Cittadino di uno Stato avversario che il nemico tiene in proprio potere e contro
il quale minaccia ritorsioni per garantirsi da eventuali violazioni di un
proprio diritto o, nel caso di occupazione di un Paese, per tutelare le proprie
forze armate e la loro attività contro ogni possibile atto di
ostilità da parte della popolazione. ║ Per estens. - Ogni persona
presa e trattenuta a forza (da rapinatori, terroristi, banditi, gruppi armati,
ecc.) e sulla quale si possono esercitare ritorsioni, qualora determinate
richieste non vengano soddisfatte. • St. - L'uso degli
o. in tempo
di guerra è noto sin dall'antichità. Lo scambio degli
o.
era pratica comune nella stipulazione di armistizi o per garantire l'adempimento
degli obblighi reciproci. Inoltre, gli
o. potevano anche essere presi con
decisione unilaterale, quando una parte del territorio nemico era occupata, in
modo da assicurarsi la neutralità degli abitanti. Anche nel Medioevo,
nell'età moderna e contemporanea non sono mancati esempi in tal senso:
citiamo la guerra franco-prussiana del 1870 e i due conflitti mondiali, durante
i quali le potenze occupanti sottoponevano a detenzione gli abitanti del Paese
occupato, in modo da tutelarsi da ogni possibile atto di ostilità da
parte della popolazione. D'altro canto la Convenzione dell'Aja del 1907 non
conteneva alcuna disposizione che vietasse la cattura di
o., che potevano
quindi essere deportati o anche uccisi, qualora l'esercito di occupazione
subisse atti di ostilità. Solo con la Convenzione di Ginevra del 1949
è stata proibita la cattura degli
o. Se questa norma viene
infranta, gli esecutori del crimine possono essere perseguiti come "criminali di
guerra". Infine la convenzione generale del dicembre 1979 dell'Assemblea
generale dell'ONU, considera la cattura degli
o. un grave atto di
terrorismo internazionale e obbliga gli Stati aderenti a prevenirla e
punirla.