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Ovìdio Nasone, Publio.

Poeta latino. Di antica famiglia dell'ordine equestre, giovanissimo fu inviato dal padre a Roma per studiare grammatica e retorica e per seguire la carriera dei pubblici onori. In contrasto con la volontà paterna, tuttavia, O.N. decise ben presto di dedicarsi alla poesia. Si introdusse così nell'ambiente letterario e raffinato della corte di Augusto e soprattutto nel circolo di Messala, dove conobbe i maggiori letterati e poeti del suo tempo: Cornelio Gallo, Properzio, Orazio. Viaggiò in Grecia, in Egitto e in Asia; esercitò magistrature minori. Si distinse soprattutto come poeta elegiaco, raffinato e giocoso. Dopo un primo tentativo di poesia drammatica con la tragedia Medea, scrisse un canzoniere amoroso, gli Amores, e una raccolta di eleganti componimenti, dedicata all'amata Corinna, personaggio di pura invenzione letteraria, pubblicato per la prima volta nel 14 a.C. Seguirono le Heroides, una raccolta in versi di epistolae, ossia di lettere d'amore immaginate scritte da celebri eroine ed eroi della mitologia (Elena, Paride, Penelope, Fedra, Didone, Medea, ecc.), offrendo una vasta casistica amorosa. Giunse definitivamente alla celebrità con l'Ars Amatoria (V.), una specie di summa erotica destinata alla società elegante della Roma del tempo, a cui seguirono i Remedia amoris, poemetto in cui raccolse i consigli per guarire e salvaguardarsi dalle passioni amorose. Maestro di galanteria e di eleganza, scrisse anche un'opera nella quale raccolse una serie di suggerimenti cosmetici, il De medicamine faciei. Dal 3 d.C. si dedicò a tematiche più elevate e più conformi agli ideali poetici tradizionali e alla propaganda politica augustea. Ne risultò il poema in esametri in 15 libri Metamorfosi, una raccolta di delicate favole eziologiche che, tra le altre, comprendeva anche quella relativa al catasterismo di Giulio Cesare e all'apoteosi di Augusto. Iniziò anche i Fasti, opera che avrebbe dovuto comprendere 12 libri in distici elegiaci, con miti e favole eziologiche relativi alle feste del calendario romano, di cui solo sei giunsero a compimento. Nell'anno 8 d.C. O.N. fu colpito da un decreto imperiale che lo condannò all'esilio a Tomi, in Scizia, sul Mar Nero. Le cause di tale severo provvedimento non sono chiare: forse la composizione di versi eccessivamente licenziosi e soprattutto il coinvolgimento, probabilmente involontario, in qualche scandalo di corte, presumibilmente l'adulterio della nipote di Augusto, Giulia e di D. Giunio Silano. Il decreto non fu mai più revocato né da Augusto né da Tiberio, nonostante le reiterate suppliche di O.: egli rimase a Tomi fino alla morte, trovando consolazione solo nei suoi scritti. Durante il viaggio verso l'esilio compose il poemetto in distici Ibis e i due primi libri dei Tristia, raccolta di elegie a cui seguirono altri tre libri nel 12 d.C. O. scrisse, inoltre, le Epistulae ex Ponto, quattro libri di elegie, in forma epistolare, dedicate ciascuna a un amico a Roma, un carme in lingua getica, in cui magnificò Augusto e la famiglia imperiale. Il poeta esercitò una grande influenza sulle esperienze letterarie successive, sulla cultura medioevale, umanistica e rinascimentale (Sulmona 43 a.C. - Tomi, sul Mar Nero 17 d.C.).