo parlamentare, formata da 40 membri nominati da tutti i gruppi di entrambe le Camere e la cui composizione rispecchia quella del Parlamento per quanto riguarda l'equilibrio fra le varie correnti politiche. Il controllo del potere legislativo si esplica anche nella visione dei bilanci, che vengono inviati al Parlamento per l'approvazione da parte della Corte dei Conti e del ministero delle Poste. È facoltà dello Stato, su decreto del presidente della Repubblica e per gravi motivi di ordine pubblico, sospendere senza preavviso il diritto della RAI di gestire direttamente i programmi. La sua attuale offerta è articolata in tre canali televisivi via etere (RAIUNO, RAIDUE, RAITRE), tre canali radio FM-AM (RADIOUNO, RADIODUE, RADIOTRE), un canale radio in isofrequenza (ISORADIO) che trasmette informazioni su traffico e viabilità, cinque canali di filodiffusione, un canale teletext (TELEVIDEO), tre canali tematici via satellite (RAISAT1, RAISAT2, RAISAT3); inoltre, i suoi programmi televisivi e radiofonici sono diffusi via satellite e/o via cavo attraverso un canale destinato all'estero (RAINTERNATIONAL). ║ Origini: la nascita del servizio pubblico risale al 27 agosto 1924, data in cui fu costituita a Roma l'URI (Unione Radiofonica Italiana), derivata dalla fusione della Radiofono-Società Italiana per le Radiocomunicazioni Circolari con la SIRAC (Società Italiana Radio Audizioni Circolari). Il 6 ottobre dello stesso anno l'URI avviò un servizio quotidiano di trasmissioni radiofoniche e il 27 novembre il Governo accordò alla società, per la durata di sei anni, la concessione della gestione in esclusiva dei servizi di radioaudizioni circolari. Successivamente la convenzione del 1924 venne perfezionata da altre leggi promulgate nel 1927 e nel 1928: l'URI venne trasformata in EIAR (Ente Italiano di Audizioni Radiofoniche) e la concessione in esclusiva fu prorogata fino al 15 dicembre 1952. Negli anni fra il 1928 e il 1936 la società si sviluppò in modo assai rapido, con l'installazione sul territorio nazionale di numerose stazioni e di impianti trasmittenti radiofonici; inoltre, nel 1931 la SIP (Società Idroelettrica Piemontese) entrò in possesso della maggioranza assoluta delle azioni dell'EIAR. La convenzione fra questo ente e lo Stato fu definitivamente disciplinata dalla L. 27-2-1936, che fissò organicamente le norme di concessione. L'EIAR, che iniziò nel 1939 i primi esperimenti di trasmissione televisiva, mutò nel 1944 il suo nome in RAI (Radio Audizioni Italiane). Gli impianti di trasmissione, gravemente danneggiati durante il secondo conflitto mondiale, furono ricostruiti e notevolmente potenziati a partire dalla fine della guerra e in poco più di tre anni giunsero ad assicurare una copertura del territorio più ampia di quella prebellica. Il 26 gennaio 1952 fu stipulata una concessione che riservava all'ente il monopolio delle trasmissioni televisive in Italia fino all'11 agosto 1972. La legge stabiliva inoltre che la maggioranza assoluta delle azioni appartenesse all'IRI e che le azioni rimanenti fossero da intestare a persone fisiche e giuridiche esclusivamente italiane. Il 3 gennaio 1954 ebbe inizio il servizio regolare di trasmissione televisiva; le trasmissioni erano irradiate da una rete di trasmettitori in VHF destinata a raggiungere il 36% della popolazione. Il 10 aprile del medesimo anno la società modificava ancora la propria denominazione ufficiale in quella attuale di RAI - Radiotelevisione Italiana. Fra gli eventi significativi della storia della RAI fino al 1972 si ricordano inoltre: la prima telecronaca diretta dal Parlamento per l'elezione del presidente della Repubblica (28 aprile 1955); l'esordio della pubblicità televisiva (3 febbraio 1957); l'inaugurazione del centro di produzione TV di via Teulada a Roma (19 dicembre 1957); l'inizio delle trasmissioni televisive di «Telescuola» (25 novembre 1958), di «Tribuna elettorale» (11 ottobre 1960), di «Tribuna politica» (26 aprile 1961); l'installazione di una seconda rete televisiva in UHF (4 novembre 1961); la partecipazione al primo collegamento in rete eurovisione fra l'Europa e gli Stati Uniti d'America (23 luglio 1962); i primi esperimenti di trasmissione in collegamento con satelliti artificiali (3 agosto 1964); la cessione alla STET, da parte della SIP, della sua quota di partecipazione al capitale della RAI (9 febbraio 1965). ║ La RAI e il sistema radiotelevisivo dal 1974 al 1998: nel dicembre 1972, alla scadenza della concessione ventennale alla RAI dei servizi radiotelevisivi, fu promulgata una convenzione aggiuntiva che prorogava di un anno la validità della concessione, che fu poi ulteriormente estesa, con decreto legge, all'aprile 1974 e quindi al novembre dello stesso anno. Nell'ambito del dibattito suscitato dalla presenza di un monopolio radiotelevisivo e dalla sottomissione della sua gestione al controllo governativo, particolarmente importante fu la sentenza della Corte Costituzionale del 10 luglio 1974, che delineava i principi ai quali doveva attenersi la nuova disciplina del servizio radiotelevisivo. In base a tale sentenza, la Corte riconosceva la legittimità del monopolio statale, purché i servizi offerti al pubblico fossero «caratterizzati da obiettività e completezza di informazione», fossero contraddistinti da un'ampia apertura a tutte le correnti culturali e da una rappresentazione imparziale delle idee espresse dalla società, e purché fosse favorito e reso effettivo «il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici». A tale sentenza era aggiunta un'altra che deliberava la legittimità dell'esercizio privato dei servizi radiotelevisivi locali via cavo, dando in questo modo inizio sia alla libera iniziativa, sia alla possibilità da parte dei cittadini di ricevere le trasmissioni di altri Paesi. Sulla base delle sentenze emesse dalla Corte Costituzionale, il 14 aprile 1975 venne promulgata la legge n. 103, che dettava «nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva» e costituiva l'inizio della riforma della RAI. Essa si articolava in alcuni punti essenziali: 1) dichiarazione che le trasmissioni radiofoniche e televisive costituiscono «un servizio pubblico essenziale e a carattere di preminente interesse generale, in quanto volto ad ampliare la partecipazione dei cittadini, a concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese», e definizione della composizione della Commissione parlamentare di vigilanza, formata da 40 membri designati, dai presidenti delle due Camere del Parlamento, fra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari; 2) concessione alla RAI della gestione dei servizi per sei anni, rinnovabile per altri sei e definizione della composizione del Consiglio di amministrazione, in carica per tre anni, competente per l'elezione del presidente e del direttore generale della RAI e composto da 16 membri, dei quali 10 eletti dalla suddetta Commissione parlamentare, e 6 eletti dall'Assemblea dei soci; 3) regolamentazione dei programmi pubblicitari che non potevano superare il 5% delle trasmissioni complessive; 4) legislazione in materia di televisioni via cavo. Infatti, con la legge dell'aprile 1975, l'installazione di impianti via cavo venne ammessa in ragione di zone geografiche con popolazione non superiore ai 150.000 abitanti. Il quadro della disciplina posta da tale legge fu sostanzialmente modificato con la sentenza (n. 202 del 28-7-1976) della Corte Costituzionale, che dichiarò illegittima la norma che impediva al privato di installare stazioni via etere a portata non superiore un territorio circoscritto. Ciò determinò un incremento considerevole di emittenti televisive in ambito locale e iniziarono a crearsi collegamenti fra varie emittenti, che - all'inizio degli anni Ottanta - portarono alla creazione di reti su scala nazionale. Nel frattempo, il 1° febbraio 1977, con decreto ministeriale veniva introdotta la televisione a colori; inoltre, il 15 dicembre 1979 era inaugurata la terza rete televisiva RAI a diffusione sia nazionale sia regionale. Ciò nonostante, gli anni 1979-80 furono alquanto difficili per la RAI, sia per le critiche mosse all'ingombrante interferenza politica e partitica all'interno della gestione dell'ente, accusato di manipolare l'informazione, sia per le difficoltà economiche, che esplosero nel 1980 con un bilancio per la prima volta negativo, sia infine per la spietata concorrenza delle emittenti private. Infatti, alla rottura del monopolio televisivo pubblico non fece seguito la necessaria disciplina legislativa volta a riorganizzare il sistema dei servizi radiotelevisivi: pertanto, in una prima fase (1976-79) si verificò la proliferazione di radio e televisioni a carattere locale, senza che si realizzasse alcuna concreta proposta di regolamentazione, mentre in una seconda fase (1980-84) si assistette al prevalere di un gruppo privato, la Fininvest di S. Berlusconi. Infatti, mentre la RAI procedeva al suo riassetto - reso possibile dal rinnovo della convenzione con cui nell'agosto del 1981 il ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni le concedeva l'esclusiva per sei anni - la mancanza della regolamentazione nel campo della libera iniziativa aveva determinato l'affermazione di alcune reti commerciali a livello nazionale, quali Canale 5 della Fininvest, Italia 1 di Rusconi e Retequattro del gruppo Mondadori: in breve queste raggiunsero livelli di professionalità tali da sottrarre alla RAI sia notevoli settori di pubblico, sia dirigenti qualificati, tecnici e artisti televisivi. Tuttavia, in questo contesto il mercato italiano si dimostrò insufficiente ad alimentare un tale numero di reti commerciali nazionali in aperta concorrenza fra loro: per questo, l'abilità della Fininvest nel gestire la raccolta pubblicitaria - attraverso la creazione della società Publitalia, al fine di acquisire e di incanalare tali risorse - fu determinante nel consentirle di affermare la propria supremazia. Infatti, la Fininvest acquisì nel 1982 la rete Italia 1 e nel 1984 Retequattro, dando luogo di fatto al regime di duopolio che ha caratterizzato il sistema televisivo italiano. Nell'ottobre 1984, continuando a mancare una legislazione in materia, alcuni pretori oscurarono le reti Fininvest; in conseguenza di ciò, il Governo emanò un decreto legge, poi prorogato e trasformato in legge il 4 febbraio 1985 (n. 10), che consentiva la prosecuzione delle trasmissioni Fininvest, purché basate su programmi preregistrati; tale legge, pur ponendosi come provvisoria, sanciva in pratica la situazione di monopolio privato delle reti di Berlusconi; inoltre, essa modificava anche alcune norme riguardanti la RAI, limitando i poteri del Consiglio di amministrazione a beneficio del direttore generale. Nonostante problemi sorti a livello dirigenziale, negli anni 1986 e 1987 la RAI riuscì a far fronte alla concorrenza delle televisioni private; a ogni modo si rese sempre più evidente la necessità impellente di una regolamentazione del sistema radiotelevisivo, come sottolineò nel 1988 una sentenza della Corte Costituzionale (n. 826), che richiamò all'ordine il legislatore affinché si pervenisse a una normativa fondata sulla libera concorrenza, sulla trasparenza e sul pluralismo. Nello stesso anno 1988 venne approvata la nuova convenzione, valida per sei anni e rinnovabile, fra il Governo e la RAI per la concessione in esclusiva del servizio pubblico, così come fu approvato un disegno di legge di regolamentazione del servizio radiotelevisivo, presentato dal ministro delle Poste e Telecomunicazioni O. Mammì, che fu trasformato in legge il 6 agosto 1990 (n. 223). La nuova legislazione ribadiva il carattere di preminente interesse nazionale della diffusione dei programmi, individuando quali principi basilari del sistema radiotelevisivo - realizzato con il concorso di soggetti pubblici e privati - il pluralismo, la completezza, l'obiettività e l'imparzialità dell'informazione; inoltre, istituiva la figura del garante della radiodiffusione e dell'editoria, prevedeva limiti per la diffusione dei messaggi pubblicitari, limitava a tre il numero delle reti nazionali possedute dal medesimo soggetto; infine, vietava a chi possedesse imprese editrici di quotidiani con una tiratura superiore a limiti prefissati di essere titolare di più di una rete televisiva nazionale, e consentiva alle reti private la diffusione di telegiornali in diretta. Nel frattempo, numerose continuavano a essere le critiche relative all'amministrazione economica della RAI, per molti anni in deficit; proposte di nuove formule organizzative, come la strutturazione per genere di ogni singola rete, furono concomitanti all'elezione a nuovo direttore generale di G. Pasquarelli in sostituzione di B. Agnes. Con la L. 25-6-1993, n. 206 fu delineato il nuovo assetto della RAI, stabilendone la natura di società per azioni di interesse nazionale: essa è retta da un Consiglio di amministrazione - composto da cinque membri nominati dai presidenti delle Camere, in carica per non più di due esercizi sociali - che elegge il presidente e designa il direttore generale, responsabile della gestione aziendale. Tali criteri sono considerati validi fino all'entrata in vigore di una nuova disciplina del servizio pubblico, nel quadro di una rinnovata definizione del sistema radiotelevisivo. Ulteriori interventi normativi vennero attuati nel 1994, con numerosi decreti legge - mai convertiti in legge, ma sempre reiterati - i quali hanno previsto che il Consiglio di amministrazione della RAI trasmetta al ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, che lo approva di concerto con il ministero del Tesoro, un piano triennale di ristrutturazione aziendale che definisca in dettaglio gli obiettivi di razionalizzazione attinenti al personale e agli assetti industriali e finanziari. Tale normativa prevede inoltre che, qualora il piano non dovesse essere approvato, i presidenti delle Camere possano nominare nuovi componenti del Consiglio di amministrazione. I permanenti problemi gestionali della RAI, determinati dalla difficoltà di pervenire al risanamento economico dell'azienda, sono testimoniati dal continuo cambio ai vertici dirigenziali: dal 1994 al 1998 si sono succeduti ben quattro consigli di amministrazione, presieduti rispettivamente da C. Demattè, da L. Moratti, da E. Siciliano e da R. Zaccaria. ║ Impianti e strutture tecniche: per ciò che concerne il settore dei trasmettitori radiofonici, al 31 dicembre 1994 risultavano installati complessivamente 2.701 impianti, di cui 128 a onda media, 10 a onda corta, 1 a onda lunga e 2.562 a onda metrica a modulazione di frequenza; fra questi ultimi, alcuni trasmettono programmi in lingua tedesca (per l'Alto Adige) e in lingua slovena (per il Friuli-Venezia Giulia), mentre altri 197 trasmettono in isofrequenza sulle autostrade. Per quanto riguarda invece gli impianti di trasmissione televisiva, al 31 dicembre 1994 erano in funzione 5.127 apparati - operanti con il sistema standard PAL - collegati alle sedi e ai centri di produzione dei programmi, mediante una rete di ponti radio a più vie, lunga complessivamente 30.000 km. In seguito all'evoluzione delle tecnologie, nel 1977, nel 1985 e nel 1988 si sono svolte a Ginevra le Conferenze mondiali relative all'utilizzazione delle orbite dei satelliti geostazionari e alla pianificazione dei servizi spaziali utilizzanti tali orbite; in virtù della disponibilità degli strumenti internazionali, la RAI ha impiegato, per irradiare programmi televisivi da satellite, dapprima (1989) il satellite Olympus, e quindi i satelliti Hot Bird 1 e 2. ║ Società collegate alla RAI: attualmente la RAI è strettamente connessa, tramite la partecipazione azionaria, alla gestione di numerose società: Telecom Italia S.p.A. (installazione ed esercizio con qualunque tecnica dei servizi di telecomunicazioni); Auditel S.r.l. (rilevamento dei dati sull'ascolto televisivo); Nuova ERI - Edizioni RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. (industrie editrici, giornalistiche, librarie, tipografiche, musicali, audiovisive e discografiche); Nuova Fonit Cetra S.p.A. (acquisto, produzione e vendita di registrazioni video e fonografiche); SACIS (iniziative attinenti alle attività dello spettacolo in generale); SIPRA (assunzione e sfruttamento di ogni tipo di pubblicità); Euronews Editorial (diffusione di telegiornali via satellite); RAI Corporation - Italian Radio TV System (produzione, distribuzione e commercializzazione di programmi radiotelevisivi nel continente americano); Labia Services S.p.A. (immobiliare); TV I - TV Internazionale S.p.A. (acquisto, gestione, locazione e manutenzione sul territorio nazionale e all'estero di tutti i sistemi tecnici di trasmissione e diffusione audiovisiva).