(dal latino
oleum). Nome generico con cui vengono indicate numerose
sostanze liquide, a temperatura ordinaria, differenti per proprietà e
composizione, ma simili in alcune caratteristiche esterne, quali
l'untuosità, la densità (di regola inferiore a quella dell'acqua),
l'insolubilità in acqua. Anche, denominazione dei grassi che sono liquidi
in condizioni ordinarie di pressione e di temperatura. ║ In senso stretto,
e nel suo significato originario, si indica con
o. la sostanza grassa
estratta dalla spremitura delle olive, molto usata nell'alimentazione. In
passato l'
o. di oliva veniva utilizzato anche per l'illuminazione.
║ Ogni prodotto grasso ottenuto da semi commestibili (
o. di semi;
o. di arachidi, ecc.). ● Encicl. -
Classificazione degli o.:
in base alla loro natura, gli
o. vengono classificati in:
o.
grassi, suddivisi in
o. animali e
o. vegetali;
o.
minerali, idrocarburi liquidi appartenenti al regno minerale;
o.
essenziali o
eterei o
volatili, miscele di terpeni, che
comprendono le essenze odorose. ║
O. vegetali: derivano dai semi di
alcune piante (sesamo, colza, arachide, lino, ricino, girasole), dalla polpa di
alcuni frutti (oliva), dal germe delle cariossidi dei cereali (grano,
granoturco, ecc.). Gli
o. di semi sono ricavati attraverso spremitura o
estrazione con solventi. I semi vengono prima liberati da eventuali sostanze
estranee, quindi privati del guscio attraverso sgusciatrici; vengono
successivamente macinati e ridotti in farina, riscaldata in modo da rendere
l'
o. più fluido e più rapidamente estraibile. Infine,
l'
o. si ottiene con la spremitura per mezzo di presse. L'estrazione con
solvente, invece, viene ottenuta mantenendo la farina a contatto con un liquido
capace di estrarre l'
o.; l'
o. passato in soluzione viene
recuperato poi distillando il solvente. Tra le sostanze liquide utilizzate
maggiormente per questo procedimento rientrano la trielina, il tetracloruro di
carbonio, il solfuro di carbonio, l'esano, frazioni di benzina. Gli
o.
così ottenuti devono poi subire trattamenti di depurazione di vario
genere, come la
sedimentazione o
filtrazione, la
deacidificazione, la
decolorazione, la
deodorizzazione. In
base alle normative dettate dalla L. 27-1-1968, dal D.M. 27-12-1972, dal D.M.
18-12-1975 (e successive modifiche) gli
o. di semi per usi alimentari
devono essere sottoposti a trattamenti di rettifica, essere chiamati con il nome
del seme d'origine, oppure, se sono costituiti da una mescolanza di
o.
provenienti da diversi semi, ricevere il nome di
o. di semi vari.
Rispetto all'
o. di oliva, gli
o. di semi presentano una maggiore
quantità di acidi grassi polinsaturi che facilitano l'insorgere di
processi di ossidazione. Tra gli
o. vegetali quello maggiormente
utilizzato risulta l'
o. di oliva (V.
OLIVA). Per quanto riguarda le applicazioni non
alimentari degli
o. vegetali suscitano crescente interesse quelle
energetiche, in particolare l'idea di usare derivati di questi
o. come
combustibili e come carburanti per motori Diesel nei macchinari agricoli.
Poiché, contrariamente al gasolio, non contiene zolfo, l'
o.
è adatto ad essere impiegato su larga scala sia in contesti agricoli, sia
urbani, per evitare l'inquinamento da traffico o da impianti di riscaldamento
nelle grandi città. ║
O. animali: si tratta di esteri della
glicerina e degli acidi grassi presenti in animali terrestri o marini. Gli
o.
di pesce si ottengono facendo bollire in acqua acidulata con acido solforico
testa, interiora e scheletro di pesci (come sardine, tonni, aringhe, ecc.) fino
a giungere alla separazione dell'
o. in superficie; dopo essere stati
raffinati, questi
o. trovano impiego nella concia all'
o. delle
pelli, o, sottoposti a idrogenazione, rientrano nella produzione dei grassi
commestibili e dei grassi dei saponi. Alcuni pesci (merluzzo, pescecane)
contengono
o. soltanto nel fegato, da cui vengono estratti i preziosi
o. di fegato, ricchi di vitamine A e D. Tra gli
o. dei mammiferi
marini trovano largo utilizzo quelli di balena e di foca, che si ottengono
attraverso la fusione dello strato adiposo di questi animali per mezzo del
vapore o dell'acqua calda. Gli
o. di pesci e di animali marini contengono
grandi quantità di acidi fortemente insaturi e presentano, di
conseguenza, un numero di iodio elevato; possiedono solo il 20% di acidi saturi
(prevalentemente quello palmitico). ║
O. minerali: miscele di
idrocarburi ad alto punto di ebollizione. Ricavati dal petrolio, vengono usati
come lubrificanti e combustibili. Gli
o. combustibili costituiscono il
residuo della distillazione del petrolio e contengono tutti i prodotti pesanti
del grezzo. Hanno un punto di ebollizione più elevato rispetto agli
o.
lubrificanti, un grado di viscosità compreso tra i 15 e i 20 gradi
Engler e un punto di congelamento di 5-10 °C, che comporta spesso la
necessità di un preriscaldamento prima che vengano iniettati nei
bruciatori delle caldaie. Tra gli
o. minerali si segnalano: l'
o.
d'asfalto, ricavato distillando fuori dal contatto dell'aria rocce
asfaltiche, utilizzato nelle pavimentazioni delle strade, oppure come
combustibile o come lubrificante; l'
o. isolante, ottenuto per
distillazione sottovuoto di
o. minerali, usato come dielettrico negli
interruttori, nei cavi e nei trasformatori; l'
o. per impianti
oleodinamici, formato da due o più
o. minerali con eventuale
aggiunta di additivi. ║
O. sintetici: lubrificanti; vengono
ricavati dalla sintesi di idrocarburi anch'essi di sintesi o da altri prodotti
come siliconi, poliglicoli e esteri. Sono nati in tempo di guerra per far fronte
alla scarsità di lubrificanti minerali e si sono imposti per la
capacità di fornire una lubrificazione limite soddisfacente in un
intervallo di temperature superiore a quello degli
o. minerali. Il potere
lubrificante di un
o. è fortemente legato al suo grado di
viscosità ed è per questo in stretta relazione con la struttura
molecolare dei suoi costituenti. La stabilità della viscosità alle
variazioni della temperatura è definita dall'
indice di
viscosità, compreso tra 40 e 100. Negli
o. multigrade la
presenza di additivi limita notevolmente le variazioni del grado di
viscosità. ● Ind. - Nell'industria, si utilizzano prevalentemente
o. ricavati dalla distillazione e raffinazione del petrolio grezzo. Si
tratta di idrocarburi distinguibili in
paraffinici, ad alto indice di
viscosità e ad elevata temperatura di fusione;
naftenici, a bassa
temperatura di fusione e alto grado di untuosità;
aromatici, non
saturi, facilmente ossidabili e molto sensibili alle variazioni di temperatura.
● Rel. -
O. benedetto: l'
o. di oliva benedetto dal vescovo
nella liturgia della mattina del Giovedì santo (
Missa christmatis)
in tre tipi differenti:
crisma;
o. degli infermi (chiamato anche
o. santo);
o. dei catecumeni. I tre
o. vengono utilizzati
in momenti diversi: nel sacramento della confermazione (o cresima), nell'unzione
postbattesimale, nel rito dell'ordinazione e nei riti di dedicazione dell'altare
e della chiesa, il primo; nel sacramento dell'unzione degli infermi, il secondo;
nei riti prebattesimali, l'ultimo. ● Arte -
Pittura a o.: tecnica
pittorica che impiega
o. di provenienza vegetale per agglutinare le
materie coloranti e renderle adatte alla pittura. Gli
o. utilizzati in
questo campo si suddividono in
o. propriamente detti e
o.
essenziali o
essenze. All'interno del primo gruppo vengono usati gli
o. siccativi, il più siccativo dei quali è l'
o. di
lino, di colore giallo carico. Questo
o. si usa soprattutto, in aggiunta
ai pigmenti, nel momento in cui ci si accinge a dipingere, in modo da avere
colori più fluidi; viene associato, per questo scopo, ad essenze quali la
trementina, le essenze della lavanda, dello spigo, del rosmarino e del petrolio.
Tra gli altri
o. utilizzati nella pittura rientrano inoltre l'
o.
di noce e l'
o. di papavero, il meno siccativo, ma il più chiaro,
il più fluido e quello che irrancidisce più difficilmente, quindi
l'
o. oggi preferito nella macinazione dei colori. La pittura a
o.
si avvale anche di vernici, diverse in base allo scopo specifico: aumentare
l'essiccabilità e la vivacità dei toni (vernici per dipingere),
facilitare l'aderenza degli strati successivi (vernici per ritoccare),
proteggere il quadro, una volta concluso, dal rischio di alterazioni dovute alla
luce, all'aria, o alle abrasioni. Le vernici, in genere soluzioni di resine
nelle essenze o nell'alcool, sono più frequentemente la sandracca, il
mastice, la dammar, la copale e l'ambra. Per quanto riguarda i pigmenti, essi
devono avere due principali caratteristiche: devono essere inalterabili
singolarmente e non devono reagire reciprocamente l'uno con l'altro quando
vengono mescolati. Quelli provvisti di queste caratteristiche sono: i gialli e
il rosso cadmio, le terre (ocre), le lacche di garanze (di robbia), il verde
smeraldo, l'oltremare, il cobalto, il nero d'avorio. Per il bianco si impiegano
l'ossido di zinco, il carbonato di piombo, l'ossido di titanio. I pigmenti
vengono conservati in tubetti di stagno. L'
o. ha notevoli doti adesive,
che gli permettono di essere applicato su diversi tipi di materiale; tuttavia,
per motivi di praticità esso viene steso soltanto sulla tela o sul legno,
preventivamente rivestiti con una preparazione o imprimitura. Su questa base si
disegna generalmente a carboncino, poi si esegue l'abbozzo, che può
essere ad acquerello, a tempera o a
o. Una volta asciutto l'abbozzo, si
passa della vernice per ritoccare e per dare aderenza al seguente strato di
pittura, quindi si esegue il quadro. Le riprese possono essere fatte a corpo
(usando cioè i colori come escono dal tubetto, molto densi) o a velature
(diluendo i colori). La pittura a
o. è soggetta a screpolature,
rugosità, disgregazione della vernice; per questo motivo le opere
realizzate con questa tecnica necessitano spesso di ritocchi e restauri. ║
Cenni storici: un'antica tradizione codificata da Vasari attribuiva
l'invenzione della tecnica a
o. ai fratelli Van Eyck e l'introduzione in
Italia di tale modalità espressiva ad Antonello da Messina. Tuttavia, la
pittura a
o. ha origini decisamente più antiche: venne usata nelle
decorazioni dei Greci, dei Romani, dei Bizantini e ad essa fanno riferimento
antichi trattatisti quali Galeno, Dioscoride, Vitruvio e Teofilo. In ambiente
fiammingo, questa tecnica raggiunse innegabilmente il più alto grado di
perfezione. I maestri fiamminghi impararono ad usare pigmenti macinati con
o. di lino o di noce che incorporavano a caldo a resine dure, ambra o
copale; poco prima dell'utilizzo, aggiungevano una miscela di oli essenziali a
diverso grado di essiccabilità, in modo da poter realizzare nella loro
pittura una lavorazione lenta, alla ricerca di tutte le sfumature, e un tocco
rapido e minuto. In Italia la tecnica vide una sistematica diminuzione delle
resine dure a favore di quelle molli per ottenere una maggiore opacità
dei colori, come attestano i dipinti di Perugino, Raffaello e Giulio Romano. La
totale abolizione delle resine rese possibile la pittura a
o. anche su
tavole preparate a gesso. Nella scuola veneta, a partire da Giorgione, si
affermò l'abbozzo con colori a corpo, non mescolati, che consentiva
ripensamenti e modifiche. Ogni artista mostrava grande attenzione nel difficile
uso dei colori a
o., impiegando (anche più volte per lo stesso
quadro) le sostanze che meglio si addicevano a un certo pigmento o a un certo
tono di colore. Agli inizi dell'Ottocento, la fabbricazione industriale di
colori pronti per l'uso portò alla pittura a
o. puro e alla
pittura di getto, in cui si usavano i pigmenti direttamente estratti dal
tubetto, senza diluenti, con gravi inconvenienti collegati alla tendenza a
screpolature e all'ingiallimento dei colori. La pittura a
o. fu usata
sempre più spesso su tela, oltre che su tavola, con tecniche diverse da
autore ad autore, in modo da ottenere i desiderati effetti di luminosità,
trasparenza, o intensità di colore. Con la recente
pittura
materica si è abolito l'uso di particolari pennelli o spatole,
optando per una stesura immediata del colore sulla tela.