OSTROGOTI Popolazione germanica attestata nel III secolo d.C. nella Russia meridionale. Legati agli unni tra IV e V secolo, si stanziarono in seguito tra Pannonia e Norico, dove strinsero patti con l'impero d'oriente, che nel 488 li dirottò verso l'Italia, sotto la guida di Teodorico; costituirono qui un regno autonomo con capitale a Ravenna che resistette fino alla guerra greco-gotica (535-553). (454 ca - Ravenna 526). Re degli ostrogoti (471-526). Figlio e successore di Teodomiro. Visse a lungo alla corte bizantina come ostaggio e tra il 489 e il 493, con l'appoggio dell'imperatore Zenone, conquistò l'Italia, sconfiggendo Odoacre. Impostò una pacifica convivenza e collaborazione tra le aristocrazie gota e latina incaricate rispettivamente dell'attività militare e di quella amministrativa, perseguendo un progetto di egemonia sulle stirpi germaniche insediate nei territori dell'impero, in concorrenza con le aspirazioni politiche dei franchi e di Bisanzio. Questa ambiziosa politica ebbe però fine con la sua morte. Già nei suoi ultimi anni egli era entrato in duro contrasto con la gerarchia cattolica. La sua figura ebbe grande rilievo nelle leggende germaniche medievali. [1. Il Medioevo è stato giudicato ora positivamente ora negativamente. In ogni caso, è nel Medioevo che vanno ricercate le prime tracce dell'Europa odierna. 2. Dopo il crollo dell'impero romano d'Occidente nuovi popoli di stirpe germanica fondarono diversi regni: i Visigoti in Spagna, i Franchi in Gallia (Francia e Belgio), gli Angli e i Sàssoni in Inghilterra, gli Ostrogoti lungo il Danubio e poi in Italia. 3. I barbari non riuscivano a governare senza il contributo di funzionari romani. Si fusero così elementi di due diverse culture. Pertanto i nuovi regni vengono definiti romano-germanici. 4. Nella penisola italiana Teodorico, re degli Ostrogoti, dopo avere sconfitto Odoacre, si stabilì nella capitale Ravenna. Teodorico attuò una politica di conciliazione con i Romani, cercando di far coesistere in pace i due popoli. Negli ultimi anni di regno, sospettando una possibile alleanza tra la Chiesa di Roma e Costantinopoli, eliminò dal potere i principali collaboratori romani. 5. Nella situazione di disordine e di caos fu la Chiesa ad assumere un ruolo di primo piano. I vescovi rimasti nelle città spopolate erano in molti casi le uniche autorità a cui le popolazioni potevano rivolgersi. Tra le Chiese locali esistenti, emerge definitivamente in questa fase la Chiesa di Roma. Il vescovo di Roma, chiamato papa, è il vescovo più influente di tutto l'Occidente cristiano. 6. Un luogo di civiltà, oltre che di preghiera e di vita cristiana, è il monastero. Il primo, in Occidente, venne fondato da san Benedetto a Montecassino. I monaci benedettini applicavano la regola dell'"ora et labora"; i loro monasteri assomigliavano a cittadelle operose, sempre in attività. 7. Un grande merito dei monaci benedettini fu la conservazione e la trasmissione della cultura classica, grazie alla copiatura e diffusione dei codici, i libri di allora.] [A partire dal I secolo d.C. l'impero romano si trovò a dover fronteggiare le popolazioni dei germani, in particolar modo lungo il fiume Reno e nell'area situata a nord dell'Italia. Per impedire che invadessero l'impero, essi costruirono lungo la frontiera una serie di fortezze e di mura, chiamate limes. Due secoli dopo, quando l'impero si divise tra impero romano d'Oriente e impero romano d'Occidente, le invasioni si fecero più pressanti. Alcuni popoli germanici scelsero però di allearsi con i romani, dai quali ricevettero perfino il diritto di stabilirsi all'interno dell'impero; in cambio di ciò, dovettero combattere al loro servizio. IL CROLLO DELL'IMPERO Le migrazioni tuttavia continuarono, a ondate successive, e i barbari iniziarono a penetrare nell'impero romano. Questo, indebolito dalle lotte interne, non riuscì più a ricacciare le popolazioni germaniche, che iniziarono così a conquistare i territori romani. I visigoti, guidati dal re Alarico, penetrarono in Italia per ben due volte e nel 410 arrivarono fino a Roma. Abbandonarono la penisola solo per stabilirsi nella Gallia meridionale, dove formarono il primo regno romano-barbarico. Negli stessi anni, alani, svevi e vandali invasero la Gallia (l'attuale Francia). La maggior parte di loro proseguì fino in Spagna e in Africa. Gli angli, gli iuti e i sassoni s'impossessarono invece dell'attuale Gran Bretagna. Nel 455 furono i vandali di Genserico a saccheggiare Roma. Questo evento segnò la fine dell'impero romano d'Occidente che, guidato ormai da imperatori incapaci, crollò definitivamente nel 476, con la conquista della capitale da parte di Odoacre, re degli eruli. I REGNI ROMANO-BARBARICI All'inizio del V secolo, prima ancora del crollo dell'impero romano, la Gallia romana finì sotto il controllo dei barbari, che crearono una serie di piccoli regni. Soltanto la pianura attorno a Parigi restò sotto l'autorità romana. Il nord e il nord-est erano ormai dominati dai franchi e dagli alemanni. I visigoti occuparono le regioni sud-occidentali, mentre quelle sud-orientali finirono nelle mani dei burgundi. Gli unni, capeggiati da Attila, fecero una breve incursione in Gallia nel 451, ma vennero battuti nella battaglia dei Campi Catalaunici e ripiegarono verso l'Europa centrale (nell'attuale Ungheria). Nel 493 Teodorico, re degli ostrogoti, sconfisse Odoacre e fondò il suo regno in Italia, scegliendo come capitale Ravenna. Nello stesso periodo anche i franchi, guidati dal re Clodoveo, costituirono il loro regno nella Gallia centro-settentrionale. I franchi si erano intanto convertiti al cristianesimo. L'EREDITA' DEI BARBARI Le invasioni barbariche segnarono la fine dell'impero romano d'Occidente. Va detto però che i barbari, anziché distruggere l'eredità romana, ebbero spesso cura di preservarla e si amalgamarono con le popolazioni locali. Essi adottarono la lingua latina e trasmisero così alle generazioni successive parte delle leggi, della cultura e dell'organizzazione dei romani. Le differenze che caratterizzavano ognuno di questi popoli invasori sono rimaste in parte vive e sono, in definitiva, all'origine dei diversi paesi che formano oggi l'Europa. Microsoft ® Encarta ® 2008. © 1993-2007.] (535-553). Combattute fra bizantini e ostrogoti per il dominio sull'Italia. Per la ricostruzione dell'impero, Giustiniano inviò nella penisola un'armata guidata da Belisario, che riconquistò la Sicilia e Roma (536), ma solo dopo molte difficoltà riuscì a prendere anche Ravenna (540) e a catturare il re Vitige. La guerra riprese sotto il nuovo re ostrogoto Totila (541), che riconquistò tutto il territorio tranne Ravenna. Soltanto con l'arrivo del generale Narsete (552) i bizantini riuscirono a sconfiggerlo e a ucciderlo, battendo poi anche il successore Teia. Stermini, assedi e razzie ebbero conseguenze disastrose per l'Italia. Gli stanziamenti degli Ostrogoti Grafico Dizionario di storia Ostrogoti Dizionario di storia Teodorico il Grande Dizionario Guerre Greco Gotiche Ostrogoti.Ramo orientale del popolo dei Goti. ║ Gli O. prima del loro arrivo in Italia: come le altre genti gotiche, gli O. migrarono, nella seconda metà del II sec. d.C., dalla penisola Scandinava sul corso inferiore della Vistola, per poi distribuirsi lungo le rive del Mar Nero. Fu in quell'area che essi assunsero, nel III sec., il nome di O. o Goti d'Oriente: si erano infatti stanziati tra i fiumi Don e Dnestr, a Oriente dei Visigoti o Goti Occidentali. Il loro primo re noto alla saga germanica fu Ostrogotha, vissuto nel III sec. e appartenente, con ogni probabilità, alla stirpe degli Amali. Ostrogotha guidò il suo popolo nelle terre dell'Impero romano, soprattutto nella Mesia e nella Tracia, che vennero invase e saccheggiate. Resi più audaci dalla scarsa resistenza militare opposta dall'Impero, ormai in sfacelo, gli O. saccheggiarono numerosi centri dell'Egeo e del Mediterraneo; contro di loro, in battaglia, nel 251 cadde l'imperatore Decio. Le scorrerie di questo popolo vennero bloccate per poco tempo dalla vittoria dell'imperatore Claudio II, per questo motivo gli era stato dato il soprannome il Gotico (battaglia di Naisso, 269), ma ricominciarono in età costantiniana. La prima metà del IV sec. fu un periodo di espansione e di grandi vittorie militari per il popolo degli O.: essi vinsero i Vandali e varie stirpi slave, baltiche e finniche, occuparono la Dacia (340) e costituirono un vastissimo Regno, che dalle rive del Mar Nero si stendeva a quelle del Baltico e dalla penisola danese raggiungeva la catena montuosa degli Urali. Protagonista principale di queste imprese fu il re Ermanarico, paragonato dagli storici antichi ad Alessandro Magno, le cui gesta eroiche furono tramandate dalla saga germanica. Secondo la leggenda Ermanarico morì allorché il Regno, indebolito dal distacco dei Visigoti, non resse all'impeto degli Unni (375). Non tutti gli O., tuttavia, si rassegnarono a subire passivamente la potenza unna. Molti di loro, infatti, abbandonarono le rive del Mar Nero: alcuni, unitisi ai Visigoti, passarono il Danubio e combatterono le forze dell'Impero ad Adrianopoli (378), stanziandosi infine nella Pannonia in qualità di federati; altri finirono, sempre in qualità di federati dell'Impero, in Frigia, dalla quale frequentemente partirono per spedizioni di saccheggio un po' in tutte le province dell'Asia Minore. Il nucleo principale degli O., in ogni caso, rimase stanziato a Nord del Mar Nero, riconobbe l'egemonia degli Unni e, quando questi ultimi marciarono verso Occidente, li seguirono. Nella battaglia di Mauriacus (451) Visigoti e O. si fronteggiarono: i primi combatterono a fianco dei Romani di Ezio, i secondi a fianco degli Unni di Attila. Morto Attila e dissoltosi repentinamente il suo vastissimo Regno, il popolo degli O. si ribellò (454), sotto la guida di tre fratelli della stirpe degli Amali. I figli di Attila vennero sconfitti sul campo e gli O. si stabilirono nelle regioni a Nord delle Alpi, in Pannonia e nel Norico. Ufficialmente, si trovavano nello status giuridico di federati; tuttavia, in pratica, essi imponevano all'Impero romano il pagamento di un forte tributo annuo, con il pretesto di provvedere alla difesa dei confini. Allorché Bisanzio negava o soltanto dilazionava il pagamento, gli O. prendevano le armi e occupavano nuove terre. Nel 462, guidati da Teodemiro, invasero l'Illiria, obbligando l'imperatore d'Oriente Leone I a confermare il pagamento del tributo. In tale occasione venne inviato a Costantinopoli, come garanzia dell'accordo di pace raggiunto, il piccolo Teodorico, figlio del re Teodemiro; lì il principe ereditario rimase per un decennio; ritornato tra i suoi, combatté con successo i Sarmati, uccidendone il re e recuperando per l'Impero la città di Singiduno (l'odierna Belgrado). Di fatto, però, Singiduno non venne mai restituita all'Impero, ma tenuta dagli O. come bottino di guerra. Teodemiro, nel frattempo, sconfisse più volte i Quadi, i Marcomanni, i Suebi e i Rugi e decise di ampliare il proprio territorio, scendendo verso Oriente fino alla Sava e al Danubio. Sotto il suo successore, Teodorico, gli O. si stanziarono nella Mesia Inferiore, l'odierna Bulgaria, e posero la propria capitale a Sistova, sul basso corso del Danubio. La potenza acquisita da Teodorico nei Balcani indusse l'imperatore di Bisanzio Zenone a cercare un modo per liberarsi da un così pericoloso alleato. Dopo avergli conferito la dignità di patrizio romano, di magister utriusque militiae, cioè capo supremo dell'esercito, e di console (484), Zenone accordò a Teodorico il proprio consenso a scendere in Italia come patrizio imperiale contro Odoacre. A Teodorico si presentò così l'occasione di crearsi un Regno, proprio nella penisola che era stata la culla dell'Impero, lontano da una troppo stretta sorveglianza imperiale. ║ Gli O. in Italia: nel 489 il popolo degli O. (circa 300.000 persone), dopo aver ratificato in assemblea la decisione di Teodorico, iniziò la migrazione in Italia. La guerra contro Odoacre durò in tutto quattro anni, al termine dei quali Teodorico vinse e uccise il re nemico e venne acclamato re dai Goti; il nuovo Imperatore d'Oriente Anastasio, dal canto suo, nel 498, oltre al titolo di patrizio gli riconobbe anche quello di reggitore d'Italia. Gli O.stabilirono così nel Paese la prima dominazione barbarica, sotto la sovranità puramente nominale dell'imperatore bizantino. In base al diritto di conquista, i vincitori presero per loro un terzo delle terre italiche (secondo altre interpretazioni storiche un terzo delle terre appartenute ai soldati di Odoacre), stanziandosi di preferenza nella pianura padana e nel territorio della capitale, Ravenna. Ravenna appunto, Pavia e Verona furono le città più importanti del Regno gotico dal punto di vista politico e militare. Teodorico, che apprezzava la superiore civiltà latina, tentò a lungo una politica di conciliazione tra l'elemento barbarico e quello romano, mantenendo tuttavia rigidamente distinte le rispettive funzioni: soltanto al popolo barbarico dei vincitori era lecito portare le armi, mentre ai Romani erano riservati gli uffici civili. L'amministrazione civile conservò, pertanto, interamente la sua fisionomia romana, e mantenne in vita le antiche istituzioni del Senato, dei consoli, dei prefetti, ecc., valendosi di consiglieri quali Boezio, Simmaco e Cassiodoro. D'altra parte lo stesso Teodorico, rivestendo all'indomani della sua vittoria su Odoacre la porpora imperiale, aveva inteso precisamente sottolineare la sua duplice sovranità, sui Romani, in quanto rappresentante dell'Impero, e sui Germani. Anche l'amministrazione della giustizia era separata per le due etnie, in quanto i Romani erano giudicati in base al diritto romano, e i Goti in base al diritto consuetudinario germanico. Dal punto di vista religioso, i Romani erano cattolici, mentre i Goti erano stati convertiti al Cristianesimo nella versione ariana e si mantenevano fedeli all'Arianesimo (questa circostanza ebbe un'importanza decisiva in politica estera, in quanto offrì, successivamente, ai Bizantini il pretesto per inviare in Italia altre popolazioni destinate a sostituire i Goti). L'intento di Teodorico non fu, comunque, quello di unificare O. e Romani in forza di una comune legislazione, ma di promuoverne la pacifica convivenza nel rispetto delle rispettive peculiarità nazionali: non si giunse mai a una forma di integrazione tra le due popolazioni, né in senso etnico, né in senso culturale. In politica estera, Teodorico perseguì con successo l'obiettivo di fare dell'Italia e della sua capitale Ravenna il centro di un grande Impero romano-barbarico, che si estendeva a comprendere anche il Norico, la Rezia, la Pannonia e la Provenza, sottratta al dominio dei Visigoti e dei Franchi. Con Teodorico gli O. conobbero il loro periodo di massima potenza. Altri Regni barbarici vennero legati al Regno ostrogoto per mezzo di una accorta politica matrimoniale; alla morte di Alarico II re dei Visigoti (507), Teodorico estese di fatto il suo potere anche su quel popolo, in qualità di tutore del nipote Amalarico. La politica di Teodorico era però destinata, in tempi lunghi, al fallimento; il suo tentativo di stabilire un regime di equilibrata convivenza tra Romani e Goti fu vanificato per l'ostilità ad esso manifestata dagli stessi Goti e, più ancora, per l'ostilità della gente latina, in buona parte alimentata da motivi religiosi. Né può essere taciuta l'ostilità sempre latente della corte bizantina che, in quel periodo, sotto la sovranità di Giustiniano, andava progettando la riconquista integrale all'Impero d'Oriente di tutti i territori occidentali a vario titolo governati da re barbarici. I primi segni di crisi si ebbero già negli ultimi anni di vita di Teodorico ed ebbero come conseguenza l'inasprimento del dominio goto e l'accentuazione del carattere dispotico del Regno (si pensi alla caduta in disgrazia di Boezio, Cassiodoro, Simmaco); tuttavia, la vera decadenza del Regno gotico in Italia cominciò dopo la morte del grande sovrano (526), quando i Visigoti recuperarono la propria indipendenza e si creò una frattura all'interno della stessa popolazione ostrogota, tra i fautori della regina Amalasunta, figlia di Teodorico (che faceva funzione di reggente per il giovane Atalarico), sostenitrice di una politica conciliante verso Bisanzio, e i fautori di Teodato, assertore della politica tradizionalista che spingeva alla rottura con l'Impero. Di questa confusa situazione seppe abilmente approfittare l'imperatore Giustiniano, il quale, alla morte di Amalasunta e di Atalarico (fatti assassinare da Teodato), ebbe buon gioco nel presentarsi come riparatore dei torti fatti alla figlia di Teodorico e diede inizio alla riconquista dell'Italia, con la lunga e tragica guerra gotica (535-53), che sconvolse la nostra penisola e provocò uno spaventoso calo demografico. Il comando delle truppe bizantine fu affidato dapprima alla guida del generale Belisario e poi, dopo la destituzione di questi, a quella di Narsete. Le forze militari inviate in Italia da Giustiniano, non erano, in verità, molto numerose; tuttavia, la resistenza degli O. si mostrò debole quasi ovunque (fece eccezione la sola Napoli). Quando Vitige, il re succeduto a Teodato, fu sconfitto nel 540, la guerra sembrava già conclusa: la stessa Ravenna, capitale del Regno, cadde in mano ai Bizantini, che trasportarono a Costantinopoli il re prigioniero e il tesoro della Corona (540). Negli anni successivi ci fu un rovesciamento delle sorti della guerra, che fu ripresa con maggiore determinazione da Totila (541-52). Il nuovo re riuscì, in un primo tempo, a riconquistare gran parte dell'Italia, ma cadde, alla fine, sul campo di battaglia di Tadinum, presso l'odierna Gualdo Tadino (552), sconfitto dal generale bizantino Narsete, che combatteva con l'appoggio di numerosi contingenti longobardi. L'ultimo tentativo di resistenza fu fatto da Teia, eletto re a Pavia, ma si concluse con la sconfitta ostrogota, presso il monte Lattaro (553), in cui lo stesso Teia cadde sul campo. Dopo la capitolazione di Conza, avvenuta due anni dopo, si può dire che gli O. scomparvero dalla scena della storia: secondo Procopio di Cesarea, lo storico della guerra gotica, gli O. dopo la morte di Teia avrebbero contrattato la resa in cambio della promessa di poter lasciare liberamente l'Italia; tuttavia, questa notizia non sembra storicamente fondata. Se è vero che alcuni O. furono condotti prigionieri in Oriente e che altri emigrarono oltralpe fondendosi con altre stirpi germaniche, oggi si tende a credere che la maggior parte della popolazione gotica rimase nella penisola, fondendosi con la popolazione italiana e con le stirpi longobarde. Prova della presenza tra noi della antica popolazione ostrogota è data dal fatto che qualche documento tardo-medioevale parla di genti o di singole persone che vivevano ancora "secondo la legge dei Goti" (qui professi sunt lege vivere Gothorum). Le ultime testimonianze in questo senso si hanno in Lombardia, in documenti databili al 769 e al 1045. ║ Istituzioni, leggi, usanze degli O.: le migrazioni frequenti e le guerre continue impedirono agli O., come del resto alla maggior parte dei popoli barbarici, di elaborare un proprio diritto scritto e di darsi un assetto politico stabile. Alla testa del popolo stava il re; tuttavia, la sua volontà non aveva valore assoluto: l'ultima parola, in particolare in materia di guerra, spettava all'assemblea sovrana del popolo in armi, cui era del resto riservata la stessa elezione del sovrano, o quanto meno la facoltà di sancire l'elezione del candidato prescelto dal predecessore. Fu l'assemblea del popolo, per esempio, a decidere la spedizione in Italia: dopo l'insediamento nella penisola, tuttavia, il potere del sovrano andò via via ampliandosi. Secondo Cassiodoro, che ci informa con abbondanza di particolari sulle condizioni del Regno ostrogoto in Italia, Teodorico esercitava un potere assoluto, che riconosceva derivargli direttamente da Dio, anziché dal popolo, secondo una concezione teocratica della divinità ormai più bizantina che germanica. Centro della vita pubblica del Regno era il palazzo di Teodorico, che trattava gli affari dello Stato mediante funzionari scelti personalmente e responsabili soltanto di fronte a lui; il tesoro dello Stato andò sempre più confondendosi con quello privato della Corona. L'antica assemblea degli arimanni (così venivano chiamati gli uomini liberi atti a portare le armi) perse gran parte della sua importanza, a favore della burocrazia amministrativa di nomina regia; lo stesso esercito, rigorosamente costituito un tempo da soli uomini liberi che prestavano servizio gratuito, finì per esser composto, in buona parte, da soldati di mestiere, con diritto al soldo e a donativi vari. Restò però sempre vigente la proibizione assoluta di matrimonio tra Goti e Romani: con questa norma si mirava a perpetuare nel tempo la separazione tra vinti e vincitori e la purezza della stirpe germanica. Dopo la morte di Teodorico, trovatosi il Regno in cattive condizioni, per dissidi interni e per la guerra con Bisanzio, il potere regio decadde: di pari passo ritornò in auge l'assemblea degli arimanni, che decise tra l'altro la deposizione di Teodato, nonostante questi si fosse proclamato superiore alla legge. Teodorico, tuttavia, legiferò senza intervento del popolo, in ciò comportandosi come tutti gli imperatori romani; le sue deliberazioni non si chiamavano leggi, ma editti, in quanto erano vere e proprie ordinanze emanate dall'autorità e sottratte alla discussione e all'approvazione dei sudditi. Fondamentalmente, essi si basavano sulla legislazione romana, anche se modificata per adattarla alle mutate circostanze, e avevano valore sia per i Romani sia per i Goti. Le cause tra Goti venivano giudicate dal comes Gothorum, il comandante dei reparti goti stanziati in una città o in una provincia, che esercitava sui guerrieri e sulle loro famiglie i pieni diritti giurisdizionali; costui per lo più decideva le controversie basandosi sui vecchi istituti barbarici, specie in materia di successione e di matrimonio e in materia penale (sussistevano la faida, il duello, il giuramento). Le cause tra Romani venivano decise da un giureconsulto romano; tuttavia, quelle miste, tra un Goto e un Romano, spettavano al comes barbarico (tenuto però a giudicare con a fianco un giureconsulto romano). Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Gli stanziamenti degli Ostrogoti
Goti.Tribù germanica orientale, forse originaria dell'isola di Gotland o, comunque, della Svezia meridionale. I G. vennero a contatto con la civiltà romana nella regione della Vistola, grazie soprattutto al commercio dell'ambra. Cominciarono la loro avanzata verso Sud-Est probabilmente nel II sec. L'imperatore Decio, inflisse loro una grave sconfitta a Nicopoli; il suo successore Treboniano Gallo concluse con essi una pace. Con frequenti spedizioni saccheggiarono anche le città della Turchia, della Grecia e dell'Asia Minore. Si suddivisero nelle due tribù principali degli Ostrogoti, che si stabilirono nella Russia meridionale, e dei Visigoti, residenti tra i Carpazi e lo Dnepr. I G. furono le prime popolazioni germaniche che accolsero il Cristianesimo. Scandinavo.Della Scandinavia, cioè del territorio comprendente la Svezia e la Norvegia. ║ In senso più ampio, il termine si riferisce anche alla Danimarca. ║ Abitante o nativo della Scandinavia. ║ Glaciazione s.: quella durante la quale i ghiacciai ricoprirono ampi altopiani, allungandosi poi sino a valle a guisa di lingue. ║ Popolazioni s.: la svedese, la norvegese e la danese. - St. - Solidarietà s.: forma di collaborazione tra i popoli s. esistente già in epoca medioevale. Dal 1397 al 1523 la Danimarca, la Norvegia e la Svezia vennero riunite dall'Unione di Kalmar; la Norvegia, a sua volta, restò unita alla Danimarca fino al 1814, anno in cui quest'ultima sancì con la Svezia un'unione che ebbe termine soltanto nel 1905; la Finlandia, infine, costituì parte integrante della Svezia per sette secoli, fino al 1809. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Danimarca, Norvegia e Svezia si mantennero rigorosamente neutrali, riproponendo il medesimo atteggiamento anche alla vigilia della seconda guerra mondiale. Nonostante le intenzioni iniziali, tuttavia, Danimarca, Norvegia e Finlandia si lasciarono coinvolgere dal conflitto, mentre la Svezia si limitò ad accordare il diritto di passaggio, nonché varie facilitazioni alle armate tedesche. Dopo il 1945 la Danimarca, la Norvegia e l'Islanda entrarono a far parte della NATO; non così la Svezia che, anzi, propose la nascita di un blocco militare s., equidistante sia dagli Stati Uniti sia dall'Unione Sovietica. Nonostante queste divergenze, la collaborazione fra gli Stati s. non venne meno e portò, di lì a poco, alla nascita del Consiglio nordico (1952), centro di incontro e di discussione fra i parlamentari e i Governi danese, finlandese, islandese, norvegese e svedese; nel 1954 il Consiglio suddetto approvò un accordo a favore della libera circolazione fra i lavoratori dei Paesi membri. Risale al 1962 il trattato di cooperazione a livello governativo che ha determinato la nascita del Consiglio nordico dei ministri. Quest'ultimo ha esclusiva competenza in materia di coordinamento politico, economico, sociale e culturale tra gli Stati membri e di definizione di una comune linea di condotta nei confronti del processo di integrazione europea e dei rapporti da tenere con i Paesi del Baltico e dell'Europa orientale. - Folcl. - In campo musicale, in Svezia si distinguono due tipi di musica folcloristica, ambedue di origine antica: i latar, un genere di ballata eseguita solo dagli strumenti e probabilmente ispirata alla estampida, una nota aria medioevale; i folkvisor, canti popolari che, secondo gli storici, risalgono ai rondò prediletti dai trovieri della Normandia del XIII sec. Una caratteristica danza a tre è la Vingakersdans, che ricorda i tempi in cui erano ammesse la poliandria e la poligamia (viene ballata, infatti, da due donne e da un uomo, o viceversa); è in uso anche la Langdans (danza lunga) nella quale ha luogo un corteggio comandato da un capo mascherato e seguito poi da tutti gli altri ballerini. In Norvegia si segnalano fra le danze lo springar, in tempo 3/4, il solenne Gangar in 6/8 e varie danze saltate, tipiche dei popoli montanari. Fra i canti norvegesi meritano di essere citati i Kjemperviser, a carattere epico e di probabile derivazione da antiche ballate medioevali; i Lokk, semplici canti di richiamo, nonché diversi canti religiosi, assai vicini ai canti gregoriani. La musica e le danze popolari dei Finlandesi sono affini a quelle degli Ungheresi; un'origine magiara è probabile anche per gli strumenti usati da questo popolo (il kantele, infatti, è simile al cimbalom ungherese). I canti tradizionali dei Finlandesi, detti Runos, oggi si trovano raccolti nel Kalavala, un poema epico di Elias Lönnrot. Tra le manifestazioni popolari s. ricordiamo i fuochi di Valpurga, accesi nella notte fra il 30 aprile e il 1° maggio per segnare il ritorno della primavera; per l'occasione viene eretto anche il cosiddetto palo di maggio, ornato di nastri multicolori e di fronde verdi, attorno al quale si svolgono danze collettive. Famosa è anche la sagra del gambero, che ha luogo in prossimità di ogni specchio d'acqua alla fine del mese di agosto e termina spesso con grandi spettacoli pirotecnici. D'inverno, oltre al giorno di san Martino (11 novembre), che si festeggia consumando la tradizionale zuppa a base di sangue d'oca, sono importanti anche il giorno di Natale e quello di santa Lucia (13 dicembre), nel corso del quale una fanciulla reca doni ai parenti, agli amici e ai conoscenti. Nella notte di Capodanno, poi, tutti lasciano le finestre socchiuse perché gli amici possano lanciare in casa pupazzi zoomorfi o antropomorfi in segno di buon augurio. Ancora oggi in tutta la Scandinavia è credenza diffusa tra i contadini che la natura sia animata da forze invisibili e popolata da nani e giganti; localmente, dunque, si celebrano festeggiamenti in onore di questo o di quello spirito, dei vari esseri mitologici, come pure di una quercia o di un larice, ritenute piante protettrici della casa. Si ricollega a queste credenze l'usanza norvegese di scambiare le promesse di matrimonio dentro il granaio, dove si conserva il corredo della futura sposa; il rito è strettamente legato al rapporto fra la fecondità della donna e la fertilità dei campi. Vìstola.Fiume (1.047 km) della Polonia, il principale del Paese; nasce nei Carpazi occidentali (Beschidi), dalla cima del Barania Góra (1.214 m), da cui scende con direzione Nord-Est verso Cracovia, ricevendo diversi affluenti tra cui il San. La V. piega quindi verso Ovest, in un tratto pianeggiante, attraversa la città di Varsavia e, volgendo ancora in direzione Nord, sbocca nel Mar Baltico, presso Danzica, con un delta di 1.600 kmq. Nel 1895, lungo l'ultimo tratto del fiume, venne realizzato un canale e ulteriori raccordi uniscono oggi la V. con i bacini del Dnepr, Oder e Niemen. Il fiume risulta navigabile grazie alle scarse pendenze del suo corso; in alcuni mesi dell'anno tuttavia (tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno), il transito è più difficoltoso per la diminuzione della portata da una media di 1.200 a 500 m3/s. Nero, Mare.Mare interno (413.000 kmq; profondità massima: 2.245 m), appendice del Mar Mediterraneo. È limitato a Nord dall'Ucraina e dalla Russia, a Est dalla Georgia, a Sud dalla Turchia, a Ovest dalla Bulgaria e dalla Romania. Sembra che la sua origine sia dovuta a fenomeni di sprofondamento tettonico. Comunica con il Mar Mediterraneo attraverso il Bosforo e lo Stretto dei Dardanelli, con il Mar d'Azov attraverso lo Stretto di Kerč. Vi sfociano numerosi fiumi importanti: Danubio, Dnestr, Bug, Dnepr, Kuban', Rion e Kizli Irmak. Le correnti superficiali hanno andamento sinistrorso, partendo dal Mar d'Azov. Biologicamente si nota un'ingente riduzione qualitativa della flora e della fauna, talvolta compensata da una ricchezza quantitativa, dovuta a particolari condizioni di bassa salinità. Le coste sono, in genere, alte e scoscese; solo il settore compreso tra la foce del Danubio e la penisola di Crimea si presenta pianeggiante, a volte paludoso. Porti principali sono quelli di Odessa, Batumi, Costanza, Varna, Burgas e Samsun. Notevole importanza ha il turismo in tutti gli Stati che si affacciano su di esso: per le eccezionali condizioni climatiche, si sono sviluppate innumerevoli stazioni balneari, come Jalta, Eforie e Mamaia, Zlatnipjasaci e Druzba. ● St. - Dopo il 1000 a.C., i Greci vi fondarono le prime stazioni di commercio e di pesca; in pochi secoli le colonie si moltiplicarono. Chiamato dai Romani Pontus Euxinus, vide il dominio romano estendersi sulle sue sponde ad opera di Pompeo e di Nerone. Sotto il dominio bizantino, si intensificarono gli scambi con gli Slavi; dal XIII sec. Veneziani e Genovesi fondarono le colonie di Caffa e di Tana. Con l'invasione di Costantinopoli (XV sec.) da parte degli Ottomani, il M.N. divenne dominio turco, fino al XVIII sec., quando la pressione russa costrinse i Turchi a ripiegare. Re degli Ostrogoti. Era figlio di Teodemiro, re della popolazione gota che nel V sec. si era stanziata in Pannonia e nei territori della penisola balcanica. T. trascorse la sua giovinezza presso la corte imperiale di Costantinopoli (462-472), come ostaggio in garanzia del trattato stretto fra il suo popolo e l'Impero, che riconosceva gli Ostrogoti come foederati ma con l'obbligo di difendere la frontiera del Danubio, oltre il quale si entrava in territorio bizantino, da altre popolazioni. La lunga permanenza nella capitale imperiale consentì a T. di conoscere a fondo la cultura e la politica romano-bizantina, ma non lo rese un uomo colto né un assimilato: sembra addirittura che egli non parlasse né scrivesse il latino. Nel 472 poté rientrare tra i suoi, con il titolo di patricius e di magister militum, guadagnando rapidamente una posizione di primo piano tra gli Ostrogoti, che condusse vittoriosamente in battaglia contro i Sarmati e a occupare, consenziente l'imperatore, la città di Singidunum (Belgrado). Nel 474 successe al padre alla guida degli Ostrogoti, eleggendo come sua capitale la città di Novae (Sistova) nella Mesia inferiore. Le relazioni con l'imperatore d'Oriente Zenone non furono tuttavia lineari: inizialmente amichevoli (per il sostegno che T. prestò all'imperatore contro l'usurpatore Basilisco e poi contro due funzionari di corte ribelli, Illo e Leanzio), si deteriorarono quando egli intraprese a sua volta una serie di scorrerie in territori imperiali (devastò l'Epiro, la Tracia e nel 487 marciò addirittura alla volta di Costantinopoli). La politica di T. era condizionata dal malcontento del suo popolo che riteneva insufficienti le terre concesse loro dall'Impero e mirava a occuparne di nuove. Maturando nel 488 la crisi tra l'Impero e Odoacre (V.), Zenone, mirando a rimuovere dalla penisola balcanica la minaccia degli Ostrogoti, concesse a T. di spostarsi in Italia per occuparla cacciando gli Eruli di Odoacre da quelle sedi. Muovendo con circa 100.000 uomini (tra cui contingenti di altre popolazioni barbariche, come i Rugi), T. entrò Italia nel 489, avendo sbaragliato i Gepidi lungo il cammino, e sconfisse Odoacre prima sull'Isonzo, quindi a Verona, attestandosi poi a Pavia. Lo scontro coinvolse altre popolazioni, poiché i Visigoti si unirono a T. mentre i Burgundi vennero in soccorso di Odoacre: ciò nonostante quest'ultimo fu nuovamente sconfitto sull'Adda (490) e costretto a ritirarsi a Ravenna. Dopo più di tre anni di assedio, Odoacre si arrese e venne ucciso con la sua famiglia e i notabili (494). Trovandosi di fatto padrone dell'Italia, T. cercò di legittimare la sua posizione chiedendo all'imperatore d'Oriente il riconoscimento della sua sovranità: gli Ostrogoti lo avevano già acclamato re in Ravenna, il Senato romano gli aveva conferito il titolo di patrizio riconoscendolo come inviato dell'imperatore, ma Zenone gli rifiutò le insegne regali. Un accordo fu raggiunto nel 498 con il nuovo imperatore Anastasio, che lo designò vicario imperiale, legittimando così lo stanziamento degli Ostrogoti in Italia e il loro diritto a ricevere un terzo delle terre. Il regno di T. in Italia durò fino al 526 e rappresentò un periodo di pace e di crescita economica e demografica in un territorio tanto devastato dalla guerra: a lui competevano la nomina di tutti gli uffici pubblici, l'emanazione di editti (che il Senato poteva convertire in leggi), il supremo potere esecutivo e giudiziario nonché quello militare, potendo disporre di un esercito indipendente dall'Impero e al servizio di una sua autonoma politica. Il nuovo Regno, che mantenne la capitale a Ravenna, si fondava sulla coesistenza dell'elemento goto-germanico e di quello italico-romano: tale coesistenza non contemplò tuttavia una fusione delle due etnie, ma piuttosto una loro distinzione (pacifica ma rigida, al punto che erano vietati i matrimoni misti). I Goti costituivano l'esercito a difesa del territorio, occupavano tutte le cariche militari e conservavano i propri usi e costumi, assurti al rango di leggi, in base alle quali essi venivano giudicati da organi militari; inoltre essi mantenevano la propria fede ariana (V. ARIANESIMO). La popolazione indigena e romanizzata, invece, conservava la confessione cattolica, rispondeva alle leggi romane, provvedeva mediante il lavoro agricolo e artigianale al mantenimento delle truppe ostrogote e, soprattutto, suoi esponenti reggevano tutte le cariche amministrative dello Stato. T., allo scopo di mantenere compatta la popolazione gota numericamente assai inferiore a quella indigena, limitò la distribuzione delle terre alle sole regioni centro-settentrionali dell'Italia, sul versante adriatico. Si preoccupò poi di guadagnarsi l'appoggio e il favore del patriziato dando nuovo lustro alle più antiche istituzioni romane (il Senato, il consolato, l'annona, i giochi circensi, ecc.), intraprendendo una campagna di costruzione di edifici pubblici tanto a Ravenna (palazzo di Teodorico, battistero degli Ariani, Sant'Apollinare Nuovo e in Classe, San Vitale, il Mausoleo) quanto a Roma, promuovendo una rinascita culturale nel solco della tradizione imperiale e scegliendo come suoi principali consiglieri alcuni membri dell'aristocrazia romana, quali Simmaco, Severino Boezio, Cassiodoro, Liberio, Festo. Per quanto riguardava la politica estera, T. inaugurò un'accorta politica di alleanze, anche matrimoniali, con gli altri Regni romano-barbarici, in particolare con Vandali, Burgundi, Visigoti, Franchi, ecc. Suo scopo era la creazione di una sorta di confederazione tra queste entità statali su cui lui stesso, in quanto vicario in Occidente dell'Impero bizantino, potesse esercitare una qualche supremazia. Tale disegno fu però vanificato dalla politica altrettanto ambiziosa del franco Clodoveo. L'antagonismo tra i due venne sfruttato da Anastasio, che giudicava ormai eccessivo il potere di T.: questi infatti, che aveva mantenuto la precedente signoria sull'Illirico e aveva poi acquisito oltre all'Italia anche la Dalmazia già possesso di Odoacre, si stava nuovamente espandendo verso Est e aveva già occupato (504) Sirmio, alla confluenza tra la Sava e il Danubio. L'attacco vittorioso di Clodoveo contro il visigoto Alarico (507), alleato degli Ostrogoti, richiamò T. in Occidente: egli sconfisse Franchi e Burgundi ad Arles nel 509, annettendo in tal modo ai propri domini la Liguria e i territori fino al Rodano e ponendo sotto la propria tutela anche la penisola iberica, che destinò al nipote Amalarico. Il Regno di T. si era così trasformato nella maggiore potenza occidentale, che controllava direttamente o indirettamente le regioni comprese tra il Danubio e le colonne d'Ercole, fatto che rese sempre più tese le relazioni con Costantinopoli. Dopo circa un altro decennio di pace, in Italia si produsse un deterioramento nei rapporti tra la componente gota e quella romana: infatti, la ricomposizione dello scisma tra Roma e il patriarcato di Costantinopoli (519), pur favorito da T., aveva rimosso il principale motivo di dissidio tra l'aristocrazia romana e la corte bizantina, riavvicinandole. T. vide con sospetto questa riconciliazione politica e religiosa e dubitò della lealtà verso lo Stato della popolazione italo-romana; la scelta poi di indicare nel genero Eutarico il proprio erede gli alienò realmente le simpatie dei romanizzati. Il circolo vizioso portò a provvedimenti di limitazione delle libertà per i Romani e addirittura all'incarcerazione e condanna a morte di molti senatori e perfino dei più stretti consiglieri di T. (Boezio, Simmaco, Albino). La situazione precipitò a causa della politica di restaurazione imperiale, per sua natura ostile a T., inaugurata dall'imperatore Giustino e continuata poi da Giustiniano; ad essa si aggiunse nel 524 l'editto imperiale di proscrizione del culto ariano come eretico. T., che fino ad allora aveva perseguito in materia religiosa una rara moderazione e tolleranza, ritenne il papa e l'aristocrazia romana conniventi con Costantinopoli e intraprese a sua volta una persecuzione contro i cattolici, cui sottrasse le chiese e impedì l'esercizio del culto. In questa situazione trovò la morte anche il pontefice Giovanni I. Essendo morto anche il suo erede, T. designò alla successione il nipote Atalarico, sotto la reggenza della madre Amalasunta, e morì poco dopo; gli eccessi delle sue rappresaglie negli ultimi anni di regno avevano però oscurato la fama di buon governante che si era guadagnata nei decenni precedenti (454 circa - Ravenna 526). 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