(dal latino
odium). Sentimento di profonda e persistente ostilità,
per cui si desidera il male altrui. Spiccata avversione o antipatia per persone
o cose. ║ Con accezione più attenuata, ripugnanza per cosa o
persona, che si cerca, perciò, di evitare. ║
O. di classe:
locuzione indicante l'ostilità esistente tra classi sociali differenti.
Generalmente utilizzata con accezione negativa per descrivere
l'aggressività dei ceti meno abbienti nei confronti dei più
ricchi, si oppone a quella politicamente più connotata e positiva di
lotta di classe. ● Psicol. - Pulsione, disposizione affettiva
caratterizzata dal desiderio di nuocere all'oggetto o di distruggerlo. Nei suoi
primi scritti, Freud descrisse l'
o. come risposta alle minacce rivolte
all'Io, mentre nelle opere più tarde lo considerò manifestazione
dell'istinto di morte ed espressione del conflitto interno all'Io. L'
o.,
in quanto "sentimento" stabile, si distingue dall'
ira, che è
un'emozione primaria a carattere passeggero, ed è classificato da diverse
scuole psicoanalitiche quale principio psichico opposto all'amore. Infatti,
mentre quest'ultimo si configura come processo di investimento libidico e di
identificazione nei confronti dell'oggetto, l'
o. rappresenta il fenomeno
inverso di distacco e di negazione dell'oggetto, cui non è riconosciuto
alcun valore e su cui vengono proiettati gli impulsi distruttivi. ● Teol.
- La teologia cattolica distingue tra
odium abominationis (quando si
avversa qualcosa come proprio male), considerato lecito in sé
purché non si ecceda nel modo;
odium inimicitiae (quando si
desideri il male altrui), considerato illecito;
odium Dei (quando si
avversa la natura stessa di Dio o si persegue ciò che è proibito
dai suoi comandamenti), considerato come il più grave dei peccati.