(dal latino
oraculum, der. di
orare: parlare). Forma di
divinazione, praticata presso vari popoli antichi, consistente in un responso
dato da una divinità o da esseri soprannaturali in vario modo,
direttamente o attraverso intermediari. ║ Il luogo stesso in cui venivano
dati i responsi. ║ Per estens. - Il termine è stato spesso usato
dagli scrittori cristiani con riferimento alle predizioni dei profeti o alla
parola di Cristo. ║ Fig. - Risposta, parere, sentenza espressa da persona
particolarmente autorevole. ║ Iron. - Di sentenza data con tono di grande
autorità e soprattutto di persona che si esprime con atteggiamento
cattedratico. ● St. delle rel. - L'
o. fu in uso presso tutti i
popoli dell'antichità: secondo gli Egizi le statue degli dei, attraverso
i loro particolari movimenti durante le processioni sacre, rispondevano alle
domande poste loro per iscritto. In Grecia l'
o. ebbe la massima fioritura
nel periodo arcaico (VII-VI sec. a.C.), con riti, prescrizioni e purificazioni
del consultatore e con l'assistenza di corporazioni sacerdotali, tra le quali si
ricordano gli Asclepiadi, custodi di vari santuari di Esculapio, i Branchidi a
Mileto, i Trachidi e i Deucalionidi a Delfi, i Selloi a Dodona. Nell'antica
Grecia interpreti degli
o. erano gli esegeti. I responsi venivano tratti
per lo più da fonti sacre, come presso Ciane nella Licia o presso
l'
o. di Apollo; il sacro rapporto tra acqua e ispirazione era presente
tra gli antichi popoli germanici. Nell'antichità greca gli
o.
erano tratti da altri elementi oltre a quello acqueo: dallo stormire delle
fronde di alberi sacri presso l'
o. di Zeus a Dodona, nell'Epiro; da
caverne o fessure del suolo considerate in comunicazione con il mondo
sotterraneo, come a Delfi, dove la sacerdotessa profetica sarebbe stata invasata
dai vapori che uscivano dal terreno; dal fuoco, come sull'ara di Zeus ad
Olimpia; dalle anime dei morti come nel caso di Tiresia, a Orcomeno in Beozia;
da sogni, come nel santuario di Anfiarao presso Oropo, nell'Attica. Tra i metodi
praticati dai sacerdoti per giungere ad essere ispirati, posseduti dallo spirito
soprannaturale e per poter esprimere responsi vi era spesso l'ingestione di
sostanze ritenute di particolare potere, come il sangue di un agnello o le
foglie di alcune piante, come il lauro o l'edera. La forma più antica del
responso elaborato dai sacerdoti in Grecia era in versi (esametri o trimetri
giambici); solo più tardi vi furono responsi in prosa. In Italia gli
o. più importanti furono quelli di Cuma, Preneste, Anzio. A Roma
non vi furono
o. veri e propri; esisteva però una raccolta
oracolare, i
Libri sibillini che, quando lo si riteneva necessario,
veniva consultata dai sacerdoti pubblici preposti a questa funzione, i
viri
sacris faciundis.